2023-04-08
La Schlein forma la corte dei miracoli: «E adesso stacco per qualche giorno»
Composta la segreteria Pd: da Alessandro Zan a Sandro Ruotolo alla Maria Cecilia Guerra, vicina a Roberto Speranza e Pierluigi Bersani. La nuova guida dem, però, invece di partire lancia in resta, si sente già stanca a un mese dalla nomina: «Devo riposarmi un po’...».Undici uomini e dieci donne, e così i talebani woke non potranno lamentarsi. Nessuna domanda ammessa (e nessuna conferenza stampa tenuta fino a oggi) ma solo una diretta Instagram, e così ogni insidia giornalistica risulta schivata. Peccato che il risultato finale sia imbarazzante: la segreteria del Pd nominata da Elly Schlein, oltre al grigiore e alla mediocrità delle scelte, si caratterizza più che altro per il gioco delle «figurine», cioè per quelle sei-sette scelte concepite in funzione di pura propaganda. Tutto scontato, prevedibile, banalissimo. Eppure, con sprezzo del ridicolo, la Schlein parla di «una squadra solida e preparata, di alta qualità. Sarà un problema per Meloni». E ancora, in un irresistibile climax comico: «Siamo andati un po’ lunghi, ma ora faremo un grande lavoro». E allora ecco il team, che faticheremmo a definire un dream team (qualcuno sui social ha invece parlato di un nightmare team, alludendo ad alcune scelte da incubo): agli Esteri Giuseppe Provenzano (addio atlantismo), al Lavoro Maria Cecilia Guerra (amica di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, è stata la guerrigliera che fino all’ultimo voleva imporre la riforma del Catasto nella vecchia delega fiscale, una tassatrice compulsiva), all’Economia il rigorista Antonio Misiani, mentre Pierfrancesco Majorino (che ha parlato di «entusiasmo ed emozione» per la nomina) si vede affidare nientemeno che le politiche migratorie e il diritto alla casa. Praticamente come Dracula all’Avis. Ma non finisce qui. Tra le figurine più prevedibili ci sono Alessandro Zan ai Diritti e Marwa Mahmoud alla Partecipazione e formazione politica. Poi un ripescaggio dalla tv santoriana delle piazze ululanti. Ve lo ricordate il grido di Michele Santoro? «Ruotoloooo, la piazza che dice?». Ecco, quel Sandro Ruotolo sarà responsabile di Informazione, cultura, culture e memoria (sic). E poi alcune facce conosciute: Alessandro Alfieri alle Riforme (e al Pnrr), Marco Furfaro come responsabile delle iniziative politiche (pare volesse di più: gli è sfuggita di mano la vicesegreteria), Davide Baruffi agli Enti locali, e un altro amico di Speranza e Bersani, Alfredo D’Attorre, all’Università. Completano il quadro Debora Serracchiani alla Giustizia, Marina Sereni alla Salute, Marco Sarracino alla Coesione territoriale, Sud e aree interne (quest’ultimo è il dirigente che, nella fase precongressuale, era stato rinchiuso e - si scrisse - «quasi sequestrato» in una stanza al freddo e senza luce, nel corso di un agitato dibattito di partito nel napoletano, per l’esattezza a Gragnano, paese della pasta).Tra i volti meno conosciuti, va segnalata la neocoordinatrice della segreteria Marta Bonafoni, mentre la rilevante delega all’Organizzazione del partito è andata a Igor Taruffi. Ieri Il Foglio (si spera con ironia…), presentando questo ex consigliere comunale di Rifondazione, lo ha definito «il Pietro Secchia di Schlein». Sta di fatto che Taruffi ha vinto la sfida con Gaspare Righi, su cui scommetteva La Stampa (qui la presentazione lirica che ne aveva fatto il quotidiano torinese: «Segnatevi questo nome, un giovane matematico, doti da mediatore…»). Niente da fare: «il Pietro Secchia della Schlein» ha avuto la meglio sul «matematico». Resta tuttavia il dato politico. L’assemblea del Pd in cui fu proclamata l’elezione di Elly Schlein è del 12 marzo scorso, ormai quasi un mese fa. Ecco: quattro intere settimane sono servite per partorire questo risultato modesto. Perfino i giornali del gruppo Gedi, grandi sostenitori del nuovo corso Pd, hanno dovuto parlare di «via crucis della Schlein», ammettendo la fatica del dosaggio correntizio. Baruffi e Alfieri sono vicini alla minoranza di Bonaccini e Guerini; i pasdaran di sinistra fanno la parte del leone (da Provenzano al gruppo vicino a Speranza, passando per i fedelissimi della segretaria: Furfaro, Misiani, Zan); la Sereni è legata all’area di Franceschini. Lo schema è dunque chiaro: sul palco ci sarà la Schlein con i suoi, ma dietro le quinte rimarrà il solito tramestio delle vecchie correnti. Vanno infine segnalate due cose. La prima: dopo due giorni di silenzio, e dopo notevoli polemiche che erano sorte al riguardo sui social, la Schlein ce l’ha fatta a dire mezza parola di solidarietà per Silvio Berlusconi (giusto il minimo sindacale: «Sono ore e giorni di grande apprensione per la situazione di salute di Berlusconi, a cui mi sento di fare un forte augurio di pronta guarigione perché possa rimettersi al più presto»). La seconda, poi, ha addirittura dell’incredibile: dopo appena un mese come segretaria, la Schlein è già stanca. «Sono stati mesi complicati, ora mi prenderò qualche giorno per staccare e riposarmi», ha dichiarato. E qui c’è davvero da farsi cadere le braccia per il totale scollamento dalla realtà di certa dirigenza politica. Dire parole di questo genere dopo quattro settimane dall’assunzione di un incarico (e avendo peraltro una remunerazione come parlamentare) significa vivere su Marte. Ma forse è proprio questo che ha reso la Schlein «giusta» per il Pd.