Saviano dà di matto per la scorta che nessuno gli vuole portare via

Genesi di uno psicodramma. Matteo Salvini, onnipresente sui media, è ospite la mattina presto ad Agorà, su Rai 3. La conduttrice, Serena Bortone, dopo apposito servizio con le dichiarazioni dell'autore di Gomorra, gli pone specifica domanda: «La vuole togliere la scorta a Saviano? Lo scrisse in un post ad agosto». Salvini sorride e scuote il capoccione: «Saranno le istituzioni competenti a valutare se corre qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto tempo all'estero», dice. «È giusto valutare come gli italiani spendono i loro soldi. Però è l'ultimo dei miei problemi. Gli mando un bacione. Mi provoca tanta tenerezza e tanto affetto».
Subito, sui giornali online si scatena il pandemonio. «Da Salvini avvertimento a Saviano: “Valutiamo se gli serve la scorta"», tuona Repubblica. A leggere titoli e articoli, sembra che Salvini si sia alzato ieri mattina, e, indispettito dai continui attacchi dello scrittore a mezzo stampa e Web, abbia deciso di fargliela pagare muovendo chi di dovere per fargli togliere la scorta. Fosse davvero così, sarebbe una scelta parecchio discutibile, un gesto un po' infantile, da bulletto. Solo che le cose sono andate in maniera un poco differente da come sono state raccontate dai più. Salvini ha risposto a una domanda sulla scorta, non ha tirato fuori la questione spontaneamente. E, se vogliamo essere onesti, ha fatto capire che della faccenda non gli frega niente.
Qualche ora dopo, con un video messaggio, è tornato sull'argomento per chiarire ulteriormente: «Non dedico tempo alle polemiche inesistenti», ha dichiarato. «Saviano... Figuratevi se con questi problemi mi interessa quello che fa e dice Saviano che continua a insultarmi giorno e notte. Non sono io a decidere sulle scorte, ci sono gli organismi preposti che decideranno chi va protetto e come va protetto. Che Saviano continui a scrivere, continui a fare, continui a pontificare... È l'ultimo dei miei problemi». Fine della querelle? Mica tanto. L'intero mondo progressista si è scatenato. Marco Minniti ha tirato in ballo la morte di Marco Biagi. Nicola Fratoianni ha dipinto scenari degni del Padrino: «Immagino che stamani i capi dei clan dei Casalesi abbiano applaudito a scena aperta». E poi Laura Boldrini, Pier Luigi Bersani, Graziano Delrio, Roberto Speranza, Angelo Bonelli, Pietro Grasso, Alessia Rotta: tutti si sono affrettati a spargere indignazione. Twitter sembrava esplodere, a Roma qualche volonteroso ha pure organizzato un flash mob per ribadire che «Saviano non si tocca».
Ovviamente, da uomo attento alle parole e alle sfumature del linguaggio, Saviano medesimo non ha perso l'occasione per ribadire il suo status di vittima (della mafia, dei populisti cattivi, degli italiani ingrati eccetera). In un post su Facebook lo scrittore, con voce da attore teatrale, ha scodellato il repertorio: «Scortato da 11 anni, minacciato da clan, pensi mi piaccia? E secondo te, Salvini, io sono felice di vivere così da 11 anni? Da più di 11 anni. Ho la scorta da quando ho 26 anni, ma pensi di minacciarmi, di intimidirmi? In questi anni sono stato sotto una pressione enorme, la pressione del clan dei Casalesi, la pressione dei narcos messicani. Ho più paura a vivere così che a morire così. E quindi credi che io possa avere paura di te? Buffone».
E non è mica finita. «Le parole pesano, e le parole del ministro della Malavita, eletto a Rosarno (in Calabria) con i voti di chi muore per 'ndrangheta, sono parole da mafioso. Le mafie minacciano. Salvini minaccia», ha aggiunto Saviano. «Matteo Salvini è alla costante ricerca di un diversivo e attacca i migranti, i rom e poi me perché è a capo di un partito di ladri: quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati».
Oddio, può anche darsi che Salvini cerchi diversivi. Però va notato che pure Saviano nella polemica sguazza niente male. Negli ultimi giorni è tornato in auge come leader della sinistra italiana, ha perfino annunciato che sabato parteciperà al grande picnic dei migranti organizzato dal Pd a Milano.
Non sembra esattamente un uomo provato dalla battaglia politica. Anzi, non perde occasione per tuffarsi nella mischia. Almeno nell'agone mediatico, è chiaro, può tranquillamente fare a meno della scorta. Che, per altro, nessuno vuole toglierli davvero.






