2019-04-01
Se sbagli ti premio. La cuccagna dei dirigenti statali. Aumenti a pioggia per fannulloni e assenteisti
A Roma l'Ama dà incentivi a chi si presenta al lavoro. In Sicilia gratificato il 97,5% dei burocrati, compresi quelli che sparivano dall'ufficio A Napoli s'inventano la «produttività di gruppo». Ecco l'Italia dei lavativi impuniti, anzi, ricompensati.L'ex sindacalista: «I colleghi furbetti del cartellino hanno fatto carriera, mentre io subisco mobbing».Da Giovanni Castellucci a Banca Etruria, i responsabili dei fallimenti intascano felici. Alla faccia di chi perde il posto o i risparmi.Lo speciale contiene tre articoliPer incentivare gli operatori ecologici a recarsi al lavoro con regolarità, a Roma, la municipalizzata che si occupa di rifiuti (Ama) si è inventata i premi per i non assenteisti. Grazie a un accordo con i sindacati, l'azienda, che da anni registra un tasso di assenteismo tragicamente stabile al 15% (ogni giorno mancano dal lavoro 1.200 netturbini) ha deciso, nell'estate del 2018, di investire nientemeno che sei milioni di euro per tentare di motivare i dipendenti a non sfruttare barbaramente malattie, permessi o agevolazioni da legge 104 per rimanere a casa a ridosso delle festività o delle ferie, come regolarmente accade. Così i dipendenti che non supereranno la percentuale del 4,7% di assenze dal servizio riceveranno, a fine anno, un bonus da 260 euro lordi in busta paga, come ringraziamento speciale per… aver fatto il proprio dovere. Voglia di lavorare saltami addosso, diceva il proverbio e, a quanto sembra, nel nostro Paese, di quella voglia non ce n'è mai abbastanza. In barba alle riforme annunciate e agli inasprimenti delle sanzioni che i ministri (da Renato Brunetta a Marianna Madia) hanno reso legge, nella pubblica amministrazione il problema rimane. Aggravato, anzi, dal fatto che, spesso, chi lavora poco e male, non solo non viene punito ma viene addirittura premiato. In denaro o con avanzamenti di carriera: un vero toccasana per il senso di impunità degli scansafatiche. Qualche esempio? A Palermo lo scorso febbraio il Tribunale ha prosciolto «per la speciale tenuità del fatto», quattro commessi del Comune che, nell'ottobre del 2013, erano stati scoperti fuori dal posto di lavoro, anche se risultavano presenti. I tre sono stati ritenuti ritenuti «non punibili», grazie al fatto che l'amministrazione comunale, guidata da Leoluca Orlando, nell'immediatezza dei fatti, non ritenne necessario infierire. Non solo; nei confronti dei furbetti, non fu adottato alcun provvedimento disciplinare, ma uno dei tre, nonostante il processo in corso, venne adibito a «mansioni di maggiore prestigio», diventando nientemeno che «commesso del sindaco». Ragion per cui il Tribunale ha ritenuto di far prevalere la «particolare lievità del fatto». Situazione simile a Catania, dove, da anni, il sindacato di base Usb denuncia l'elargizione a pioggia di bonus e prebende a tutti i dirigenti dell'ex provincia divenuta oggi città metropolitana. Dopo la riforma Delrio, «a fronte di 13 servizi», l'ente conta ancora 29 posti da dirigente. Nel 2019, «a tutti i dirigenti in carica è stata corrisposta non solo l'indennità di posizione ma anche quella di risultato», a prescindere dal grado di raggiungimento dei risultati stessi. «L'Organismo indipendente di valutazione che dovrebbe supervisionare le performance è venuto meno al proprio ruolo», ha denunciato con un esposto Sergio Giambertone «e dopo aver sostenuto in una relazione che “la maggior parte degli obiettivi premiati risultava riferibile all'ordinaria amministrazione" e che alcuni di questi non erano nemmeno stati svolti, ha comunque permesso