2019-07-20
Salvini questa volta ci pensa. Addio al M5s per fare da sé
Come andrà a finire il duello fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio? Si concluderà come tutte le altre volte, cioè con un volemose bene dopo che entrambi avranno rinfoderato le pistole? In base alle recenti dichiarazioni del capitano leghista e di quello grillino parrebbe proprio di sì. Nell'ultimo anno i due ci hanno abituato a scontri che paiono all'ultimo sangue, ma che poi quasi sempre si concludono senza che ne sia versata nemmeno una goccia. (...)(...) Di solito bastano 24 ore per siglare la tregua. Così, se prima l'alleato era un traditore, uno che avendo accoltellato i compagni alle spalle non meritava più alcuna fiducia in quanto era venuto meno il rapporto personale, poi - non essendo in politica una cosa seria - la fiducia improvvisamente tornava e la relazione personale era ristabilita. Insomma, Salvini e Di Maio almeno una volta alla settimana mettono in scena una sfida all'Ok Corral, senza mai arrivare fino in fondo, alla sparatoria conclusiva, con il risultato che entrambi occupano la scena da oltre un anno, riducendo a comparse gli altri interpreti del Parlamento.E però, nonostante la copia dei due litiganti ormai sia rodata, come ogni coppia potrebbe scoppiare all'improvviso, perché alla lunga anche le repliche delle migliori commedie annoiano e quella interpretata da Salvini e Di Maio in effetti comincia a stancare, soprattutto gli stessi attori. Già, perché dietro alle frasi al miele che vengono regolarmente sparse il giorno dopo («piena fiducia», «lui è una persona corretta e per bene», «nessun sospetto su di lui») poi c'è l'irritazione profonda di due che, alla fine, vorrebbero recitare da soli e invece sono costretti a farsi da spalla l'uno con l'altro. Di Maio perché se mollasse il leghista sarebbe costretto, per salvare la pelle e la poltrona, a baciare il rospo del Pd e forse non basterebbe. Salvini perché, pur avendo i numeri per occupare da solo il palcoscenico, ha paura che se si mettesse in proprio, a essere escluso dal teatro non sarebbe l'altro, ma lui. Un po' come quei mariti e mogli che non stanno insieme ma continuano a vivere per convenienza sotto lo stesso tetto, finora i due non hanno trovato il coraggio di divorziare, temendo entrambi di avere qualche cosa da perdere. Così si spiega perché, pur standosi rispettivamente sugli zebedei, né il leghista né il grillino abbiano deciso di chiedere la separazione. Condannati dunque a vivere nella stessa casa? Sì, ma fino a quando?Ecco, il tema è tutto qui. Quanto può durare? Fino a quando il calcolo politico li costringerà a tenere in piedi un'unione che è scoppiata? Se dovessimo azzardare, nonostante le pacifiche dichiarazioni di giornata, l'unione innaturale che ha partorito Giuseppe Conte è arrivata al capolinea e se ancora non sono state avviate le pratiche per ottenere lo scioglimento del matrimonio è perché, in queste cose, entrambi i coniugi sanno di dover pagare un prezzo e se il prezzo è troppo alto si tira avanti fin che si può. Tuttavia, nonostante a fare previsioni quasi sempre non ci si azzecchi (chi mai avrebbe previsto l'alleanza fra grillini e leghisti), io ho la sospetto che il governo sia arrivato alle battute finali, perché almeno uno dei due litiganti comincia a pensare che ormai la commedia non porti più nulla.Fino a pochi giorni fa avrei scommesso che Salvini avrebbe continuato a tenere Di Maio sulla corda, per portare a casa un bottino più ricco. Ma ho la sensazione che negli ultimi giorni stia riconsiderando la cosa. Passino le liti, ma se il rischio è di finire nel tritacarne giudiziario fino a esserne stritolato, no. Il caso Russia deve aver convinto il ministro dell'Interno che si fa presto a essere messo sul banco degli imputati. Anche senza avere preso un rublo si può finire affogati in un barile di petrolio. E allora, prima che qualcuno ti faccia lo sgambetto, meglio capitalizzare i risultati, cioè meglio votare.Salvini in questi giorni ha fatto i conti e ha capito che la finestra elettorale per votare a settembre è ancora aperta. Secondo i sondaggi, oggi, nonostante il presunto oro nero di Mosca, la Lega è al 37 per cento e basterebbe l'appoggio di Fratelli d'Italia per fare il governo. Una tentazione forte, alla quale il vicepremier non ha ancora rinunciato. In fondo, alla fine del mese, quando la finestra delle urne si chiuderà, mancano ancora dieci giorni. E solo un segnale chiaro potrebbe far cambiare idea a Salvini. Vedremo.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)