Clamorosa trattativa Shell-BP. Germania, dal 2035 energia scarsa. Petrolio iraniano in Cina, i numeri. Blackout, la Spagna cambia le regole.
Rapporto sul blackout spagnolo, REE sotto accusa. Congo e Ruanda a un passo dall’accordo. Gli USA avvertono UK: attenzione alle pale eoliche cinesi. Aumentano i costi assicurativi sulle rotte iraniane. Nippon Steel compra US Steel con la benedizione di Trump.
Pedro Sánchez (Ansa)
Il report sul caos del 28 aprile svela: rinnovabili spinte a spese della sicurezza, per tenere le bollette artificiosamente basse.
Il governo spagnolo, dopo 50 giorni dai fatti, ha finalmente reso pubblico il proprio rapporto sul blackout elettrico verificatosi nella penisola iberica il 28 aprile scorso.
Nelle 182 pagine di relazione, pur nascondendo molto, il governo non può negare l’evidenza ed è costretto ad ammettere che il sistema elettrico spagnolo al momento del blackout non era dotato di adeguati sistemi per mantenere stabile la rete (cosa che La Verità e diversi esperti avevano da subito indicato come causa del crollo della rete elettrica spagnola).
Le conclusioni del rapporto hanno una valenza soprattutto politica: il blackout ha una radice politica, non tecnica. Il governo spagnolo ha spinto molto sulle fonti rinnovabili, incentivando uno sviluppo enorme del fotovoltaico senza investire nella sicurezza della rete, provocando l’illusione di prezzi bassi. Una allucinazione collettiva, che occultava i costi necessari a mantenere l’equilibrio della rete in presenza di una preponderanza di produzione da fonti rinnovabili.
Ne è dimostrazione il fatto che, dal giorno dopo il blackout, il gestore della rete spagnola ha aumentato stabilmente la quota di generazione sincrona convenzionale (gas e nucleare) e diminuito la quota di generazione rinnovabile (fotovoltaico, eolico). Ciò ha fatto alzare i costi in bolletta in Spagna, sino a quel momento tenuti artificialmente bassi perché con minimi oneri per la sicurezza del sistema. Tutto ciò per poter dire, politicamente, che le fonti rinnovabili costano poco.
Se non si investe nella stabilità della rete (con accumuli, compensatori sincroni, inverter di nuova generazione) e se nella gestione giornaliera non si dota il sistema di adeguati strumenti per gestire la frequenza e controllare la tensione, lì per lì i costi sono bassi. Ma solo fino a quando il sistema non implode, come fatalmente è avvenuto. E ora emergono i costi. Lo stesso rapporto del governo indica la necessità di integrare la rete con compensatori sincroni e di fare in modo che anche le fonti rinnovabili concorrano a regolare la tensione; tutte cose che costano. La verità è questa: le fonti rinnovabili non sono gratis, non costano «poco» e vanno gestite, il che comporta costi.
Il rapporto del governo, per quanto attribuisca ai produttori parte delle responsabilità, mette in una posizione delicata la presidente di Redeia, l’avvocato socialista Beatriz Corredor, che da quasi due mesi si sbraccia proclamando l’innocenza della controllata Ree. Il governo di Pedro Sánchez, già in crisi per gli scandali di corruzione, è appeso a un filo.
Il ministro per la Transizione ecologica, Sara Aagesen, ammette che la rete elettrica spagnola al momento del blackout aveva troppa generazione rinnovabile rispetto a quanta era possibile gestirne senza incidenti. «Il sistema era in una situazione con limitate capacità di controllare la tensione. […] Ogni disconnessione di generazione rinnovabile ha provocato un aumento delle sovratensioni. […] Ogni disconnessione ha portato il sistema a un punto dove, in assenza di sistemi per assorbire potenza reattiva, è iniziata una reazione a catena».
Nei giorni e nelle ore precedenti il blackout vi sono state oscillazioni della frequenza che hanno causato sovratensioni, ma il rapporto non ne spiega l’origine, dandole come dato di fatto. Una di queste oscillazioni, secondo il rapporto, ha avuto origine da una centrale solare nel sudovest della Spagna, vicino a Badajoz.
La relazione non può evitare di dire che il primo fattore a «concorrere» al blackout è stata l’insufficiente «capacità di controllo dinamico della tensione del sistema». La pianificazione della generazione necessaria per stabilizzare il sistema, decisa dal gestore della rete Red eléctrica (Ree), era cioè insufficiente in partenza, con l’utilizzo di sole dieci centrali convenzionali (gas, carbone, nucleare), ovvero il valore più basso di tutto il 2025. Questo a fronte di un enorme utilizzo di produzione fotovoltaica, priva della capacità di regolare dinamicamente la tensione. C’è di più: già il giorno 27, una delle dieci centrali aveva comunicato a Ree la propria indisponibilità per il giorno dopo. Ma Ree decise di non riprogrammare e di non chiamare un altro impianto, scegliendo di gestire il sistema per il giorno 28 con nove impianti solamente. Questo anche se avrebbe potuto sostituire quella centrale indisponibile con altre, chiamando un altro produttore.
