
Il «Corriere della Sera» intervista un militante democratico di Torre Maura. In strada gridava di bruciare i nomadi, però è di sinistra, dunque «non è razzista, solo stanco».Contrordine, compagni! Se siete del Pd, potete pure essere razzisti. Siete autorizzati, in regola, sdoganatissimi. Immunità garantita. Non vi sarà negato nemmeno l'autorevole timbro - moralizzatore per definizione - del Corriere della Sera. Di che si tratta? Siamo a Torre Maura, periferia di Roma dimenticata da Dio e dagli uomini (soprattutto da sindaci e assessori): un lembo di terra tra Casilina e Tuscolana, in un quadrante ricompreso tra Torre Spaccata, Torrenova, Capannelle e Don Bosco. Tutto parla di abbandono: c'era un ospedale, ma è stato chiuso, e c'erano due linee di bus, ma una è stata soppressa.Una fiammata mediatica - lo ricorderete - si accese ai primi di aprile, quando nottetempo, con un blitz alla chetichella, la giunta grillina di Virginia Raggi provò a piazzare 70 rom. E invece fu un pandemonio: prevedibili proteste dei cittadini, gran protagonismo di Casapound, e inevitabile fallimento della ricollocazione. Per giorni, quasi senza eccezioni, i grandi media ci mostrarono due sole parti in commedia. Da un lato, i militanti di Casapound, descritti invariabilmente come orridi fascisti, con in più l'aggravante della strumentalizzazione della sofferenza; ed equiparati a loro, gli abitanti del quartiere, quasi mai ascoltati nel loro disagio, ma descritti come razzisti di ritorno (se non di andata), come plebe mobilitata dalla destra e dunque a sua volta intrinsecamente razzista. Dall'altro lato, una figura angelicata e poetica, quella di Simone, il «pischello» che pronunciò il celebre «nun me sta bene che no», frase divenuta inno e manifesto della sinistra, dai giornaloni alle tv. Comparvero cartelli con la scritta «Simone presidente», più l'inevitabile dibattito «la sinistra riparta da Simone». Praticamente, un giovane angelo contro le bestie fasciste: questa fu la «narrazione ufficiale».Cinquanta giorni dopo, una firma prestigiosa del Corriere, Goffredo Buccini, torna nel quartiere (e ciò va certamente a suo onore), e scopre che forse non erano tutti fascisti. Ma guarda. Ecco Sergio Becattini, 79 anni, ex autista comunale, uno dei capi del comitato inquilini. Scrive Buccini: «Sergio, che vota pure Pd, era in mezzo ai ribelli aizzati da Casapound, strillando in favore di telecamera che quei rom “potevano bruciarli a Torre Angela" (precedente domicilio dei poveretti)». Avete letto bene: “potevano bruciarli". E come commenta Buccini? «Ciò non fa di lui un razzista», chiosa senza fare una piega.Dopo Sergio, tocca ad Angelo, che - spiega il cronista - «regge quasi da solo la sezione del Pd inaugurata pochi giorni fa da Zingaretti a Casal Bruciato». E che dice Angelo? Condanna? Lancia anatemi contro il fascismo? No: fa sapere che «questi non so' razzisti, so' stanchi». L'amnistia del Corriere è estesa pure a un vecchio militante socialista, Salvatore («compagno socialista con tessera dal 1975»): «Dice che non sopporta i rom», annota Buccini. E in effetti Salvatore ha un dramma familiare: «Vive come una specie di contrappasso il figlio che gli è “diventato fascista e s'è candidato con la Meloni"». E sono traumi, questi, ci fa capire il Corriere. Insomma, se siete di sinistra, scatta il bonus-comprensione. Avete diritto a essere ascoltati e forse perfino compresi, se non giustificati. Nel finale, forse, anche Buccini si accorge di esser stato troppo clemente e conclude il suo viaggio nella periferia profonda annotando che «no, non cambiano solo le facce. Cambiano le anime, e spesso cambiano in peggio». Ma quelli del Pd un po' meno peggio, par di capire.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».
Kaja Kallas (Ansa)
Nella Commissione Ue si deplora il livello «rivoltante» di corruzione in Ucraina. Lo scandalo mazzette rafforza la posizione di Orbán e il veto belga sull’uso degli asset russi. Kallas invece rimane coi paraocchi.
In Europa faticano ad ammetterlo e c’è pure chi - tipo Kaja Kallas, che smania per farci indossare gli elmetti - tiene su i paraocchi. Ma la verità è che lo scandalo delle mazzette in Ucraina ha rotto qualcosa nell’idillio tra Kiev e Bruxelles. Con l’opinione pubblica già stressata dall’ossessiva evocazione di un grande conflitto contro la Russia, messa di fronte alla prospettiva di un riarmo a tappe forzate, anche al prezzo della macelleria sociale, diventa complicato giustificare altre liberali elargizioni a Volodymyr Zelensky, con la storiella degli eroi che si battono anche per i nostri valori.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
S’incrina il favore di cancellerie e media. Che fingevano che il presidente fosse un santo.
Per troppo tempo ci siamo illusi che la retorica bastasse: Putin era il cattivo della storia e quindi il dibattito si chiudeva già sul nascere, prima che a qualcuno saltasse in testa di ricordare che le intenzioni del cattivo di rifare la Grande Russia erano note e noi, quel cattivo, lo avevamo trasformato nel player energetico pressoché unico. Insomma la politica internazionale è un pochino meno lineare delle linee dritte che tiriamo con il righello della morale.





