2020-03-27
Schiacciato tra Draghi, Merkel e M5s il premier ora è isolato in Aula e fuori
Dopo essersi vantato del presunto consenso dilagante nei suoi confronti, Giuseppi va in Parlamento e trova un clima gelido. Solo una minoranza grillina lo difende. L'affondo dell'ex capo della Bce si è fatto sentire.Sic transit gloria mundi. È repentinamente cambiato il clima intorno a Giuseppe Conte, che fa finta di battere i pugni, in videoconferenza con Bruxelles, per farsi coraggio e difendere la sua posizione sempre più fragile e traballante. Qui sta il paradosso letteralmente surreale della serata di ieri: con il premier che tenta di rivendicare come un suo successo l'esclusione dell'intervento di quel Mes che proprio lui e Roberto Gualtieri avevano chiesto nei giorni scorsi.Ma procediamo con ordine. Ancora trentasei ore fa, Giuseppi si sentiva onnipotente: il balletto delle conferenze a reti unificate con regia e coreografia dell'onnipresente Rocco Casalino; le interviste in ginocchio degli inviati dei giornaloni per chiedergli se fosse soddisfatto dei suoi «sondaggi bulgari» e se avesse avuto il tempo di fare la spesa; e poi - appunto - quei sondaggi, talvolta forse amichevoli e pompati, che lui rilanciava feticisticamente nelle interviste, snocciolando numeri e fingendo di credere a un 62% di consenso, anzi 71%, e via lodandosi e autocelebrandosi. A poco a poco, questo cartello di carte sta andando in crisi. La prima scossa è arrivata quando, su pressing di Matteo Salvini, il capo dello Stato, che pure lo ha protetto oltre ogni misura, ha costretto Conte a incontrare formalmente le opposizioni e a presentarsi in Parlamento. Ma il colpo più duro è arrivato con l'intervento di Mario Draghi sul Financial Times, che Conte ha vissuto come un incubo. Non solo per la personale autorevolezza dell'ex presidente della Bce, ma per il divario abissale tra il piccolo cabotaggio delle propostine di Conte e Gualtieri, rispetto alla franca ammissione di Draghi sul fatto che in tempi di guerra si debba fare debito pubblico, cancellare debito privato, e garantire ampia liquidità a tutti. E il solo fatto che ieri sia sceso lo spread ha cominciato a far circolare battute su un Draghi capace di abbassarlo anche solo nelle vesti di commentatore. Tutte cose che hanno fatto imbufalire l'avvocato di Volturara Appula. Così, in uno stato di umore nerissimo, Conte si è presentato ieri in Senato, per rileggere pari pari - con poche variazioni a braccio - la stessa informativa burocraticamente illustrata la sera precedente alla Camera. Nel discorso di Conte, nessuna citazione di Draghi: una specie di rimozione, un modo per esorcizzarne l'entrata in scena. Per tutta la giornata, Conte citerà Draghi solo perché forzato e costretto dall'Ansa, che lo intercetta all'uscita da Palazzo Madama. E l'ex avvocato del popolo, ora avvocato di sé stesso, sibila: «Siamo in sintonia, serve uno shock, un'azione straordinaria», quasi per marcare la propria autosufficienza, per far sapere che intende far da sé. In Aula, Conte non fa nulla per incoraggiare una reale collaborazione con l'opposizione. L'unico a offrirgli una sponda è Pierferdinando Casini, che lancia la formula (indolore per Conte) di una commissione parlamentare speciale: un modo per blindare il governo. Tutto il resto è una presa di distanze: Matteo Renzi arriva a evocare una commissione d'inchiesta: non propriamente un elogio dell'azione di governo. Ma soprattutto è l'intervento di Matteo Salvini a gelare Conte, che lo ascolta dai banchi del governo con aria torva. Salvini lo richiama alla realtà: delle mascherine che non arrivano, del fine mese con affitti e bollette da pagare, del modello svizzero incomparabilmente più capace di garantire liquidità a cittadini e imprese. E poi, il passaggio in cui Salvini saluta e ringrazia Draghi per aver confermato la tesi del no all'austerità in tempi di emergenza. Un segnale politico significativo da parte del leader leghista, che ha fatto suonare l'allarme rosso dalle parti di Conte. Non a caso, in diversi hanno interpretato gli eventi della mezz'ora successiva, a Palazzo Madama, come suggeriti indirettamente da Conte. Ma l'imperizia dei suoi amici pentastellati tramuta tutto in un clamoroso boomerang. Interviene infatti il capogruppo M5s Gianluca Perilli, che, pretestuosamente e fuori contesto, aggredisce verbalmente Salvini («monumento all'incoerenza», «dichiarazioni propagandistiche»). Un'azione da bodyguard, da buttafuori rissoso, che - alla fine della fiera - ha fatto più male che bene a Conte, accentuandone un'immagine isolata e incattivita. Anche sul Mes, l'ambiguità dell'atteggiamento grillino non ha aiutato il governo. Da un lato, i grillini hanno resistito alle richieste dell'opposizione di formalizzare con una risoluzione il no al ricorso al Fondo salva Stati, ma dall'altra le prese di posizione fortemente contrarie al Mes di Luigi Di Maio (ieri) e del capogruppo grillino alla Camera Davide Crippa (l'altro ieri), hanno ulteriormente ristretto il margine di movimento del già tremebondo Gualtieri. In questo stato d'animo, il premier ha atteso le 16, cioè l'inizio del Consiglio europeo in videoconferenza, come una battaglia per la sua personale sopravvivenza. Alle 19.30, l'indiscrezione veicolata da Palazzo Chigi: Conte non accetta le conclusioni. Trovatosi con le spalle al muro, il premier ha di fatto tentato l'ultima scommessa: provare a forzare nei prossimi dieci giorni, facendosi forte - pensa - dell'alleanza di altri otto stati, e della necessità di trovare un qualche compromesso tra fronte nordico e paesi mediterranei. Obiettivo? Presentare ogni eventuale millimetro in più come un suo personale successo. Ma le fragilità del premier sono ormai evidenti a tutti, tranne che nella metaforica sala degli specchi allestita intorno a lui a Palazzo Chigi.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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