2025-05-03
Sánchez nasconde la causa del blackout per non ammettere l’harakiri ecologista
Il governo iberico sa che il guaio è stato generato da un sistema sbilanciato sulle energie rinnovabili. La verità però è un tabù.Il disastro di Red Eléctrica è anche comunicativo: «Siamo i migliori di tutta Europa».Lo speciale contiene due articoliMa, secondo voi, ce la diranno la causa del blackout? Io dico di no, e per due ragioni. Intanto, perché hanno subito messo le mani avanti con una stravaganza - quella delle vibrazioni atmosferiche - che, solo a leggerla, lasciava senza parole: excusatio non petita, eccetera. Poi perché a oggi non dicono nulla: dicono che devono ancora capire. Il fatto stesso che debbano ancora capire dovrebbe giustificare le massime autorità politiche a licenziare in tronco gli ingegneri preposti al controllo della stabilità della rete. Non perché essa è stata instabile, ma perché neanche ne sanno la ragione. Siccome le massime autorità politiche iberiche non licenziano nessuno, la cosa più probabile è che esse siano state informate della causa esatta dello scompenso. E non la dicono solo perché non possono dirla. Sono ancora a cogitare una possibile «spiegazione» da fornire al popolo bue.Qualunque sia la spiegazione che forniranno, rimane una profonda verità: su eolico e fotovoltaico deve essere messa una pietra tombale. Perché, anche quando lo scompenso elettrico causa del blackout iberico non fosse da attribuire a queste tecnologie ballerine, il fatto è che esse sono ben suscettibili a generare simili scompensi. Il sistema elettrico funziona secondo un principio fondamentale: l’equilibrio istantaneo tra domanda e produzione e la quantità di energia elettrica prodotta deve corrispondere esattamente, in ogni istante, a quella consumata. Al momento del collasso iberico, la produzione elettrica era garantita, leggo, per oltre il 70% da eolico e fotovoltaico. Naturalmente in questi casi in cui ci si affida così tanto a queste tecnologie, la possibilità di scompensi è elevata (che so, un calo di vento o un cielo che si annuvola rapidamente). Nulla di grave se si è predisposti a compensare gli scompensi. Ma come si compensa agli scompensi? Ecco, qui casca l’asino: con gli impianti che non si vogliono, cioè quelli a combustibili fossili e, specificamente, quelli a turbogas, purché siano collegati in rete e, soprattutto, purché siano già accesi. Perché solo se sono collegati e accesi lo scompenso si rimedia in pochi secondi. Va detto che quando lo scompenso è importante, la presenza di impianti nucleari aggrava la situazione, perché questi, in presenza di scompenso si spengono automaticamente per sicurezza, cosicché lo scompenso diventa ancora più importante. Per dirla tutta, gli impianti nucleari non possono permettersi di subire un blackout perché i loro circuiti di raffreddamento funzionano con l’elettricità e, in mancanza di questa dalla rete, devono generarsela da soli con generatori diesel in loco, che devono essere perfettamente funzionanti, pena effetto Fukushima. Allora, qui siamo a un’impasse: il Green deal di Ursula von der Leyen vuole eolico e fotovoltaico - e, per non farsi mancare niente in questo «deal» (vien da ridere a chiamarlo così) vuole anche l’autotrazione elettrica - allo scopo di azzerare l’uso dei combustibili fossili, ma eolico e fotovoltaico richiedono, per funzionare in sicurezza, tutti gli odiati impianti, massimamente quelli a turbogas (per la precisione, anche quelli idroelettrici farebbero allo scopo, ma non sempre le condizioni idrogeologiche permettono di averne a sufficienza). Inoltre, quando si ha la certa certezza che quelli alternativi non funzionano (per esempio i fotovoltaici certamente non funzionano per ben 16 ore al giorno, tra le 5 della sera e le 9 del mattino), bisogna affidarsi solo agli odiati convenzionali, e riguardo a essi, non se ne può chiudere neanche uno a fronte dell’apertura di qualcuno alternativo. Perché neanche uno? Perché quelli alternativi contribuiscono zero quando la domanda è massima. Insomma, gli impianti odiati sono indispensabili esattamente come sono indispensabili i vigili del fuoco, cui bisogna pagare lo stipendio giornaliero anche nei giorni privi di incendi, altrimenti si licenzierebbero per un lavoro meglio pagato, e nei giorni d’incendio ci si dovrebbe attaccare al tram. Ed esattamente come i vigili del fuoco, anche i proprietari degli odiati impianti convenzionali vogliono essere pagati anche se gli impianti sono spenti ed esser pagati ancora di più se, oltre che spenti, gli impianti sono accesi e in rete, pronti come riserva calda (o «rotante», che dir si voglia) in caso di scompensi. Si può giocare d’azzardo e tenerli spenti - risparmiando sul gas - ma a giocare d’azzardo ogni tanto si perde. Successe una domenica di molti anni fa in Italia, quando lo scompenso fu causato da una repentina interruzione di energia elettrica d’importazione dalla Francia (che transitava per la Svizzera) senza che fossero pronti i necessari turbogas a compensare e quasi l’intero Paese rimase al buio. Nessuna meraviglia che questo è quel che è successo agli iberici. Ma non ce lo diranno mai, neanche sotto tortura: dovrebbero ammettere di aver sbagliato tutto ad aver seguito Ursula e le sue paturnie.