2023-05-13
Se la Bce non smette di alzare i tassi sotto una tenda ci finiranno in tanti
Nonostante il flop del piano anti inflazione, Joachim Nagel annuncia rincari pure dopo l’estate. Così finiremo in recessione ed esploderanno i crediti incagliati a causa di mutui e prestiti non restituiti. Intanto la Corte dei conti Ue chiede a Francoforte più vincoli per le banche.Il falchetto tedesco, Joachim Nagel, presidente della Bundesbank e membro del consiglio direttivo della Bce, ieri era in Giappone assieme ai ministri delle Finanze e ai governatori Ue per partecipare al G7. «La Bce potrebbe dover continuare ad aumentare il costo del denaro oltre l’estate per contrastare un’inflazione che rimane vischiosa», ha detto Nagel usando un aggettivo a nostro avviso molto corretto. Indica infatti la situazione nella quale si è infilata Christine Lagarde (in compagnia delle altre autorità finanziarie) e dalla quale non sa come sfilarsi. Tanto che pure il collega tedesco ha dovuto ammettere che «i dati non ci consentono di prendere in considerazione la possibilità di cambiare la nostra opinione secondo cui saranno necessari ulteriori aumenti dei tassi, e ciò vale anche oltre la pausa estiva». Tradotto in altre parole, l’uomo forte della Bce sa certamente che proseguire su questa strada porterà a una pesante recessione. L’inflazione, che lui definisce vischiosa, è indotta da fattori esterni che continuano a creare tensione sui prezzi. Prima la crisi energetica e poi le continue interruzioni nelle forniture di materie prime. Quella in Europa non è un’inflazione da crescita e da produzione. Dunque, i prezzi resteranno alti e gli stipendi rimarranno fermi. Al contrario il costo del denaro schizzerà ancora all’insù. Dopo settembre il problema del caro case non toccherà gli studenti, ma le famiglie italiane e buona parte di quelle europee. Vivremo quello che sta provando in queste settimane la Gran Bretagna. Un anno fa i tassi a Londra erano a zero. Adesso sono saliti al 4,5%, ben di più dell’area euro. Oltre 100.000 mutui sono in scadenza. E saranno rinegoziati necessariamente con un variabile che viaggia intorno al 5%. Su 250.000 sterline significa 500 sterline in più al mese rispetto alle rate dello scorso anno. È chiaro che le famiglie dovranno tagliare drasticamente tutte le altre spese oppure resteranno senza casa a fronte del mancato pagamento delle rate. Uno scenario simile, se andiamo dietro a Nagel, lo vivremo anche in Italia. Qui da noi i tassi sono al 3,75%. Manca poco però per raggiungere la Gran Bretagna. Ecco che chi adesso strepita contro il governo perché deve trovare soluzioni al caro affitti non sembra prendere in minima considerazione la stretta monetaria. Quando mesi fa il ministro della Difesa, Guido Crosetto, criticò apertamente la Lagarde fu praticamente messo in croce. Ritenendo che un ministro debba precipuamente esternare sulle proprie materie, il contenuto dell’intervista era sacrosanto. Da quel momento e dall’Italia in genere critiche e attacchi alla Bce non si sono più alzati. Eppure la crisi sociale verso cui ci sta portando sarà molto importante. L’aumento degli Npl, i non performing loans, e degli incagli sarà altrettanto imponente. Dovremmo almeno aprire l’ombrello e cercare una strada condivisa. Tanto più che da altre istituzioni europee arrivano avvisaglie di ulteriori strette sul credito. «La Banca centrale deve potenziare lo sforzo di vigilanza per far sì che le banche dell’Unione assicurino un’adeguata gestione del rischio di credito, in particolare quando i mutuatari non rimborsano i prestiti assunti», ha messo nero su bianco ieri la Corte dei conti Ue in una relazione su Francoforte, sottolineando «quanto ciò sia importante, poiché una gestione insoddisfacente sotto questo profilo può compromettere la tenuta delle banche stesse e dell’intero sistema finanziario». Nonostante il maggiore impegno profuso nella vigilanza del rischio di credito e dei prestiti bancari in sofferenza, la Bce «non ha però imposto agli enti requisiti patrimoniali direttamente proporzionali al rischio cui erano esposti, né ha inasprito a sufficienza le misure di vigilanza», ha concluso la Corte, «se le banche presentavano carenze persistenti nella gestione del rischio di credito». Ovviamente i vertici della Bce si sono affrettati a smentire sul passato, sostenendo di aver messo a terra le regole migliori e più efficaci. Il tema però è il futuro. Una nuova stretta sulla vigilanza non è peregrina. Due settimane fa Francoforte era intervenuta sul tema prendendo addirittura la scusa dei social media. Per via della velocità con cui si diffondono le notizie sulle piattaforme digitali, la Bce ritiene di doversi difendere con i denti da eventuali bank run (fughe di capitali) da panico social. Il problema è che così facendo l’economia si contrarrà ancora di più. Meno soldi che circolano e meno spese perché scenderà il numero di mutui erogati, gli importi dei fidi e la capacità di fare investimenti. Invece di organizzare manifestazioni in tenda, chiaramente artificiali e sostenute da interessi politici, l’opposizione a Giorgia Meloni e i sindacati dovrebbero prendere in considerazione questi temi. Così come il governo non dovrebbe correre dietro all’agenda altrui ma tirare dritto sulla propria.
Luciana Littizzetto (Getty Images)
Hartmut Rosa (Getty Images)
Luca Palamara (Getty Images)