Dunque, la rete elettrica arriva al blackout in un giorno in cui vi sono continue oscillazioni e sovratensioni (la cui origine resta non indagata dal rapporto) e in cui Ree programma il minimo numero di impianti adatti a gestire tali problemi. Quando vede la situazione peggiorare, nel tentativo estremo di stabilizzare la rete colpita dalle sovratensioni, alle 12:26 del 28 aprile, Ree chiede ad una centrale a gas di entrare in esercizio entro 90 minuti. Troppo tardi: sette minuti dopo, alle 12:33, arriva il blackout. Le responsabilità di Ree sono molto chiare. A fronte delle sovratensioni, poi, alcuni impianti si sono disconnessi in modo anomalo, cioè prima della soglia di 245 kV: si tratta di due impianti fotovoltaici, a Cáceres e Badajoz (pagina 44 della relazione). Il rapporto afferma poi che alcuni dei nove impianti termoelettrici programmati non hanno soddisfatto le aspettative del gestore della rete, censurando però i relativi dati.
Nella sua presentazione del rapporto, il ministro Aagesen ha dunque evidenziato due fattori chiave del blackout: l’assenza di sufficienti impianti programmati per controllare la tensione e l’incapacità di alcuni di questi impianti di controllarla. Ma in realtà il rapporto cita un terzo fattore, che il ministro tace: il 22% degli impianti rinnovabili non stava soddisfacendo i parametri chiave richiesti da Ree sul fattore di potenza (pagine 112 e 132) e questo può essere all’origine delle sovratensioni.
Tra censure e non detti, nel rapporto restano senza risposta molte domande. Che cosa ha provocato le sovratensioni che hanno afflitto il sistema spagnolo già dai giorni precedenti al blackout? Perché Ree il 27 aprile ha stabilito che bastavano dieci centrali con produzione sincrona per mantenere la stabilità della rete il 28 aprile? Chi e perché ha deciso poi che ne bastavano solo nove? Perché le disconnessioni dei fotovoltaici prima dei 245 kV? Perché il 22% degli impianti rinnovabili era fuori dai parametri richiesti da Ree?
Non finisce qui. Ree sta lavorando ad un proprio rapporto e lo stesso sta facendo Entso-E, l’organismo europeo dei gestori di rete. Vi è poi una indagine dell’Autorità per la concorrenza spagnola. Ne attendiamo gli esiti.
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Pedro Sánchez (Ansa)
Un quotidiano spagnolo pubblica le conversazioni intercorse tra il gestore della rete nazionale e gli operatori, che chiedevano lumi sulle sovratensioni del sistema elettrico. Sono state provocate dal ricorso alle rinnovabili che ha innescato oscillazioni anomale.
Si alza la tensione, è il caso di dire, sul blackout spagnolo del 28 aprile scorso. A 43 giorni dall’evento non c’è ancora una spiegazione ufficiale di quanto è successo, con il governo di Madrid che, a tutta prima, aveva parlato di un attacco hacker e poi aveva negato che il problema fosse legato all’energia nucleare e alle rinnovabili. Dalle pieghe delle inchieste in corso spuntano, però, le registrazioni delle telefonate intercorse tra la sala controllo del gestore della rete nazionale Red Eléctrica (Ree) e alcuni operatori delle reti locali di distribuzione.
Il quotidiano online El Debate ha riportato in esclusiva alcuni brani di conversazioni registrate che fanno parte del materiale consegnato da Ree alle autorità. Vi sono almeno tre inchieste in corso: una del governo spagnolo, una della commissione nazionale per i Mercati e la concorrenza (Cnmc) e una dell’organo europeo che riunisce i gestori di reti elettriche, Entso-E. La testata ha pubblicato stralci di conversazioni che gettano nuova luce su quanto accaduto. Il contenuto delle telefonate è clamoroso. Già diversi giorni prima del blackout vi erano state delle sovratensioni nel sistema elettrico spagnolo e, alla domanda di spiegazioni, Ree aveva risposto che «c’era poca o nessuna energia nucleare nel sistema», il che significa che era stato lasciato molto spazio alla produzione fotovoltaica rendendo il sistema privo dell’inerzia sufficiente a gestire le oscillazioni di frequenza. Il giorno stesso del blackout, ancora un operatore della rete di distribuzione locale chiamava Ree per chiedere conto delle oscillazioni anomale: «Sì, è l’energia solare, che va e viene a causa dei prezzi e problemi di adeguamento», è stata la risposta di Ree. Le trascrizioni pubblicate riguardano sia il giorno del blackout, il 28 aprile, sia un giorno precedente.