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sanchez-nasconde-causa-blackout-spagna-2671884197.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="intanto-madrid-corre-ai-ripari-solare-tagliato-e-ora-a-tutto-gas" data-post-id="2671884197" data-published-at="1746231746" data-use-pagination="False"> Intanto Madrid corre ai ripari: solare tagliato e ora a tutto gas Red Eléctrica (Ree) sta utilizzando meno fonti rinnovabili per soddisfare la domanda fisica di energia elettrica, dopo il devastante blackout di lunedì scorso. La capacità fotovoltaica chiamata a produrre è scesa dal 54,86% del giorno del blackout (alle ore 12.30) a una più modesta forchetta 31-38% nei giorni lavorativi seguenti. Ieri, all’ora indicata, c’erano 9.457 Megawatt (Mw) in rete contro i 17.677 del giorno dell’incidente. Specularmente è aumentato l’utilizzo della capacità elettrica alimentata a gas, dal 3% del giorno del blackout (e di molti giorni precedenti) si è passati al 23% il 29 aprile, giorno di ripartenza del sistema, al 12,5% e al 15,4% nei due giorni lavorativi seguenti. Ree sta dunque tagliando una buona parte dell’enorme produzione fotovoltaica nelle ore di picco massimo di produzione. Evidentemente, nonostante la corsa a difendere le rinnovabili dall’accusa di aver reso fragile la rete iberica, il gestore considera più sicuro affidarsi alla generazione convenzionale per evitare rischi di nuovi squilibri sulla rete. Un nuovo tassello nella ricostruzione di quanto accaduto, che si unisce ad altri. In primis, le parole della presidente di Red Eléctrica (Ree), Beatriz Corredor. Parlando alla radio il 30 aprile l’ex ministro socialista del governo Zapatero ha difeso l’operato di Red Eléctrica. Invitando ad attendere i risultati dell’inchiesta, per la quale si prevedono tempi lunghi. Ha smentito l’ipotesi di un possibile effetto dell’energia fotovoltaica sull’evento e ha detto che la Spagna ha «il miglior sistema d’Europa». Autogol comunicativo da manuale: se il miglior sistema d’Europa crolla in quel modo, non c’è da stare allegri. Subito dopo Corredor ha detto però che Red Eléctrica ha già «più o meno individuato» la causa dell'accaduto, e che «oggi non succederà più, perché abbiamo imparato». Affermazioni sorprendenti, il cui significato è che la causa del problema è già stata identificata e corretta da Ree. Perché non dirlo apertamente, allora? Forse perché si tratta di verità scomode. La correzione potrebbe proprio essere, nell’immediato, il maggiore utilizzo di fonti convenzionali come quella a gas, che fornisce l’inerzia necessaria a mantenere stabile la frequenza. Molto probabilmente, Ree nel frattempo sta provvedendo a verificare le tipologie di inverter degli impianti fotovoltaici o a correggere la taratura delle apparecchiature. In un’altra intervista, Corredor ha affermato che il rafforzamento dell’interconnessione elettrica con la Francia è una possibile soluzione per impedire che si verifichi un nuovo blackout, dato che la penisola è elettricamente un’isola. Dunque, al «miglior sistema d’Europa» mancano parecchie cose, in realtà. Poi ci sono gli allarmi di Red Eléctrica, che già nel maggio 2024, in un rapporto, sollecitava l’attenzione sul problema dei piccoli generatori rinnovabili, che stavano mettendo a dura prova l’infrastruttura. Vi è poi il rapporto finanziario di Redeia, la holding che detiene Ree, che nel febbraio di quest’anno scriveva: «L’elevata penetrazione della generazione di energia rinnovabile senza le necessarie capacità tecniche per una risposta adeguata ai disturbi (piccoli generatori o generatori per autoconsumo) può portare a disconnessioni della generazione, che potrebbero essere gravi e generare uno squilibrio». Poco più oltre, Redeia diceva anche: «La chiusura delle centrali elettriche convenzionali, come quelle a carbone, a ciclo combinato e nucleari comporta una riduzione della potenza costante e della capacità di bilanciamento del sistema elettrico, nonché della sua resilienza e inerzia. Ciò potrebbe aumentare il rischio di incidenti operativi». Poi ci sono i disservizi verificatisi nei giorni precedenti al blackout: il 22 aprile attorno a Madrid la rete ferroviaria si era bloccata per sbalzi di tensione anomali e una raffineria petrolifera era rimasta al buio. Forse questi sono casi locali legati alla rete locale di distribuzione, o forse no. Gli strumenti hanno registrato in Europa un’oscillazione inter-area che la rete spagnola non ha gestito, afflosciandosi in cinque secondi. Ma qualunque sia la causa originaria, il fatto è che la rete spagnola non ha retto e il blackout c’è stato. Le rassicurazioni di Corredor (problema già corretto) e il successivo comportamento di Ree (meno fotovoltaico in rete) puntano in una direzione chiara. Si attende la verità ufficiale.
George Soros e Howard Rubin (Getty Images)