2024-10-16
Scarpinato dimentica pure il pudore. «Nascondete le mie intercettazioni»
Roberto Scarpinato e Gioacchino Natoli (Ansa)
L’ex pm protesta contro il governo che vuole porre una stretta alle captazioni, poi scrive alla presidente dell’Antimafia chiedendole di non divulgare le sue. Almeno pubblica i redditi: 305.000 euro e sei immobili.Neanche nei loro sogni più psichedelici i garantisti del Belpaese potevano prefigurarsi quanto sta accadendo nel campo avverso, quello della tribù degli Intercettateci tutti. Il loro capo, l’ex pm Roberto Scarpinato, oggi senatore grillino, dopo aver assicurato di non essere turbato dalla notizia, rivelata dalla Verità, dell’arrivo in Commissione Antimafia delle sue intercettazioni con l’indagato Gioacchino Natoli e di non avere nulla nascondere, ha fatto un’inversione a «u» e ha tentato la carta della disperazione per bloccare la consultazione delle sue conversazioni da parte dei colleghi. Ha preso carta e penna, e incurante degli inevitabili pernacchi che accompagneranno la sua iniziativa iper garantista (a propria tutela), ha scritto alla presidente della commissione Chiara Colosimo, propensa a condividere quelle trascrizioni con i colleghi. Una lettera accorata con cui si gioca il tutto per tutto. Va detto, con un certo coraggio. Anche in considerazione del possibile effetto boomerang della sua iniziativa: «Si chiede di volere provvedere alla immediata restituzione alla Procura della Repubblica di Caltanissetta delle trascrizioni delle intercettazioni casuali tra il dottor Natoli e lo scrivente, nonché delle informative e degli atti nei quali si fa riferimento alle predette intercettazioni». Il senatore, dunque, spinge per far tornare in Trinacria quelle telefonate che tanto imbarazzo potrebbero destare in lui e in chi da sempre lo sostiene. Scarpinato suggerisce alla Colosimo di «richiedere alla Procura della Repubblica di Caltanissetta di volere provvedere a una nuova trasmissione alla Commissione delle predette intercettazioni solo dopo il deposito degli atti ai sensi dell'articolo 415-bis codice di procedura penale o comunque dopo l'esaurimento da parte del giudice delle indagini preliminari della selezione delle intercettazioni rilevanti per le indagini» e «in subordine agli stessi fini si chiede il prolungamento della segretazione da parte di questa Presidenza ed il conseguente divieto di accesso dei componenti della Commissione agli atti trasmessi, sino al deposito degli atti da parte della Procura della Repubblica di Caltanissetta».In sostanza Scarpinato prova a prendere tempo e spera che in un secondo invio, forse dopo aver appreso, in via informale, qualche notizia sulle intercettazioni già inviate, evidentemente considerate dai suoi informatori in parte irrilevanti. Per capire l’importanza dell’istanza bisogna ricordare che queste conversazioni potrebbero contenere i retroscena dell’audizione di Natoli in Antimafia, esame che sarebbe stato puntigliosamente preparato dall’indagato insieme all’amico Scarpinato.I due potrebbero aver concordato domande e risposte anche sulla versione da dare sulla celebre riunione del 14 luglio 1992 in cui Paolo Borsellino, cinque giorni prima della sua morte, sarebbe stato informato della richiesta di archiviazione per un gran numero di imprenditori indagati nell’inchiesta mafia e appalti.Ma la coppia potrebbe anche aver espresso giudizi poco lusinghieri sui famigliari di Borsellino e sulla stessa presidente della commissione che da tempo stanno indagando sui reali motivi della strage di via D’Amelio, collegandola proprio al procedimento mafia e appalti e anche alla sua costola, l’inchiesta sugli affari di alcuni fedelissimi di Totò Riina, come i fratelli Antonino e Salvatore Buscemi e il sodale Francesco Bonura. La chiusura sospetta di questo filone ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati per favoreggiamento della mafia dello stesso Natoli e dell’ex collega Giuseppe Pignatone, oggi presidente del Tribunale vaticano.Alla sorprendente richiesta di restituzione delle trascrizioni alla Procura di Caltanissetta ha fornito un assist non da poco la difesa di Natoli che avrebbe scoperto che una delle presunte pistole fumanti dell’accusa (l’ordine di smagnetizzazione delle bobine del 1992 e di distruzione