che “i 200.000 euro del fondo premi venissero redistribuiti tra tutti dirigenti"». E se i Comuni piangono, la Regione Sicilia non ride.Secondo un'indagine della Commissione europea, l'efficienza della pubblica amministrazione dell'isola è tra le peggiori d'Italia e d'Europa. Eppure, come riporta il Quotidiano di Sicilia, nel 2018, dei 1.395 burocrati in servizio, i premiati sono stati ben 1.360 (il 97,49% del totale), per la modesta cifra di 7,9 milioni di euro (5.900 euro in media per ciascun dirigente). Somme nettamente più alte di quelle della Lombardia, che nello stesso periodo ha speso per le indennità di risultato 3,8 milioni. Non va meglio in Molise, dove, all'inizio di marzo, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti, l'azienda sanitaria regionale (Asrem) è stata citata per maxi premi che venivano pagati ai dirigenti, addirittura prima che qualcuno si occupasse di certificare i risultati ottenuti. Come riportato durante la cerimonia, «l'illegittima erogazione della retribuzione di risultato, distribuita in spregio delle norme che prevedono una corresponsione in base ai risultati raggiunti», ha provocato un danno erariale da 3,7 milioni euro. I fatti risalgono al 2011, anno in cui l'azienda premiò, indistintamente, tutto il personale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria non medica «con provvedimenti di liquidazione postumi rispetto ai pagamenti effettuati». Asrem, d'altro canto, non era nuova a questo tipo di situazioni: nel 2016 l'azienda sanitaria aveva accordato un aumento in busta paga, tra i 700 e i 1.200 euro annui, a 13 dipendenti «fannulloni» imputati in un processo per assenteismo.Anche la Regione Umbria, dal canto suo, quando si tratta di premi non bada a spese. Come ha segnalato il consigliere Sergio De Vincenzi, la giunta Pd, lo scorso Natale, «ha lasciato sotto l'albero di 48 dirigenti regionali meritevoli, ricchi premi per un totale di 3,2 milioni di euro e nemmeno qualche traccia di carbone». Premi assegnati a funzionari che sono «in carica per nomina diretta» e che «dovevano occuparsi per esempio della progressiva decongestione ed estinzione delle liste d'attesa per le visite e gli interventi sanitari, ogni anno riproposta come obiettivo e che puntualmente resta frustrata» o della «prevenzione dei siti ad alto rischio idrogeologico che restano delle bombe a orologeria in molte zone del nostro territorio», ha precisato il civico. Passando all'Emilia Romagna, qualche settimana fa, il sindacato degli insegnanti Gilda ha presentato un esposto all'Autorità anticorruzione. dopo che l'Ufficio scolastico ha emesso il Piano regionale di valutazione dei dirigenti scolastici, prevedendo più soldi in busta paga per i dirigenti che eviteranno le bocciature. L'ufficio l'ha definito «riduzione dei tassi di insuccesso», ma in sostanza il provvedimento monetizza le valutazioni più o meno positive degli alunni. A poter usufruire di benefici economici in busta paga saranno i presidi che garantiranno la promozione del maggior numero di alunni e, secondo il sindacato, «questo rischia di minare l'imparzialità e il buon andamento di una pubblica amministrazione», incentivando i dirigenti e di conseguenza gli insegnanti a chiudere un occhio su determinate mancanze per far procedere i ragazzi.Comunque sia, quando è il momento di distribuire prebende, tutto il mondo è paese. Nel solo 2017 la presidenza del consiglio dei Ministri ha speso più di 4 milioni di euro per premiare con i bonus di risultato i dirigenti di prima e seconda fascia, evidentemente tutti precisi ed efficaci. Sul totale dei dipendenti delle strutture, infatti, la percentuale dei dirigenti con punteggio