2025-01-30
Santanchè, la decisione slitta a oggi
Dovrebbe arrivare in giornata il verdetto sulla competenza territoriale del caso Visibilia. Il Pg chiede che il processo resti a Milano, la difesa del ministro spinge per Roma.Ieri sarebbe dovuto essere il giorno della verità per il ministro del Turismo Daniela Santanchè, o perlomeno il giorno del punto di svolta. Invece la tanto attesa decisione sulla competenza territoriale del filone di indagine sul caso Visibilia che la vede accusata per presunta truffa aggravata all’Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid, alla fine verrà presa oggi. Alla Cassazione spetta decidere se gli atti devono restare a Milano oppure essere trasmessi alla Procura di Roma, dopo che lo scorso 23 ottobre il Gup di Milano aveva riconosciuto la questione preliminare sollevata dalla difesa e rimandato per la decisione ai giudici di piazzale Clodio. Per la difesa la sede naturale è la Capitale «perché li si trova il server dell’Inps e anche perché il primo versamento è intervenuto su un conto romano». Il Pg invece, d’accordo con la Procura di Milano e l’avvocato dell’Inps che si è costituito parte civile, ritiene che la competenza debba rimanere milanese. Sembra una sciocchezza, ma lo spostamento di sede allungherebbe di molto le procedure facendo guadagnare tempo al ministro che ha promesso che in caso di rinvio a giudizio si dimetterebbe per opportunità politica, al contrario di quanto fatto con l’altro filone di indagine per cui è accusato di falso in bilancio. Nell’indagine che attualmente è coordinata dai pm milanesi risultano coinvolti 13 dipendenti che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo - e quindi continuando a lavorare - causando un «dann»' di oltre 126.000 euro versati dall’ente pubblico a Visibilia. A Santanchè viene imputato dai pm di aver «dichiarato falsamente» che quei dipendenti fossero in cassa «a zero ore», mentre invece svolgevano le «proprie mansioni» in «smart working». Accusa dalla quale la senatrice di Fratelli d’Italia nei mesi scorsi si era difesa, a detta di tutti molto bene, in Parlamento. Secondo alcune fonti è questa decisione che aspetterebbe il premier Giorgia Meloni per incontrare come atteso il suo ministro che intanto commenta a sua volta l’iscrizione nel registro degli indagati del premier e degli altri ministri per il caso Almasri ritenendo il fatto «vergognoso». Intanto però tutta questa attesa ha sollevato decine di illazioni. «Ci sono alcune domande che sorgono spontanee: tutta la destra chiede le sue dimissioni di Daniela Santanchè e lei dice di fregarsene tirando continuamente in ballo la seconda carica dello Stato. Cosa c’è sotto? Ha qualcosa in mano? Cosa c’entra La Russa? C’è qualcosa che le consente di fregarsene? E poi un’altra domanda è: cosa dobbiamo aspettare ancora perché sia rispettata l’onorabilità delle istituzioni? C’è un rinvio a giudizio, un’altra inchiesta per truffa ai danni dello Stato, risultati politici deludenti. Forse è il momento che il presidente del Consiglio si assuma le sue responsabilità rimuovendola dall’incarico», si chiede Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra. Il dem Vinicio Peluffo, capogruppo in commissione attività produttive della Camera, ieri è stato anche più esplicito: «Non è che Meloni continua a ripetere che non è ricattabile perché cerca di autoconvincersi di un qualcosa che non corrisponde a verità? All’interno della maggioranza assistiamo infatti a ricatti e giochi di potere che apprendiamo fra l’altro ogni giorno a mezzo stampa. Meloni dovrebbe uscire fuori da questa situazione imbarazzante e dire al ministro Santanchè di fare un passo indietro. O non può farlo?».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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