Il vicepremier lancia l’evento «L’Italia del Sì»: «Se i lavori partissero domani in sette anni avremmo un primo reattore modulare operativo». Anche l’ex ministro Roberto Cingolani spinge: serve un mix tra atomo e rinnovabili.
Il vicepremier lancia l’evento «L’Italia del Sì»: «Se i lavori partissero domani in sette anni avremmo un primo reattore modulare operativo». Anche l’ex ministro Roberto Cingolani spinge: serve un mix tra atomo e rinnovabili.«L’Italia del Sì»: l’evento organizzato ieri dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini, ha avuto come pilastro concettuale la necessità di liberare il paese dalle incrostazioni dell’ambientalismo ideologico, quello del «no» a tutto e a tutti i costi, che ha causato, nei decenni, gravissimi danni economici. La sfida delle sfide, che Salvini ha lanciato ieri, è quella sul ritorno al nucleare in Italia: «Sono pronto», ha spiegato il leader della Lega, «a tornare a un referendum argomentando il perché all'Italia convenga arrivare al nucleare pulito e di ultima generazione”. Un terzo referendum sul nucleare, dopo quelli che, nel 1987 e nel 2011, hanno visto prevalere i contrari. Le critiche all’idea sono sempre le stesse, a partire dai tempi necessari per realizzare, eventualmente, nuove centrali. È pur vero, però, che l’unico modo sicuro per non terminare mai un’opera, è non iniziarla: «Se tornassimo domani», ha sottolineato Salvini, «come io auspico e cercherò di fare convocando un tavolo sul nucleare, nella famiglia del progresso e dello sviluppo, in 7 anni si ha un primo reattore modulare operativo. Dobbiamo diventare autonomi sull’energia da ogni punto di vista e non possiamo precluderci nessuna fonte di produzione energetica, ivi incluso il nucleare». I timori legati al rischio di danneggiamenti degli impianti lasciano il tempo che trovano: l’Italia è letteralmente circondata da centrali nucleari realizzate negli altri paesi, che vanno avanti veloci nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie sempre più sicure e innovative. Per dimostrare dati alla mano quanto sia miope vivere nella paura e nell’ideologismo antinuclearista, Salvini ha mostrato una mappa dell’Europa con i reattori attivi e quelli attualmente in costruzione: 56 in Francia (più 1 in costruzione); 15 in Ucraina (più 2 in costruzione); 9 nel Regno Unito (più 2 in costruzione); 7 in Spagna; 6 in Svezia; 6 in Repubblica Ceca; 5 in Slovacchia (più 1 in costruzione); 5 in Belgio; 5 in Finlandia; 4 in Ungheria; 4 in Svizzera; 2 in Romania; 2 in Bulgaria; 1 in Slovenia; 1 in Olanda. Per quel che riguarda le centrali negli altri continenti, se ne contano 93 in America, 55 in Cina, 37 in Russia, 33 in Giappone. «Sono un nuclearista convinto», ha aggiunto Salvini, mostrando carte e mappe, «ma non per tifo. Siamo circondati da paesi che producono energia tramite il nucleare e hanno un vantaggio competitivo nei confronti delle nostre aziende che alla lunga è difficile da sostenere. Quello che mi fa imbestialire è che ci sono aziende, ingegneri e ricercatori italiani eccezionali che vanno all’estero a costruire quello di cui avremmo bisogno nel nostro paese». Energia pulita, quella prodotta attraverso i reattori nucleari, come ha confermato ieri un protagonista del mondo della scienza e della politica come l’ex ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, attuale amministratore delegato di Leonardo, in una intervista a Bbc Radio. «Nel 2021 siamo stati ambiziosi», ha sottolineato Cingolani a proposito della lotta al cambiamento climatico, «e abbiamo concordato la riduzione di 1,5 gradi nella seconda metà del secolo, ma poi abbiamo avuto la guerra in Ucraina e la crisi energetica ha cambiato le priorità. L’Italia è stata in grado di sostituire quasi completamente il gas russo in meno di sei mesi senza fermare la decarbonizzazione che era negli accordi per il 2030 ma non è stato così in altri Paesi e ora stiamo lottando per mantenere l’obiettivo del 55%. Per rispettarlo», ha aggiunto Cingolani, «quello che possiamo fare ora è usare il nucleare, che è stato abbandonato in molti paesi, e spingere sulle rinnovabili dove possibile». Salvini ha parlato anche del Ponte sullo Stretto di Messina: «Per il Ponte sullo Stretto», ha sottolineato Salvini, «sono previsti 3.666 metri di lunghezza complessiva, 399 metri di altezza dei pilastri, 60,4 metri di larghezza. È un’opera visionaria e avanguardista che deve essere valorizzata anche commercialmente e turisticamente oltre che a livello infrastrutturale. Le navi ci passano sotto, lo garantisco. Sono previste 6 corsie stradali, 6.000 veicoli l’ora, 2 binari ferroviari, 200 treni al giorno. E 100.000 nuovi posti di lavoro. In due anni riassorbirà i costi di quello che oggi costa non avere il Ponte». E i tempi di realizzazione? Salvini ha confermato che i cantieri per la realizzazione saranno avviati nel 2024: costo previsto, circa 13 miliardi di euro. «I primi finanziamenti», ha aggiunto Salvini, «saranno inseriti nella prossima legge di bilancio. Il ponte toglierà 140.000 tonnellate di CO2 emessa nell’aria, è quindi una grande opera green. Mi spiace che qualcuno, con pessimo gusto e mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini abbia detto che il ponte unirà due cosche».