inferiore a 100 centesimi è stata appena del 5%. Passando a Piacenza, nel giugno del 2017, la Guardia di finanza, con blitz in municipio, beccò fuori ufficio ben 50 dipendenti (su 600 complessivi), che, pur risultando presenti, erano invece affaccendati in commissioni personali. A quella vicenda, che portò anche ad alcuni licenziamenti, l'amministrazione comunale non reagì con durezza, anzi. Lo stesso anno, come nei successivi, «i dirigenti sono stati premiati», compresi «i vertici che dovevano vigilare sul corretto funzionamento degli uffici comunali e che non hanno vigilato», ricevendo tuttavia laute prebende a fine anno in busta paga. A proposito di premi, però, quello per l'originalità, se lo aggiudica certamente Napoli, dove dal 2013, grazie a una delibera di giunta firmata Luigi De Magistris, esiste la «produttività di gruppo», uno «strumento utile all'amministrazione comunale per remunerare le prestazioni dei dipendenti», in aggiunta al normale stipendio. E non parliamo di pochi spiccioli: per il 2018, lo stanziamento ammontava a 3,8 milioni di euro e, come era prevedibile, è andato tutto esaurito.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/se-sbagli-ti-premio-la-cuccagna-dei-dirigenti-statali-aumenti-a-pioggia-per-fannulloni-e-assenteisti-2633315669.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-invece-io-che-li-ho-denunciati-sono-stato-perseguitato" data-post-id="2633315669" data-published-at="1758064795" data-use-pagination="False"> «E invece io che li ho denunciati sono stato perseguitato» Un dipendente di un ufficio pubblico ogni giorno vedeva i colleghi timbrare il cartellino e poi sparire in palestra o al supermercato. Una mattina ha segnalato l'andazzo degli assenteisti ai superiori. Per lui, incredibilmente, sono arrivati solo calci nel sedere: nessuno dei colleghi lo salutava e sono stati avviati procedimenti disciplinari nei suoi confronti. Angherie che, a suo dire, continuano anche oggi, a 10 anni di distanza. Mentre i lazzaroni sono alle loro scrivanie, anzi hanno fatto carriera. La storia è quella del signor Ciro Rinaldi, napoletano trasferito a Bologna, funzionario ed ex sindacalista presso l'ispettorato emiliano del ministero dello Sviluppo economico. Cominciamo dall'inizio. «Nel 2009 ho denunciato i colleghi che si scambiavano i cartellini e andavano a farsi i fatti. Tanto lo Stato pagava lo stesso». Perché lo ha fatto? «Primo perché sono così e non riesco a chiudere gli occhi davanti a certe cose. E poi ero delegato sindacale e due impiegate si erano lamentate con me, perché si sobbarcavano il lavoro di quelli che se la spassavano. Cosa dovevo fare?». Rivolgersi al suo capufficio prima che alla Procura. «L'ho fatto, ma il mio dirigente ha cominciato a perseguitare me e una delle impiegate che mi avevano denunciato il fatto: è stata demansionata ed è stata costretta a chiedere il trasferimento in un altro ministero, che neppure volevano concederle». E a lei cosa è successo? «Il dirigente mi ha scritto valutazioni pessime e non vere, mi hanno bloccato le progressioni economiche e la carriera. Anche adesso mi hanno sbattuto a mettere dei timbri. E sa con chi lavoro, che è pure mio superiore? Con uno di quelli che avevo denunciato e che aveva contribuito a creare false accuse contro di me». Quali accuse? «Ho subito un provvedimento disciplinare e sono stato denunciato. Dicevano che con l'auto di servizio avevo fatto più chilometri del dovuto durante le ispezioni postali. L'esposto è stato archiviato». La sua di denuncia com'è andata a finire? «La Guardia di finanza ha messo le telecamere in ufficio e 29 persone sono finite indagate per truffa allo Stato». E