2022-09-25
«Saman è stata strangolata e gettata nel Po»
Dagli atti dell’inchiesta emerge la confidenza di uno dei cugini fatta a un compagno di carcere: all’omicidio della ragazza che si ribellava ai precetti dell’islam avrebbe partecipato mezza famiglia. E, nelle chat, zie e parenti intimavano di fare silenzio.Ikram Ijaz, uno dei due cugini di Saman Abbas, la diciottenne pakistana scomparsa nel nulla la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio dell’anno scorso a Novellara, dopo il suo arresto si è lasciato scappare con un altro detenuto pericolose confidenze sulla fine della ragazza. Saman, è il racconto in carcere, sarebbe stata strangolata con una corda dallo zio Danish Hasnain, dopo essere stata tenuta ferma dai due cugini, Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Il corpo sarebbe poi stato infilato in sacco, fatto a pezzi e gettato nel Po, con l’aiuto di un uomo non ancora identificato. La mamma di Saman, Nazia Shaheen, sarebbe stata allontanata in lacrime dal marito, Shabbar Abbas. Successivamente, il cugino e il padre sarebbero tornati indietro, mentre il personaggio ancora senza volto, assieme allo zio e all’altro cugino Nomanhulaq, si sarebbero occupati di trasportare il corpo verso il fiume, in sella a una bicicletta. Le confidenze, raccolte dalla polizia penitenziaria, sono finite in due informative dei carabinieri. E tradotte dalla Procura di Reggio Emilia in un capo d’imputazione per i due cugini: «Nottetempo, su indicazione dei genitori si sono prontamente messi a disposizione, sotto l’egida e il coordinamento dell’Hasnain, per sopprimere Saman Abbas, rea di aver trasgredito a precetti religiosi e disonorato (conseguentemente) il nucleo familiare. Dopo averla evidentemente strangolata (con buona probabilità) ne hanno occultato con estrema perizia il cadavere (tanto che dopo giorni di ricerche non è ancora stato ritrovato), dopo aver predisposto tutto quanto la sera precedente». In realtà, sull’occultamento di cadavere nel fiume Po c’è anche una segnalazione anonima, come riportato mesi fa dalla Verità. In un affluente, per la precisione. Ma, avvertono gli investigatori, né sulle confidenze del cugino, né le ricerche nel fiume al momento avrebbero trovato conferme.Sono due i passaggi in cui Ijaz parla dell’occultamento nel fiume. La prima volta riferendosi alla zona di Guastalla. Nel secondo caso ha parlato genericamente di fiume, in un punto dove la corrente era più forte. Ijaz ha anche aggiunto che l’omicidio era stato organizzato dai genitori, in particolare dal padre che non riusciva più a gestire la figlia. La sera del 30 aprile Shabbar avrebbe quindi chiesto alla moglie di fare una camminata con Saman vicino casa. Lui le avrebbe seguite e una volta superate le serre le due sarebbero state raggiunte dallo zio Danish, dallo stesso Ijaz e dall’altro cugino Nomanhulaq. Le immagini dove si vedono lui, Danish e Nomanhulaq con gli attrezzi e filmate dalla videosorveglianza il giorno prima della scomparsa di Saman sarebbero quindi, nel racconto del cugino, state parte del piano. Ma per gli investigatori questo sarebbe un depistaggio. Il racconto rafforzerebbe le figure dei genitori come mandanti, anche se li indica come partecipi alle fasi esecutive, cosa che non sarebbe confermata dalle immagini delle telecamere. Le nuove carte dell’inchiesta hanno fatto saltare i nervi alla difesa. «Chi ha dato queste informative alla stampa si è assunto una belle responsabilità», ha commentato ieri l’avvocato Simone Servillo, che difende i genitori di Saman (latitanti in Pakistan). «Non dobbiamo dimenticare», avverte il legale, «che il processo sarà in Corte d’Assise, con giudici a composizione mista togata e popolare e con una campagna di stampa così massiva, mi chiedo con quale serenità i giudici potranno lavorare».Nel frattempo gli investigatori hanno ricostruito anche sulle coperture. Il clan Abbas sembra aver potuto contare su una rete familiare particolarmente estesa. Interrogato dagli investigatori, tale Fahkr, fratellastro del padre di Saman, ha raccontato che il 1° maggio Nazia lo ha chiamato dal Qatar, dove ha fatto scalo durante la fuga. Lui le avrebbe chiesto perché non gli avessero detto nulla della partenza. E lei sarebbe rimasta in silenzio. Poi, quando ha appreso che tutto il clan Abbas era sparito, ha capito «che a Saman era successo qualcosa di grave». Il suo errore sarebbe stato chiedere in giro notizie sui parenti. E Shabbar si sarebbe infuriato al punto da minacciarlo a telefono. Il parente, però, si è guardato bene dal correre dai carabinieri. Finché non è stato convocato.Alle 23.26 del 1° maggio, inoltre, il fratello di Saman, Haider, ha ricevuto questo messaggio vocale dalla zia Batool: «Qualsiasi persona ti chieda qualcosa, figlio mio, devi dire che la mamma stava male e il papà l’ha portata in Pakistan. Non devi dire nient’altro. Anche nella tua testa dev’essere così». E anche la zia è rimasta in silenzio. Ma non è finita. Dall’analisi del telefonino dello zio Danish è saltata fuori una lunga chat del 5 maggio 2021 con sua moglie che si trovava in Pakistan: «I genitori domattina arriveranno [...]. Stanno andando per sempre in Pakistan». La risposta: «La gente si chiederà dove sono i figli di Shabbar». E Danish: «Cancella tutta la chat». Lei lo rassicura: «È cancellata». Lui conclude con queste parole agghiaccianti: «Abbiamo fatto un lavoro molto bene perciò non preoccuparti».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)