
Da Genova Luigi Di Maio attacca ancora la famiglia Benetton e spinge per il ritiro delle concessioni. Autostrade sotto sotto prosegue nella trattativa con il Mef, ma vuole garanzie future alle quali Danilo Toninelli si oppone. Ecco perché la Lega pensa a un nuovo ministro.Per capire che cosa succederà nelle prossime settimane attorno al dossier Austostrade-Concessioni-Atlantia-Alitalia bisognerà aspettare che si depositi la polvere delle dichiarazioni ufficiali. Un po' come ieri, che per vedere Genova senza ponte si è dovuto attendere che cadessero al suolo tutte le macerie scatenate dall'esplosione del Morandi. Infatti, il vice premier grillino, Luigi Di Maio, non contento di aver definito Atlantia, la controllante di Autostrade, azienda decotta è andato avanti come un fiume in piena. Ha promesso «giustizia» per i 43 morti nella tragedia del 14 agosto scorso. Attaccato la famiglia Benetton e negato che il titolo Atlantia sia crollato per le sue dichiarazioni. E poi ha evocato - come una sentenza annunciata - la revoca ad Autostrade della concessione autostradale, sfidando Matteo Salvini e la Lega. «Le concessioni autostradali non sono state fatte per mantenere le rendite di generazioni di Benetton. Sogno autostrade gratis», ha scandito evocando anche quel 7% di rendita che piacerebbe a qualunque risparmiatore. «In Borsa i titoli crollano se non lavori bene non è questione di dichiarazioni» è la linea nel caso la Consob dovesse occuparsi degli effetti delle sue dichiarazioni di giovedì. «Se il 14 agosto la politica e il governo vuole andare a commemorare le vittime, ci vada, con la revoca delle concessioni almeno avviata. E questa è una volontà politica dei 5 stelle e lo deve essere del governo» ha avvertito confortato poco dopo dal premier Giuseppe Conte che dal G20 di Osaka la lasciato pochi margini di interpretazione: «Questo governo ha assunto pubblicamente una posizione il crollo del ponte Morandi è una tragedia che non può essere oscurata», ha concluso così la giaculatoria, ricordando che a breve è atteso «il parere della commissione di esperti sulla base della quale il governo si assumerà le sue responsabilità» per quanto riguarda la revoca o meno della concessione ad Autostrade. In realtà non sarà così a breve. Facilmente la data cadrà intorno alla metà di settembre con una interessante coincidenza. Se giovedì i vertici di Atlantia avevano annunciato querela contro le dichiarazioni del leader grillino, ieri con una nota ufficiale hanno comunictao l'intenzione di far slittare al 15 settembre la decisione di alzare le tariffe autostradali. L'anno scorso l'azienda dei Benetton a dramma ancora caldo aveva garantito uno stop di sei mesi degli aumenti. Dunque lunedì sarebbe dovuti scattare i rialzi dei prezzi. Anche se la scelta può appari dovuta, nasconde una volontà precisa. Cioè quella di continuare a trattare con la componente gialla del governo. Nonostante più volte il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, abbia dichiarato che la revoca delle concessioni e l'ipotesi di ingresso dei Benetton in Alitalia sia dossier che non si parlano né toccano, la realtà è opposta. Dopo un iniziale parere favorevole, i soli che adesso non vorrebbero la partecipazione di Atlantia per versare i 300 milioni mancati alla cordata di rilancio del vettore sono i grillini stessi. L'ordine è continuare a essere duri e puri. O meglio vorrebbero l'ingresso di Atlantia, ma al tempo stesso tenersi le mani libere per bastonare Autostrade. Peccato che Giovanni Castellucci, l'ad di Atlantia, oltre a non essere uno sciocco è anche un temibile negoziatore che sa come tirare la corda a più non posso. Così mentre i grillini sparano ad alzo zero sa gestire gli altri player della partita. Ad esempio il Mef. A essere titolare del dossier Alitalia è ufficialmente Claudia Bugno, di cui la Verità ha scritto ampiamente. Il Manager e l'aiutante di Giovanni Tria si sono incontrati. Ma la Bugno non è autonoma. la sua personale battaglia contro i 5 stelle ha reso ancora più difficile la trattativa e Di Maio per metterla in un angolo ha anche cercato di avocare a sé il dossier in modo che solo Toninelli potesse decidere. Peccato che l'azionista interessato è il Mef e non il Mit. Il risultato è che si fa un passo avanti e uno indietro. A godere è lo stesso Catellucci che immagina la data del 15 settembre come in grado di far saltare il tappo. Da giorni è tornato forte il rumor di un rimpasto. Sarà difficile per Toninelli arrivare all'autunno, in quel ruolo s'intende. E con un nuovo ministro l'asse Mit e Mef si salderà. Ieri, mentre Di Maio urlava ai quattro venti la voglia di vendetta, Matteo Salvini - anch'egli a Genova - si è limitato a dire: «chi ha sbagliato deve pagare. Ma devono pagare i vertici, non i lavoratori». «Quello che mi interessa è il futuro di Ilva, di Alitalia, delle tante crisi aziendali. Niente attacchi generalizzati a un'azienda che è una ricchezza per questo Paese». Tradotto se c'è il rimpasto si chiude con Alitalia e la questione Morandi resta un affare di competenza delle procure.
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