2025-08-01
Sei arresti per la Palazzopoli di Sala. Saltano fuori anche droga e armi
Ai domiciliari l’ex assessore Tancredi e il costruttore Catella, in cella Bezziccheri di Bluestone. Quest’ultimo secondo i magistrati aveva come socio un soggetto con precedenti per stupefacenti, squillo e immigrazione. Era un sistema oliato, redditizio, costruito nel cuore della macchina urbanistica milanese. Ora, dopo il Tar, la Cassazione e un anno di scontri istituzionali, anche il Tribunale di Milano - con le ordinanze firmate dal gip Mattia Fiorentini - dà ragione ai pm. Sussistono gravi indizi. Esiste un pericolo concreto di reiterazione. E le dimissioni presentate da alcuni protagonisti - come l’ex assessore Giancarlo Tancredi o la rinuncia a dialogare con la pubblica amministrazione del costruttore Manfredi Catella di Coima - non bastano a fermare la macchina corruttiva.Sei le misure eseguite dalla Guardia di finanza: in carcere finisce Andrea Bezziccheri, dominus di Bluestone (interventi immobiliari in via Salomone, Crescenzago e Crivelli), al centro di movimentazioni sospette per oltre 6,5 milioni di euro. Ai domiciliari: Tancredi, Catella, Giuseppe Marinoni (ex presidente della commissione Paesaggio), Alessandro Scandurra, Federico Pella. Le accuse sono pesanti: corruzione, false dichiarazioni, induzione indebita. Ma in controluce emerge anche altro: legami opachi, denaro contante occultato, fondi da società offshore e, nel caso di Bezziccheri, rapporti d’affari con un personaggio con precedenti per droga, traffico d’armi, sfruttamento della prostituzione e immigrazione illegale.Nella cassetta di sicurezza intestata fittiziamente alla moglie ma usata da lui, i militari trovano 120.200 euro in contanti, in banconote da 100 e 200 euro. Bezziccheri parla di risparmi di famiglia. Il giudice non gli crede. E va oltre: ricorda una condanna per bancarotta fraudolenta (pena patteggiata a 1 anno e 6 mesi), e segnala la sistematica creazione di società-veicolo usate per muovere capitali di origine sospetta, tra cui prestiti non documentati da oltre 680.000 euro arrivati da Giorgio Santambrogio, socio con un passato nella criminalità organizzata e coinvolto in attività di spaccio, traffico internazionale e armi.Il sistema, secondo il gip, era «consolidato, tentacolare, sedimentato». Un meccanismo che «piega a proprio uso le regole esistenti», con «professionisti e imprenditori che dettano le condizioni» e «pubblici ufficiali che agiscono come commerciali d’azienda». La regia si svolgeva dentro e attorno alla commissione per il Paesaggio, organismo tecnico che autorizzava i cosiddetti «scostamenti morfologici» - in pratica deroghe agli standard edilizi, consentendo aumenti di volumetrie e torri fuori scala.Chi controllava la commissione controllava la città. Per questo, ricorda il gip, i costruttori cercavano di infiltrarsi o condizionare le nomine, mentre i membri - professionisti non remunerati - «proseguivano la libera attività», esposti a commistioni e favori. «Un generatore di clientelismo e mercimonio della funzione pubblica», si legge. Le decisioni erano opache, spesso anticipate con incontri riservati con Marinoni, i verbali oscuri e interpretabili solo da chi li aveva scritti.Giancarlo Tancredi, ex assessore, è definito «in perenne conflitto di interessi». È lui a nominare Marinoni, a proteggerlo, a difenderne pubblicamente i progetti. È lui che, secondo il gip, ingerisce nelle decisioni riservate alla commissione, favorisce lo scostamento dalle regole, autorizza piani speculativi sotto la copertura di progetti accademici. Stessa valutazione per Catella, imprenditore simbolo della «nuova Milano», da Porta Nuova ai quartieri rigenerati con i fondi pubblici e privati. Catella, scrive il gip, ha sostenuto economicamente Marinoni, e pur avendo lasciato ruoli operativi in Coima (ieri ha consegnato altre deleghe), resta pienamente inserito in «relazioni clientelari, corsie privilegiate, scambi di natura corruttiva». Ma l’aspetto più inquietante è la permeabilità del sistema ai poteri economici. Il gip parla di pressioni sulle più alte cariche istituzionali, compreso il sindaco Beppe Sala, minacciato da investitori pronti a bloccare progetti o intentare cause milionarie se le decisioni non andavano nella loro direzione. Marinoni, intercettato, diceva: «L’urbanistica la fanno loro da vent’anni, ora devono solo imparare a farla un po’ meglio». Non era sarcasmo, era metodo.A ulteriore conferma dell’istituzionalizzazione del sistema, il gip cita il patrocinio comunale concesso nel gennaio 2023 allo studio di Marinoni sui nodi metropolitani. Apparente attività accademica, in realtà leva di pressione per ottenere approvazioni future. E spiega anche il tentativo - non andato a buon fine - di ottenere una legge dello Stato, il «ddl salva Milano», che legittimasse a posteriori deroghe edilizie già concesse.E se 14 commissari su 15 hanno lasciato la commissione prima di essere travolti, non è per caso. È la prova - secondo il giudice - che il sistema esisteva, era conosciuto, e ha funzionato per anni con la copertura, la connivenza o la disattenzione del potere politico. Le nuove regole varate dalla giunta nel giugno scorso per evitare conflitti di interesse sono «tardive e solo formali». Al contrario, secondo il giudice, nel caso del progetto Pirellino non sussistono gravi indizi per il reato di induzione indebita: Marinoni, presidente della Commissione Paesaggio, non ricevette né si attese vantaggi personali per cedere alle pressioni di Tancredi, Catella e l’architetto Stefano Boeri. Il suo cedimento viene ricondotto a un atteggiamento di sudditanza, non a dinamiche corruttive. Resta però evidente, scrive il giudice, il clima di condizionamento e soggezione che avvolgeva le scelte urbanistiche milanesi. «Il gip non ha ritenuto sussistente l’ipotesi di induzione indebita a me attribuita e ciò conferma la mia convinzione di non aver mai agito per fini personali» ha commentato ieri Sala. In ogni caso, a nulla è servita, finora, la linea difensiva comune a tutti gli indagati: negare il sistema. Una scelta che il giudice definisce «legittima ma rivelatrice»: nessuno ha preso le distanze dal modello di potere costruito attorno alla discrezionalità urbanistica. «Non serve un incarico formale», conclude il gip, «per mantenere il controllo: bastano le relazioni, le reti di influenza, i canali ufficiosi, i terzi compiacenti. E il sistema continua a funzionare».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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