2023-03-11
Contrordine intellò: se la Meloni li attacca alla fine gli scafisti non son poi così male
Arresto di uno scafista a Pozzallo (Ansa)
Davanti al pugno duro del governo i media progressisti sfiorano il ridicolo: «Non è colpa loro. I “trafficanti”? Un’idea di destra».Si muovono insieme, tutti nella stessa direzione, come banchi di pesci tropicali. E quando uno cambia direzione all’improvviso, tutti svoltano all’unisono. Come fossero un sol uomo: l’intellettuale immigrazionista collettivo. Fisime, slogan, parole d’ordine, battute, argomentazioni: tutto uguale, tutti insieme, tutti nello stesso momento. Ora la linea unica è: difendere gli scafisti. Si tratta di un significativo slittamento rispetto a un tabù linguistico che ha retto per sin troppo tempo: se gli immigrati vengono ormai da tempo idealizzati, descritti con lenti tinte di rosa, sugli scafisti fino a poco tempo fa pendeva la quasi unanime condanna. Ora non è più così. Tanto più dopo che il governo Meloni ha deciso di dichiarare loro guerra. Eccoli allora scattare con una sincronicità stupefacente. Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, twitta: «Poi un giorno qualcuno spieghi a Meloni, Salvini e a chi li vota che la gente non parte per colpa degli scafisti, ma perché noi siamo ricchissimi e loro poverissimi, perché gli abbiamo rubato tutto e portato la guerra in casa, in tutto il globo terracqueo». Stefano Cappellini di Repubblica gli fa eco: «L’espressione “trafficanti di esseri umani” è di per sé un’invenzione narrativa della destra, un’arma di distrazione: i migranti non si fanno “trafficare” dagli scafisti, vogliono un futuro per sé e i loro figli e usano i mezzi che restano quando ogni porta è chiusa» (criticato per questo tweet, risponderà attaccando «la stampa dei Visegrad subalpini» che ha osato contraddirlo). La linea è tracciata, tutt’al più resta qualche divergenza puramente lessicale. Come sulla distinzione tra scafisti e trafficanti. Eleonora Camilli, giornalista per Redattore sociale, puntualizza: «Meloni usa “scafisti” e “trafficanti” come sinonimi. Per “scafista” si intende chi è alla guida dell’imbarcazione. Il “trafficante” è chi organizza i viaggi all’interno di una rete internazionale e difficilmente si imbarca per un viaggio di morte. Ma la confusione non è casuale». La pensa così anche la scrittrice Ginevra Bompiani, che a Zonabianca del 5 marzo ha chiarito che i trafficanti «non sono gli scafisti. Gli scafisti sono dei disgraziati, saranno anche antipaticissimi, ma sono dei disgraziati che vengono buttati, messi nelle navi dove corrono gli stessi pericoli…». Quindi il foglio d’ordini recita: scafisti buoni. Trafficanti, per ora, cattivi. Almeno fino al prossimo slittamento della finestra di Overton. Ci si ricorderà, del resto, del report di Arci Porco Rosso, Borderline Sicilia e Borderline Europe che delineava una vera e propria apologia dello scafista e di cui avevamo già dato conto sulla Verità. Vi si leggevano cose come: «La nostra ferma convinzione è che l’atto di guidare una barca e di trasportare migranti non dovrebbe essere di per sé un crimine. Le ragioni dietro la decisione di qualcuno di guidare una barca - che sia per il proprio progetto migratorio, o sotto minaccia di violenza, o per incentivi monetari - non modifica questa posizione». In tutto il documento, gli scafisti erano soprannominati «capitani»… Cappellini, comunque, ci è tornato su anche ieri su Repubblica, denunciando «il tentativo di creare una narrazione che scarichi ogni colpa sui trafficanti. Non solo quella specifica dei morti di Cutro, ma più in generale quella di generare il fenomeno, come se le migrazioni fossero effetto dell’esistenza dei trafficanti e non, casomai, il contrario. La scelta di concentrare l’attenzione su questi “cattivi”, oltre che un tentativo più o meno conscio di allontanare l’etichetta da sé, ha prodotto una tipica reazione all’italiana: l’introduzione di nuove fattispecie di reato e di pene più severe». Lo stesso giornalista che, quando si discuteva del ddl Zan, pur sollevando delle obiezioni su alcuni aspetti del testo, dichiarava che «è logico e sacrosanto che tutti i progressisti siano favorevoli alla legge», ora scopre il problema dell’ipertrofia legislativa. Servono più reati d’opinione, leggi contro l’omofobia, la transfobia, il razzismo, l’antisemitismo, ma, per carità, una norma contro quei bravi ragazzi dei trafficanti è di troppo. Ovviamente che non siano trafficanti e scafisti a creare il problema delle migrazioni è una banalità a cui anche noi della Visegrad subalpina eravamo arrivati. Il problema della droga, del resto, lo creano forse i soli spacciatori? E la mafia non affonda le radici in complesse questioni sociali, culturali, politiche che risalgono alla notte dei tempi, di cui gli stessi picciotti sono in qualche modo il risultato? Tutto vero, ma a forza di cercare sempre un problema più «a monte», secondo il sinistrese più stereotipato, va a finire che a valle nessuno deve più rispondere di nulla. Anche l’osservazione che le associazioni di trafficanti sono piramidali e che spesso a essere beccati sono i pesci piccoli è vera, ma insulsa. Anche i pusher che trovate ai giardinetti sono l’ultima ruota del carro, mica sono loro a comprarsi le ville con i milioni del narcotraffico. Il punto è che stanno su un carro di criminali.
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)
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