dei relativi brogliacci, comando aggiunto a penna) non sarebbe altro che «un provvedimento prestampato, all'epoca, normalmente usato quando si archiviava o in casi definiti con sentenza. Una prassi, dunque».I rinforzi sono arrivati anche da giornali amici che hanno subito mandato un consiglio non richiesto alla Colosimo: «La Commissione dovrebbe prendere atto e iniziare a girare alla larga dai terreni fluidi come le indagini in corso a Caltanissetta». Intanto gli uffici di Camera e Senato stanno cercando di dare una risposta certa sulla possibilità di rendere consultabili per i commissari le intercettazioni della discordia. L’iniziativa di Scarpinato ha suscitato stupore in molti suoi colleghi. Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che è anche componente della commissione Antimafia, ha dichiarato con un certo divertimento: «Sono esterrefatto nell'apprendere che i grillini avrebbero voluto che si rinviassero, immagino anche per volontà di Scarpinato, gli atti della procura di Caltanissetta […]. In molti altri casi analoghi i grillini e i loro giornalisti di riferimento hanno pubblicato e diffuso di tutto. Bene fa la commissione Antimafia, invece, a depositare e a consentirci di esaminare queste intercettazioni. La reazione di Scarpinato e dei suoi sodali è veramente temeraria. Fautori della trasparenza, un tempo pronti ad aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ora si vogliono asserragliare dietro privilegi e trasparenze negate a tutela di sé stessi. Non glielo con-sen-ti-re-mo. Ci accingiamo a leggere questi atti con molto interesse».In ufficio di presidenza sono state ripercorse le tappe del caso che coinvolge Scarpinato, ricordando che la Procura di Caltanissetta ha inviato lo scorso 5 settembre un fascicolo alla commissione contenente le intercettazioni tra il senatore e Natoli. Poi durante la riunione, Scarpinato ha ufficialmente chiesto alla commissione che gli atti trasmessi fossero reinviati alla Procura nissena per evitare il rischio che «strumenti investigativi di particolare invasività […] possano essere impiegati con scopi persecutori o di condizionamento». La richiesta, sostenuta in primis dal vice presidente Federico Cafiero de Raho, è stata, però, respinta ed è stato disposto che quegli stessi atti saranno invece diffusi ai membri della commissione seppure in regime di segretezza. La Colosimo ha, anche, annunciato una proposta di modifica della legge istitutiva della commissione per contrastare conflitti di interessi. I casi più recenti sono proprio quelli di Scarpinato e De Raho e in situazioni simili si chiederebbe ai parlamentari di astenersi dalle attività su fatti che li riguardino, compresa la consultazione di documentazione e atti di specifiche inchieste.La proposta di legge dovrebbe essere approvata in tempi rapidi. Ieri, per Scarpinato è stata una giornata di sdoppiamenti. Infatti in mattinata si è esibito nel suo miglior pezzo: l’«Intercettateci tutti» con arrangiamento grillino. Salvo poi smentirsi immediatamente. L’occasione è stata offerta dall’inchiesta della Procura di Roma sulle presunte mazzette in Sogei. «Le intercettazioni per questo grave caso di corruzione sono durate alcuni mesi, la tagliola dei 45 giorni (prevista dalla maggioranza per alcuni reati, ndr) avrebbe fermato tutto» hanno denunciato in un breve comunicato sette parlamentari grillini, tra cui lo stesso ex pm. Ma, intanto, il Movimento 5 stelle e lo stesso Scarpinato, come detto stanno provando a evitare, per motivi di privacy, la consultazione da parte dei membri della commissione Antimafia delle trascrizioni.A parziale consolazione per il povero (si fa per dire) Scarpinato, ieri è emerso, grazie al deposito delle dichiarazioni patrimoniali dei parlamentari, che lo stesso ex pm è il senatore grillino di gran lunga più ricco insieme a Cafiero De Raho. L’ex Pg di Palermo ha dichiarato un reddito, tra stipendio da parlamentare, pensione da magistrato e altre eventuali entrate, di 305.000 euro, a cui si aggiungono due appartamenti a Palermo, quattro fabbricati ereditati a Caltanissetta dal padre e un terreno agricolo lasciato dalla madre a lui e ad altri cinque parenti. Ma, citando, il titolo di una vecchia soap, anche i ricchi piangono. E, soprattutto, vengono intercettati.