poi? «Nel 2013 il giudice ha rinviato a giudizio 9 colleghi e prosciolto altri 20. Ma non perché non avevano commesso il fatto». Perché allora? «Il gip li ha scagionati perché l'ammontare della truffa documentata, in 40 giorni di controlli della Finanza, era inferiore agli 80 euro. Ma erano solo 40 giorni di appostamenti, loro sono andati avanti per anni a scappare in palestra o a fare la spesa». Cosa ne pensa? «Ci sono persone che vengono condannate per aver rubato una vaschetta di prosciutto al supermercato. Invece loro se la sono cavata con dei rimproveri verbali». Gli altri 9 sotto processo? «Condannati nel 2016 a 14 mesi di carcere a testa. Il giudice nella sentenza ha scritto che il mio ex dirigente, anche se non imputato, era il fulcro del sistema, era concorrente morale e che sarebbe dovuto finire anche lui alla sbarra». Questi 9 ora cosa fanno? «Il ministero ha licenziato due impiegate condannate, ma una era già in pensione mentre l'altra ha fatto ricorso ed è stata reintegrata al suo posto». Ne mancano 7 all'appello… «Sono tornati tutti al loro lavoro al Mise, anzi hanno fatto carriera. Una è diventata addirittura caposettore. Li hanno sospesi per qualche mese, ma poi hanno ripreso ruolo e stipendio. E la sa una cosa?». Quale? «Fino al giorno della condanna hanno continuato a percepire premi e gratifiche. Io, invece, mobbizzato per 10 anni per avere detto la verità». Ma con il nuovo governo, secondo lei, qualcosa è cambiato? «Nella pubblica amministrazione continuano a esserci persone che si ritengono al di sopra delle leggi. Che pensano di essere immuni e le leggi anticorruzione, anche se esistono non vengono applicate. Cambia il colore politico, ma non cambia nulla». Ma allora il suo calvario non è servito? «Almeno nel mio ufficio ora tutti timbrano il cartellino, hanno paura. Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere: durante il processo una funzionaria si difese sostenendo che aveva un brutto rapporto con il badge, perché lei è uno spirito libero…». Ma lei, sia sincero, rifarebbe quello che ha fatto? «Certo che lo rifarei. Però è triste che chi si oppone a un sistema malato venga emarginato. Lo rifarei sicuro, ma mi creda che è dura». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/se-sbagli-ti-premio-la-cuccagna-dei-dirigenti-statali-aumenti-a-pioggia-per-fannulloni-e-assenteisti-2633315669.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="pure-nel-privato-chi-combina-disastri-viene-gratificato-con-bonus-milionari" data-post-id="2633315669" data-published-at="1758064795" data-use-pagination="False"> Pure nel privato chi combina disastri viene gratificato. Con bonus milionari I premi ai supermanager, ai cittadini le sofferenze. Lo dimostra in modo plastico la dolorosa vicenda del ponte Morandi, che nel 2018 ha colpito la città di Genova, provocando la morte di 43 persone. Come è noto, per l'opera prestata in quello stesso anno, Atlantia, società che controlla Autostrade, ha remunerato lautamente i suoi manager, primo tra tutti Giovanni Castellucci, amministratore delegato nonché direttore generale di Atlantia, che ha incassato un compendio di 5,05 milioni di euro, incluso un bonus da 3,72 milioni. Insieme a lui, tra i premiati c'è anche il presidente Fabio Cerchiai, che ha percepito 1,28 milioni di euro, compreso un bonus da 560.000 euro. La storia si ripete sempre uguale nelle grandi aziende private, comprese quelle che non brillano per eccellenze di risultato. A pagare per i disastri, i crac, i fallimenti o per i posti di lavoro persi non sono mai i responsabili, che anzi, molto spesso, anche dopo gestioni discutibili, se ne vanno con le tasche piene. È certamente