2024-04-01
Il Senegal di Faye dà il ben servito a Macron e apre a Russia e Cina
True
A destra il presidente uscente del Senegal Macky Sall, a sinistra il nuovo eletto Bassirou Diomaye Faye (Ansa)
La vittoria di Bassirou Diomaye Faye, candidato anti-sistema del disciolto partito Pastef alle elezioni presidenziali in Senegal sconvolge gli equilibri dell’intera Africa occidentale chiudendo probabilmente la lunga esperienza della Francafrique.Parigi aveva puntato tutto sul candidato governativo Amadou Ba, ex Primo ministro del fedelissimo presidente uscente Macky Sall, ma nonostante una campagna repressiva delle opposizioni la vittoria di Bassirou Duiomaye Faye è stata netta già al primo turno. Uscito di prigione da pochi giorni, ma senza condanna definitiva avendo così la possibilità di candidarsi, il nuovo presidente senegalese non è un personaggio di primo piano, ma è l’uomo perfetto per rappresentare il nuovo padrone del paese africano. Ousmane Sonko. L’ex ispettore delle tasse che nel 2014 aveva fondato il Pastef (Patrioti Africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità) era finito in carcere più volte anche se spesso erano sembrate mosse politiche per bloccare la sua popolarità. La sua condanna lo aveva estromesso dalla corsa presidenziale e aveva subito designato Bassirou Diomaye Faye, il suo uomo ombra che non ha tradito le aspettative anche grazie allo slogan «Bassirou c’est Sonko». El Malick Ndiaye è il responsabile della comunicazione dell’ex Pastef ed è in corsa per un posto come ministro. Una vittoria netta che forse non tutti si aspettavano, soprattutto perché le classi più giovani, punto di forza del Pastef, non si erano ancora iscritti nei registri elettorali.«Questo lo diceva un governo morente che sperava nell’astensione, ma i nostri sostenitori hanno sviluppato una grande coscienza civica. L’elezione del nostro fratello Bassirou è una rivoluzione democratica, il popolo senegalese con il voto ha ridato dignità al nostro paese che adesso può rialzare la testa con l’orgoglio che la nostra storia merita». I principali giornali francesi come Le Monde vi definiscono sovranisti e mettono in dubbio la vostra affidabilità internazionale.«Respingo con forza le propaganda francese che ci definisce sovranisti, noi siamo patrioti, ma di un patriottismo panafricano. Siamo pronti a riformare lo stato senegalese dalle fondamenta per creare un paese che ascolti il popolo. Il governo di Macky Sall era neocoloniale e favoriva sole le elite del suo clan che ha saccheggiato il Senegal al servizio di potenze straniere». Quando parlate di potenze straniere il pensiero corre subito alla Francia, che non ha mai nascosto il suo appoggio al candidato governativo. «Parigi ha sempre osteggiato il nostro movimento confidando in un terzo mandato del loro uomo Macky Sall. Quando le proteste popolari hanno costretto Sall a rinunciare a ricandidarsi hanno cercato di rinviare le elezioni, ma nessuno può fermare un popolo che cerca la libertà. Ma voglio ripetere le parole del nostro presidente: il Senegal resterà un partner affidabile per gli investitori stranieri, ma questi si dovranno porre con rispetto nei nostri confronti, l’epoca della subordinazione alla Francia è finita». In campagna elettorale si è parlato di rinegoziare contratti, ripensare i rapporti internazionali ed anche di abbandonare il Franco CFA, la famosa moneta africana controllata dalla Francia. «Andiamo per gradi. Il Senegal ha delle grandi ricchezze che devono essere un beneficio per il suo popolo. Sarà necessario rivedere alcuni contratti, soprattutto perché vogliamo che una parte importante della produzione venga fatta in Senegal aumentando così il comparto produttivo. I diritti di pesca andranno rivisti e c’è un’ampia area di sfruttamento petrolifero al confine con la Mauritania che dovrà essere sviluppata. Per quanto riguarda la valuta non vogliamo scartare a priori l’idea di una moneta unica all’interno dell’Ecowas, ma certamente siamo contrati al ruolo di padrone che la Francia ha esercitato sui sistemi monetari africani dall’indipendenza». Molte vostre proposte però sembrano avvinarvi ai paesi africani che hanno visto una presa del potere da parte dei militari e che hanno cacciato i francesi per fare spazio ai russi come il Mali, il Burkina Faso ed il Niger.«Noi siamo democratici e abbiamo ottenuto la vittoria grazie ad elezioni regolari. Non vogliamo chiudere i rapporti con la cosiddetta alleanza del Sahel, anzi noi ci proponiamo come ponte per farli rientrare nell’Ecowas. Certamente anche l’organizzazione economica dell’Africa occidentale va profondamente ripensata e per questo motivo tutti gli stati africani devono farne parte. Il nostro panafricanismo vuole unire e non dividere i popoli». Avete confermato i rapporti con i partner internazionali, ma Sonko non ha mia nascosto le sue simpatie per la Cina.«La Cina è un paese molto importante che lavora già in Senegal e noi crediamo che questo rapporto si possa incrementare. Tutti gli stati che vogliono lavorare con il Senegal sono i benvenuti, ma non sopporteremo più le politiche predatorie che abbiamo subito per secoli».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 13 ottobre con Flaminia Camilletti