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Ernesto Maria Ruffini, ex direttore delle Entrate, non si nasconde più. E, fiero della prefazione al suo libro firmata da Mattarella, spara sulla leader dem, ricordando l’Ulivo. Pronto il lancio del movimento nato dai comitati «Più uno». Oltre al Colle, tifano per lui Prodi e il Vaticano.
Meglio perdere serenamente, piazzando in Parlamento un manipolo di fedelissimi, che cercare di vincere e andare al governo. Sono sempre di più, nel campo del centrosinistra, a pensare che a Elly Schlein non interessi affatto costruire una vera alternativa al governo guidato da Giorgia Meloni, e che il suo unico obiettivo sia mantenere il controllo del partito fino alle politiche del 2027 per poter compilare le liste e scegliere i candidati nei collegi uninominali (se ci saranno ancora). E comunque, Elly vuole testardamente ricoprire il ruolo di candidata del centrosinistra per Palazzo Chigi, sfidando Giorgia Meloni in una partita che, ce lo consentirà il quartiere generale dem, sarebbe persa in partenza. Il problema è che, però, qualcuno ora oltre a pensarlo lo dice pure, e non si tratta di perfetti sconosciuti, passanti o semplici simpatizzanti, ma di esponenti di un mondo, quello del cattolicesimo di sinistra, che ha nel presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il suo più autorevole esponente.
(Imagoeconomica)
Battuti dai cittadini romani i giudici anti Ponte sullo Stretto che avevano «scippato» una via della Capitale, riservandola alle loro auto. Lo schiaffo porta la firma del Consiglio di Stato, che redarguisce pure il Tar: «Il ricorso era ammissibile».
La strada è mia e la gestisco io. In virtù di un diritto autoproclamato, la Corte dei Conti ha di fatto privatizzato via Baiamonti a Roma: sbarre elettriche automatiche (per ora solo sollevate) alle estremità, parcheggi dei residenti azzerati, autorizzazione esclusiva al passaggio e alla fermata a vetture del «servizio pubblico istituzionale» per ragioni di sicurezza. In pratica solo a quelle dei circa 2.500 dipendenti (477 magistrati). Un’esibizione muscolare messa in dubbio qualche giorno fa dal Consiglio di Stato, dopo una sollevazione popolare con carte bollate e ricorsi da parte degli abitanti del quartiere Prati, che si sono visti confiscare una strada pubblica e 30 posti auto dalla bacchetta magica dei giudici contabili.
2025-11-12
Mercosur, Prandini: «No alla soglia di contaminazione e all'import da Paesi con agrofarmaci vietati»
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Ettore Prandini (Totaleu)
Lo ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in un punto stampa in occasione dell'incontro con la Commissione europea a Bruxelles.
Armando Siri (Imagoeconomica)
Le stesse toghe che liberarono il libico si rivolgono alla Corte chiedendo di poter aggirare il ministro. Un altro magistrato apre un conflitto di attribuzione sulle intercettazioni del leghista, già dichiarate non utilizzabili.