il caso delle dieci banche fallite a partire dal 2011, che secondo l'analisi sindacato dei bancari First Cisl, negli ultimi anni, tra default e aiuti pubblici, hanno bruciato 28 miliardi. A fronte di questo enorme buco, gli istituti hanno pagato appena 67 milioni di euro tra multe e sanzioni, versando, invece, 113 milioni di bonus ai manager che erano alla guida degli istituti, proprio mentre questi facevano crac. L'elenco è lungo: Monte dei Paschi, le due banche venete integrate in Intesa Sanpaolo (Popolare Vicenza e Veneto Banca), le quattro banche minori Etruria, CariChieti e Banca Marche poi passate a Ubi e Carife poi transitata a Bper e le tre casse acquisite da Cariparma (Carim, Carismi e Caricesena). Il loro destino ha creato 27,6 miliardi di perdite, 10,6 miliardi di soldi pubblici utilizzati per fronteggiare le emergenze, 3,4 miliardi bruciati dal Fondo Atlante, 4,7 miliardi stanziati dal Fondo di risoluzione, 14.000 posti di lavoro perduti e 470.000 azionisti che hanno visto andare in fumo i loro risparmi. Eppure i 67 milioni di sanzioni comminate, complessivamente, da Consob e Banca d'Italia, non valgono che la metà dei premi assegnati ai vertici nello stesso periodo. Come per esempio la Popolare di Vicenza, che ha ricevuto sanzioni per 28,5 milioni e nello stesso periodo, tra stipendi e benefit, ha versato 32,2 milioni ai suoi amministratori. E come non ricordare la compagnia di bandiera, con il suo lento, inesorabile e costosissimo declino e il doloroso passaggio da pubblica a privata? In oltre 20 anni di conti in rosso e con 7 miliardi di costi pagati dai contribuenti, gli stipendi e le buonuscite per i supermanager non sono mai mancati. L'unico a rinunciare a quanto gli sarebbe stato dovuto, fu Gabriele Del Torchio , che, nel 2014, avendo appena annunciato 2.000 licenziamenti, rifiutò la prebenda per «per ragioni di opportunità e sensibilità sociale». A quanto risulta, invece, Cramer Ball, per lasciare la compagnia dopo 15 mesi di lavoro e un piano lacrime e sangue che rese furenti i sindacati, si sarebbe autoconcesso emolumenti pari a oltre 2 milioni di euro. A Giancarlo Cimoli, in carica tra il 2005 e il 2007 come presidente e amministratore delegato, dopo la sua uscita andarono 3 milioni, a fronte di risultati non certo lusinghieri, considerato che secondo i calcoli, all'epoca la compagnia perdeva 51.000 euro ogni giorno. E, ancora Francesco Mengozzi, l'uomo che gestì la compagnia dopo l'11 settembre, avrebbe portato a casa, nel suo ultimo, anno tra liquidazione e stipendi, circa un milione. A Maurizio Prato andarono 350.000 euro nonostante il contratto di vendita ad Air France, che lui stesso aveva sottoscritto, finì per sfumare dopo le proteste dei sindacati francesi e, infine, generoso fu il trattamento per Augusto Fantozzi, che, a capo della bad company, avrebbe presentato una richiesta di liquidazione da 3 milioni di euro. Ma anche Tim, il colosso della telefonia, non lesina in materia di premi e nemmeno di tagli al personale. Nel settembre 2017, per esempio, l'azienda avviò una procedura di licenziamento per 382 lavoratori per un «piano di ristrutturazione». Appena tre mesi prima, però, dopo soli 16 mesi di lavoro, il supermanager, Flavio Cattaneo, aveva lasciato, per tutti altri motivi, il colosso con una buonuscita da 25 milioni di euro. Allo stesso modo, lo scorso marzo, Italiaonline (ex Pagine Gialle), parte del gruppo controllato dal magnate egiziano Naguib Sawiris, annunciava il licenziamento di 400 dipendenti e la chiusura della storica sede torinese (già Seat Pagine gialle), mentre contemporaneamente distribuiva ai top manager incentivi per ben 6,7 milioni di euro.