2023-03-15
Se la legge non piace, non si applica. Sala svela la sinistra «dei diritti»
Beppe Sala (Imagoeconomica)
Il sindaco di Milano obbligato allo stop delle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei bimbi di famiglie Lgbtq. Anche ai suoi cittadini non piace pagare tasse e biglietti dei mezzi pubblici salati. Ma lo fanno lo stesso.«Quando una legge non piace, basta non applicarla». L’allegro dogma anarchico da assemblea universitaria ha funzionato fino a ieri a Milano, dove il sindaco Beppe Sala ordinava da un anno agli uffici comunali di registrare i figli di coppie gay concepiti all’estero come avviene in Danimarca e Spagna, facendo finta che la metropoli da lui amministrata con accenti da re Sole fosse extraterritoriale rispetto al parlamento italiano.In particolare ha fatto finta di dimenticarsi che la legge 40 del 2004 (ancora in vigore, a meno di golpe notturni) consente la procreazione medicalmente assistita a coppie di sesso diverso e vieta la maternità surrogata, altrimenti nota come utero in affitto. Svegliato dal prefetto Renato Saccone, che gli ha fatto recapitare una circolare dopo essersi consultato con il ministero dell’Interno, il borgomastro in calze arcobaleno non ha potuto fare altro che fermare le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali.Per mantenere alta la bandiera del progressismo universale, Sala è rientrato nell’alveo della legge con evidente fastidio, consapevole che i funzionari chiamati a certificare un’illegalità avrebbero corso rischi penali. Ha fatto accendere il microfono e la telecamera alla sua batteria di comunicatori e ha spiegato: «Questo è un passo indietro dal punto di vista politico e sociale, e mi metto nei panni di quei genitori che a Milano pensavano di poter contare su questa possibilità. La registrazione è un atto che ha a che fare con l’apparato amministrativo del Comune ed io, vista anche la presa di posizione della procura, non posso esporre un funzionario comunale a rischi personali di natura giudiziaria». Pensarci prima, no? La capriola mediatica è evidente e il vero passo indietro non lo ha compiuto il governo ma ha dovuto compierlo lui, che ne aveva fatti tre in avanti pensando di essere a Copenaghen. Per non perdere l’aura da rivoluzionario e per rabbonire la lobby Lgbtq+ (che lo vota e lo considera un mecenate da quando ha fatto dipingere con i colori arcobaleno i muri della fermata Porta Venezia della metro), ha aggiunto con aria di sfida: «Da oggi mi faccio carico di portare avanti politicamente questa battaglia. Sarò pronto a cogliere ogni opportunità concreta affinché continui il cammino di riconoscimento dei diritti di tutte e tutti e affinché Milano ne sia sempre protagonista».Il procedimento di adozione è complesso, ci sono sentenze contrastanti, la Cassazione ha indicato la (sua) strada, ma una nuova legge non esiste ancora. Quella vecchia può essere giusta o sbagliata, ma le istituzioni sono chiamate a rispettarla. È vero che le vittime del braccio di ferro voluto da Sala sono bambini innocenti. Ma i primi a violarne i diritti e a «passeggiare» sulla loro fragilità sono coloro che li usano come arieti per forzare la legge, per calpestarla con lo «stato di fatto» pur sapendo di trasformare i figli in fantasmi inconsapevoli. In questi casi, più che ai capricci di un sindaco, sarebbe saggio affidarsi alla dialettica parlamentare.Sul tema il confronto è articolato. Proprio ieri in commissione il Senato ha bocciato la richiesta della Ue affinchè «la genitorialità stabilita in uno Stato debba essere riconosciuta in qualunque altro Stato dell’Unione senza che si debbano adottare procedure speciali, comprendendo anche il riconoscimento per i genitori dello stesso sesso». Mentre il Pd e il Movimento 5 stelle sono schierati con il «vietato vietare» ogni desiderio planetario, il centrodestra è prudente. Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, spiega: «L’Unione europea ci chiederebbe obbligatoriamente di registrare in Italia i cosiddetti figli di due padri o di due madri perché registrati all’estero. Noi pensiamo che la materia riguardi gli Stati membri e debba essere regolata da proprie leggi. Anche per evitare che coppie italiane omogenitoriali, avvalendosi della schiavitù dell’utero in affitto, comprino bimbi all’estero e li portino in Italia». In mezzo sta Italia Viva, che con Raffaella Paita specifica: «Prevediamo il via libera al Certificato di filiazione europea per tutelare i diritti dei minori ma riteniamo che la gravidanza per altri costituisca un reato».La semplificazione «se una legge non ci piace, basta non applicarla», è un riflesso condizionato della sinistra massimalista alla quale Sala sta lasciando mano libera nel secondo mandato. E poi dipende sempre a «chi» non piace una legge. Per esempio, ai milanesi non piace dover pagare le tasse più alte d’Italia (ma lo fanno); non piace dover ripianare il deficit del Comune con l’aumento dei costi del trasporto pubblico (ma lo fanno). Davanti a un gruppo di cittadini volutamente insolventi, il sindaco della disobbedienza prima griderebbe all’«eversione fascista», poi li denuncerebbe.Riguardo allo stop alle trascrizioni, le associazioni transgender sono intervenute per stigmatizzare il richiamo governativo. Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito gay, ha sottolineato: «Chiediamo al sindaco di Milano e agli altri sindaci di continuare a trascrivere i certificati di nascita. Quando una norma è ingiusta e discriminatoria, chi fa politica deve avere il coraggio di disobbedire». Il problema è che Sala aveva già fatto il Pierino e gli è andata di lusso per un anno. Ora la ricreazione è finita.
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