2022-11-03
Segregavano i giovani, ora fanno i loro alfieri
I paladini dei ragazzi hanno voluto la Dad, subordinato lo sport alla tessera verde e criminalizzato la movida.Altro che metodo Stanislavski, con l’attore che entra totalmente, anzi si immerge nella finzione teatrale o cinematografica, insomma nel personaggio che deve interpretare. Ancora più clamorosamente: altro che la psicopatologia del bugiardo seriale e cronico, che più la spara grossa, e più si convince della balla che sta lui stesso inventando e raccontando.Macché: si tratta di roba da dilettanti rispetto alle piroette di sinistra e grillini, dei grandi giornali e dei commentatori/commendatori: da due giorni, sono tutti affranti per il cosiddetto decreto anti rave, piangono lacrime amare, e si disperano inconsolabili per il danno che sarebbe stato arrecato da Giorgia Meloni ai giovani italiani. Non si tratta - qui - di discutere dei rave in sé, né di difendere a corpo morto il provvedimento varato dal governo: in molti (incluso chi scrive) dubitano che una nuova norma fosse davvero indispensabile, come testimonia l’efficacissimo sgombero del rave di Modena, avvenuto sulla base delle norme preesistenti. Dunque, si poteva agire anche senza il nuovo decreto. E se proprio si voleva scrivere una nuova norma, sarebbe forse stato saggio irrobustire le norme esistenti sull’occupazione illegale degli immobili, quindi concentrarsi sulla difesa della proprietà, anziché sconfinare su un terreno fatalmente più sdrucciolevole e discrezionale come quello della tutela dell’incolumità pubblica e dell’ordine pubblico. Probabilmente, ci si sarebbe risparmiati qualche polemica. Ma non è questo il punto, oggi. Il tema è che a fare la morale, a strapparsi i capelli, a stracciarsi le vesti sono quelli che ci hanno rinchiuso tutti quanti. Un nome per tutti: sentire Giuseppe Conte parlare di «norma da Stato di polizia» è una specie di beffa, di burla, di provocazione. Verrebbe da dire: un rave linguistico. È lui che ci sta trollando, che sta testando il nostro livello di assuefazione al rovesciamento della frittata. Peggio ancora: quelli che oggi fanno i sindacalisti dei giovani, i tutori del divertimento adolescenziale, i poeti della spensieratezza, sono gli stessi che hanno reso proprio i ragazzi i primi bersagli delle loro misure restrittive e ultrachiusuriste. Ecco quattro esempi per non dimenticare. Primo: quelli che oggi strepitano sono stati i fautori del più lungo e devastante esperimento di didattica a distanza, di fatto mandando a monte quasi tre anni scolastici consecutivi. Sarà bene tirare le somme di quell’esperienza, e un indizio ci viene dall’esito dell’ultima tornata dei test Invalsi: per limitarci a un solo dato, gli studenti che adesso alla fine delle superiori non raggiungono un livello accettabile in matematica sarebbero il 51% contro il 42% pre pandemia. Una catastrofe educativa. Secondo esempio, ancora più macroscopico: la lunghezza dei lockdown in sé, con la materiale impossibilità di uscire di casa e di mantenere un minimo di normali relazioni umane. Chi risarcirà ragazze e ragazzi non solo del tempo volato via (molto superiore ai lockdown imposti in Gran Bretagna, per fare un solo esempio)? E chi li risarcirà, anche psicologicamente, dei danni invisibili ma pesantissimi legati all’aver inculcato nelle loro giovani menti che il corpo dell’«altro» fosse pericoloso, che toccare o sfiorare o essere in contatto con un’altra persona fosse di per sé un male? Per i ragazzi più grandi, la cosa è perfino paradossale: nei periodi in cui i lockdown si interrompevano o si alleggerivano, li si criminalizzava pure se andavano a farsi un aperitivo (ricordate le campagne terroristiche contro la «movida»?); adesso, invece, qualcuno sembrerebbe volerli spingere di prepotenza al rave, altro che spritz in piazza. Terzo esempio, legato alla guerra civile della vaccinazione e del green pass, che ha finito per coinvolgere pure le scuole. Che dire della colpevolizzazione del bimbo o del ragazzo non vaccinato? Che dire - dopo anni di campagne contro il bullismo - dell’oggettivo effetto di demonizzazione del «diverso» innescato nell’orribile biennio pandemico? Che dire del divieto perfino di salire su un bus? Che messaggio è stato per un ragazzo, per una ragazza, respinti perfino rispetto al più elementare dei gesti, degli spostamenti, dei momenti di socialità?Quarto e ultimo esempio, e qui si entra nel surreale: i divieti o comunque le fortissime restrizioni imposte per l’attività sportiva. Una significativa fetta del mondo medico e scientifico era dubbiosa rispetto all’opportunità di una vaccinazione rispetto ai piccoli e ai piccolissimi: e invece tutti convenivano sul fatto che fosse salutare per bimbi e ragazzi non perdere la continuità della pratica sportiva. E invece? Si è fatto il contrario, anche in questo caso con una campagna politica e mediatica dai toni incendiari, integralisti, fondamentalisti. Che ora - oplà - gli artefici di quel clima e di quelle decisioni vogliano travestirsi da amici di ragazze e ragazzi, pare un po’ troppo. Perfino rispetto all’attitudine del nostro ceto politico alla sceneggiata.
(Ansa)
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