Installata una «cupola» anti droni dall’israeliana Rafael con tecnologia a marchio Leonardo, capace di proteggere lo scalo dal 95% degli attacchi. Elettronica fa ricorso. Domani udienza: i giudici chiedono informazioni, ma sono secretate. E rischia di saltare tutto.
Installata una «cupola» anti droni dall’israeliana Rafael con tecnologia a marchio Leonardo, capace di proteggere lo scalo dal 95% degli attacchi. Elettronica fa ricorso. Domani udienza: i giudici chiedono informazioni, ma sono secretate. E rischia di saltare tutto.Appuntamento importante per il futuro tecnologico e di difesa dell’Italia. Perché caso vuole che in una piccola aula della terza sezione del Tar del Lazio si discuta del destino di un sistema anti droni installato presso l’aeroporto di Fiumicino ma non ancora funzionante. Quella di domani sarà un’udienza cautelare, quindi non è detto che si arrivi a sentenza. Ma è un primo step per sbloccare oppure azzerare una situazione ferma dal 2022. Bloccato dalla burocrazia, dai ricorsi e anche da tensioni diplomatiche, infatti, da quasi due anni il sistema di difesa del principale hub aeroportuale italiano è al momento privo di uno scudo che risulta tra i più evoluti al mondo e a disposizione di poche nazioni al di fuori di Israele. Tutto ciò nonostante l’Italia sia impegnata su diversi fronti di guerra, da ultimo sul Mar Rosso. La storia inizia a metà maggio del 2022, quando Adr (Aeroporti di Roma) indice un bando di gara «informale a carattere secretato» per affidare un contratto d’appalto per la progettazione, la fornitura e manutenzione di un sistema anti droni appunto a Fiumicino. A partecipare viene invitato un numero circoscritto di operatori in ragione anche della tecnologia complessa che viene usata in questo tipo di settoreA partecipare sono il gruppo Elettronica (Elt), storica azienda italiana che lavora nel settore difesa (controllata da Thales al 33, 33 %, al 31,33% da Leonardo e dalla famiglia Benigni con il 35,34%) e Rafael advanced defense system. Quest’ultima è un’industria israeliana che sviluppa sistemi di alta tecnologia militare, tra cui Iron dome, il sistema di difesa missilistico con un tasso di protezione pari al 95% degli attacchi. A vincere sono gli israeliani che ottengono 70 punti per l’offerta tecnica e 30 per quella economica, scalzando quindi Elettronica. Risultato? Fiumicino potrebbe vantare un sistema in grado di creare una cupola virtuale in grado di identificare e fare detection, come si dice in gergo tecnico, di droni piccoli anche 15-20 centimetri a 3,5 chilometri di distanza dall’obiettivo. In questo caso la pista di Fiumicino. I sensori radar e ottici uniti agli algoritmi dell’Intelligenza artificiale supportata dai satelliti possono poi classificare in tempo reale il drone intruso e avviare il sistema di intercettazione. La versione civile, o per essere più precisi duale, si ferma qui. Il «drone dome», però - è bene ricordarlo - è in grado anche di neutralizzare l’intruso o addirittura di intervenire hackerando il velivolo o persino il sistema che lo guida da remoto. Le attività sigint della cupola in accoppiata ai segnalatori passivi tendono pure a escludere i falsi allarmi. Nel caso di un aeroporto civile, compito del gestore è quello di mettere in sicurezza i passeggeri e avvisare l’autorità competente che poi sarebbe costretta a intervenire. I falsi allarmi causano danni milionari. Anche qui si calcola l’efficacia della cupola che da ultimo è composta di ulteriore tecnologia a marchio Leonardo. Come verificato dalla Verità, una delle componenti chiave va sotto certifica Rada, azienda israeliana acquisita nel 2022 da Monte Grappa. Con un doppio vantaggio. È riconducibile al colosso italiano e non necessita di burocrazia per l’importazione. Senza contare che i sistemi di Leonardo già servono scali in Gran Bretagna, ma soprattutto sono famosi nella loro versione militare. Forniscono informazioni in tempo reale, creando un percorso di tracciabilità mediamente di 5 chilometri ma che può arrivare addirittura fino a 10 chilometri. Nonostante questo, la società controllata da Thales e Leonardo, che va sotto la sigla Elt, però non digerisce la sconfitta. E così il 13 gennaio del 2023 chiede ad Adr un accesso agli atti per accedere alla documentazione di gara presentata da Rafael. In tutta risposta, Adr fa sapere che il gruppo israeliano si è opposto, anche perché i documenti sono «di natura sensibile» ma soprattutto la divulgazione di questi elementi tecnici «potrebbe consentire ad un concorrente di ricostruire e divulgare autonomamente sviluppi tecnologici ottenuti» dalla stessa Rafael e «quindi pregiudicare […] i diritti e gli interessi del ministero della Difesa israeliano». Tre mesi dopo Adr ha poi acconsentito a mostrare a Elettronica una parte dei documenti, che però sono stati giudicati incompleti. Da qui la decisione nel maggio dello scorso anno di ricorrere in giudizio contro Aeroporti di Roma. Anche perché secondo Elettronica l’accesso alla documentazione sarebbe necessario per capire se il sistema anti droni può essere usato anche in ambito civile e non solo militare. A ottobre si è pronunciato il Tar del Lazio, dando in parte ragione ad Elettronica. Spese ripartite e richiesta di integrare le informazioni, che però sia sul fronte Rafael che Leonardo sono coperte da segreto. Si arriva alla data clou di domani. Di fronte al diniego, Rafael, secondo i ricorrenti, dovrebbe essere esclusa dalla gara. Vedremo che succederà domani. Potrebbe esserci un rinvio o l’annullamento di un percorso già durato due anni. L’Italia si conferma così il Paese in mano al Tar. Legittima la mossa di Elettronica, ma forse gli israeliani e i manager di Leonardo non si sarebbero mai immaginati, dopo l’installazione della cupola sopra Fiumicino, di dover attendere il responso di togati su un tema che ha formalmente valenza civile, ma ricaschi al 100% nell’ambito della sicurezza nazionale.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