Nella conversazione tra un capoturno di un’azienda di distribuzione di energia e Ree, avvenuta il 16 aprile alle 11.14, il capoturno afferma: «Buongiorno, chiamo per chiedere se questo problema riguarda tutta la rete. Abbiamo appena avuto un’impennata di tensione, è salita alle stelle e abbiamo dovuto regolare praticamente tutte le sottostazioni. Non so se sia successo qualcosa o se ci sia sembrato un po’ strano, non lo so…» Al che l’operatore di Ree risponde: «Beh, il fatto è che nel sistema è praticamente assente l’energia nucleare. Quindi ovviamente è che qualsiasi...». «Tutto è molto instabile», dice il capoturno. E ReeE risponde: «È molto instabile, sì, sì, sì. È già successo ieri pomeriggio e ogni volta pensi che succederà... Voglio dire... Dai, non è un caso isolato, capisci?»
Nella telefonata del 28 aprile alle 11.47, quaranta minuti prima del blackout, un altro capoturno della distribuzione (o forse il medesimo, non è chiaro) telefona a Ree: «Cosa sta succedendo, e sa qualcosa della tensione? Perché le dico che sta succedendo... ma è una fluttuazione, non è una cosa che dura un’ora; ci è successo cinque o sei volte in un’ora».
Ree risponde: «Sì, niente, sì, è solo che... succede la stessa cosa a noi, andiamo con le reattanze verso l’interno, verso l’esterno, verso l’interno, verso l’esterno...». Portavoce dell’operatore: «Ma... si sa il motivo? È un problema di generazione? O...». Ree: «Sì, è l’energia solare, che va e viene a causa dei prezzi e... problemi di adeguamento e...». Portavoce dell’operatore: «Okay, okay, no, stavo per ricominciare a regolare, ma vedo che hai fatto una manovra, ovvero hai abbassato di nuovo la tensione». Ree: «Certo, ed è proprio questo il problema...». Il contenuto delle trascrizioni non è stato smentito e El Debate ne garantisce l’autenticità. Secondo un articolo del 6 giugno del quotidiano spagnolo ABC, il governo del socialista Pedro Sánchez temeva che le registrazioni audio potessero trapelare e avrebbe nominato persone vicine al governo nelle varie commissioni di inchiesta.
Se confermate, le trascrizioni dimostrerebbero che il blackout è arrivato dopo una serie di anomalie nello stesso giorno, notate dagli operatori (alle 10.31, alle 10.48, alle 11.08, alle 11.48, alle 12.02, alle 12.19, alle 12.29 e alle 12.33). Dimostrerebbero, soprattutto, che Ree sapeva che la riduzione ai minimi termini della generazione sincrona (a gas, carbone e nucleare) per lasciare spazio al fotovoltaico generava instabilità nel sistema. Una instabilità notata sia dai produttori sia dai distributori di energia elettrica e che viene ribadita da Ree nella seconda telefonata: «È l’energia solare che va e viene a causa dei prezzi e problemi di adeguamento». La grande massa di produzione fotovoltaica non appariva gestibile poiché mancavano adeguati sistemi di regolazione della frequenza. Il punto in questione è, dunque, se il sistema elettrico sia stato spinto oltre il limite di sicurezza pur di fare posto alle energie rinnovabili.
Al momento del blackout in Spagna vi era oltre il 70% di potenza da rinnovabili in rete, con pochissima generazione sincrona, quella in grado di assorbire le oscillazioni della frequenza grazie all’inerzia dei sistemi rotanti. Dopo il blackout, invece, e ancora fino a ieri, il mix di produzione che Ree utilizza vede drastici tagli alla produzione fotovoltaica e un costante, robusto apporto di generazione a gas e nucleare per mantenere stabile il sistema. I costi del sistema elettrico spagnolo sono aumentati del 59,4% a maggio rispetto ad aprile a causa delle misure adottate da Ree dopo il disastro. Il che evidenzia che la sicurezza del sistema ha un costo e che nasconderlo porta ai blackout.
Intanto, le aziende del settore energetico spagnolo stanno analizzando se il caos ferroviario accaduto in Spagna il 22 aprile sia stato dovuto allo stesso problema che avrebbe innescato il blackout, cioè le sovratensioni. Quel giorno, un problema di alimentazione elettrica aveva fermato 31 treni e bloccato 10.000 persone nell’area di Madrid. Se fosse vero, sarebbe un nuovo colpo alla credibilità del governo, già compromessa su molti fronti.
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