2023-06-15
Schwarzenegger fa sognare i fan di Conan: «Ci sono delle sceneggiature…»
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Arnold Schwarzenegger in «Conan il Barbaro» (1982) di John Milius (Getty Images)
L’attore non chiude alla possibilità di un ritorno dell’eroe cimmero, portato per la prima volta sul grande schermo dal «fascista zen» John Milius.La saga cinematografica di Conan si arricchisce di un nuovo capitolo? Le dichiarazioni rilasciate qualche settimana fa da Arnold Schwarzenegger a Hollywood Reporter fanno ben sperare. Se l'attore ha chiuso le porte a un suo ulteriore coinvolgimento in Terminator («Il franchise non è ancora concluso. Io invece ho chiuso»), diverso appare il discorso relativo all'eroe fantasy. «Un nuovo film è in sospeso da 10 anni. I diritti sono di Fredrik Malmberg. Viene da me e dice: “Ehi, ho un accordo con Netflix”, e quando chiediamo a Netflix, non ne sanno nulla. È una di quelle cose assurde. Spero che se ne venga a capo», ha raccontato Schwarzy. Che ha proseguito: «Penso che si debba fare alla maniera de Gli Spietati, dove si gioca con l’età. C’è una grande sceneggiatura che John Milius ha scritto, e altri ne hanno scritte. La storia c’è. Ci sono registi che vogliono farlo. Ma Malmberg detiene i diritti e finché non vende i diritti per uno o due film, o per l’intera saga, non si può fare nulla». Strada in salita, insomma, ma porte niente affatto chiuse. I fan del gigante uscito dalla penna di Robert Howard sono quindi autorizzati a sognare. E a sperare che l'eventuale nuovo capitolo riprenda il discorso di Conan il barbaro e non dei discutibili altri capitoli della saga. Uscito nel 1982, Conan the Barbarian vedeva dietro la macchina da presa il già citato John Milius e come sceneggiatore niente meno che Oliver Stone, che lavorò al progetto sotto gli effetti della droga. Chiamato dalla stampa americana «L'Hermann Goering della sua generazione» e autodefinitosi «fascista zen», Milius è un regista del tutto sui generis. «Howard e io abbiamo la stessa visione della civiltà», diceva il cineasta ribelle del creatore della saga, Robert Ervin Howard, «l’ultimo celta», come lo definì il suo biografo Glenn Lord. Howard, a sua volta, era un altro soggetto tutto da scoprire. Nato nel 1906 nella provincia del Texas, da padre medico e da madre di origine irlandese, in circa undici anni riuscirà a comporre oltre cinquecento opere. La sua carriera da scrittore inizia nel luglio del 1925, quando la rivista pulp Weird Tales gli pubblica il racconto Spear and Fang. Ben presto Howard si costruisce un pubblico di nicchia ma fedelissimo, tra cui H.P. Lovecraft. Pur nelle marcate differenze letterarie, i due avevano del resto non poche somiglianze, in quanto scrittori del fantastico, abitanti di un'America provinciale ricca di influenze propriamente europee, ostili alla mescolanza razziale. Tra i due, intorno al 1930, nascerà anche un fitto rapporto epistolare. Nonostante il successo – Howard ha, letteralmente, inventato un genere, l'heroic fantasy – il pessimismo epocale si fa dramma umano quando, nel 1935, riceve la notizia di una malattia incurabile diagnosticata alla madre, che cade in coma. L'11 giugno del 1936, Howard si dirige in auto verso il deserto, dove si suicida con un colpo di pistola alla tempia. La madre lo seguirà il giorno successivo. Dopo il capolavoro di Milius, l'eroe cimmero tornerà sullo schermo con il noioso Conan il distruttore (1984) di Richard Fleischer, e con l’omonimo e «blasfemo» Conan il barbaro del 2011, in cui protagonista è l’hawaiano Joseph Namakaeha Momoa. Il film, un flop clamoroso di pubblico e critica, deluderà persino quest'ultimo: «Ho fatto parte di un sacco di cose che facevano veramente schifo, e film in cui la situazione non è nelle tue mani», ha dichiarato recentemente l'attore, «Conan è stato uno di quelli. Una delle peggiori esperienze che ho avuto. Ne hanno preso il controllo e l'hanno trasformato in un'enorme montagna di merda». E se lo dice lui...
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