2025-03-03
«A guerra finita si riapra a Mosca»
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
Matteo Salvini: «È nell’interesse delle imprese. L’esercito comune? Un pericolo. E mi preoccupa che Ursula insista sul riarmo. Con quello che sta succedendo in Romania mi chiedo se l’Europa è ancora democratica».Matteo Salvini, che impressione le ha fatto la scena sconcertante nello studio ovale? Trump ha esagerato? Da che parte si schiera?«Non si tratta di “schierarsi” o di tifare: è un momento delicato in cui occorre ragionare. Io, e tanti con me, sono convinto che Trump sia l’unico leader capace di portare finalmente alla pace, a differenza di un’Europa al collasso e marginale guidata da Von der Leyen, Parigi e Berlino. In questo contesto il nostro governo, il più stabile e coeso del continente, ha l’occasione storica di riportare l’Italia ad essere centrale a livello internazionale, come non lo siamo dai tempi di Berlusconi e Craxi. Bene ha fatto e sta facendo Giorgia Meloni che invita all’unità e alla diplomazia, mentre è pericoloso chi - a partire da Von der Leyen e Macron - parla di armi europee». Che tipo di pace si aspetta? È inevitabile cedere territori ucraini alla Russia? «Mi aspetto la pace, duratura: non spetta a me immaginare le condizioni territoriali, saranno Putin e Zelensky a deciderlo. È ovvio che si arriverà a una mediazione, come in ogni trattativa, nessuno può vincere sul campo». Che ne pensa della fuga in avanti di Macron per promuovere l’ipotesi di truppe europee in Ucraina? «Un’idea sbagliata e un atto di arroganza da parte di un leader che precipita nei consensi anche in Francia, e che pensa ancora di poter parlare a nome di tutta Europa. Con una trattativa (speriamo!), alle porte, continuare a parlare di armi e di invio di soldati non è responsabile. Anche per questo, la Lega scenderà in mille piazze i prossimi 8 e 9 marzo per chiedere pace in Ucraina e pace fiscale in Italia. Abbiamo un’idea ben diversa dalla sinistra che manifesta a sostegno di Macron e Von der Leyen e teorizza l’europatrimoniale...». Sotto la bandiera dell’Onu, dopo il cessate il fuoco, sarebbe favorevole allo schieramento di forze italiane in Ucraina?«Sono discorsi prematuri, e insieme ad altri autorevoli colleghi di governo abbiamo tutti chiesto grande cautela. Ricordiamo che oggi l’Italia ha già quasi 8.000 soldati in missione nel mondo, per un costo superiore al miliardo di euro all’anno». È favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea?«Difficile da immaginare per mille motivi: l’Unione si è già allargata a dismisura nel tempo, coi risultati disastrosi che oggi vediamo. Pensiamo solo alle conseguenze per la nostra agricoltura, che rischierebbe di essere messa in grande difficoltà». Crede all’esercito comune europeo? Chi dovrebbe guidarlo?«Sarebbe un pericolo, in primis per noi stessi. Come chiede giustamente lei: chi comanderebbe, chi deciderebbe? Se ci fosse già oggi, dovremmo mandare i nostri figli al fronte perché lo vogliono Ursula o Macron? È purtroppo chiaro a tutti che ciò che l’Europa ha “unito” in questi anni, nel 99% dei casi si è rivelato un fallimento per noi».Ha chiesto eserciti nazionali forti: questo esclude una guida comune della Difesa? «Più che eserciti, servirebbero Stati nazionali forti. Intendo dire che l’Ue dovrebbe fare e normare poche cose, e farle meglio. Lasciando ai singoli Paesi tutto il resto, liberandoli da burocrazia e vincoli ormai insopportabili. Con la guerra alle porte dell’Europa da anni, Bruxelles continua a perdere e farci perdere tempo con la richiesta di vendere le spiagge italiane anche senza indennizzo, richiesta inaccettabile, a tassare navi e aerei, a tentare di imporre l’auto elettrica per tutti mettendo fuori legge benzina e diesel e idiozie varie. Come se a Bruxelles vivessero su Marte».Giusto aumentare le spese militari, e a quali condizioni? «È giusto aumentare pensioni e stipendi, come sta facendo il nostro governo. Se ci saranno spazi in Bilancio, cosa che fino ad oggi le stesse regole europee hanno impedito, potremo ragionare anche del militare, con aziende italiane di assoluta eccellenza mondiale peraltro. Sono preoccupato dai toni di Von der Leyen: anziché insistere su pace e diplomazia, in queste ore insiste sul rafforzamento militare europeo. Discorso pericoloso e irresponsabile». Non la spaventano gli annunciati dazi di Donald Trump contro i Paesi Europei? Pensa sia giusto affrontare la minaccia con accordi bilaterali?«I dazi c’erano già con le precedenti amministrazioni Trump e Biden, e non hanno impedito alle nostre imprese di crescere ed esportare di più. In caso di dazi aggiuntivi, che Trump ha già usato come strumento di trattativa con Messico e Canada ad esempio, ottenendo più controlli ai confini contro l’ingresso di clandestini e di droga, chiaro che l’Italia dovrebbe e potrebbe trattare direttamente con Washington per evitare problemi, come già si fece in passato. O dovremmo far finta di niente e affondare insieme a Parigi e Berlino perché “ce lo chiede l’Europa”?». Von der Leyen ha promesso una risposta dura ai dazi di Trump: cosa si aspetta? «Un sorriso a Washington». Pensa sia possibile ristabilire, sul medio periodo, rapporti diplomatici e commerciali con la Russia di Putin?«A guerra finita, certamente sì. È necessario e nell’interesse di tutti, a partire dalle nostre imprese».Ha visto il video surreale di Donald Trump su Gaza? Cosa ne pensa? «Trump applica i suoi metodi, che possono piacere e non piacere, alla diplomazia e all’azione politica. È alla guida degli Usa da neanche due mesi, ha già firmato 75 ordini esecutivi e ha ottenuto il cessate il fuoco fra Israele e territori circostanti. Io guardo alla sostanza, e sarei più felice immaginando una Gaza pacificata e finalmente libera di crescere, anziché una Gaza in mano ai terroristi di Hamas». È ancora convinto che Afd sia un partito democratico? «Il 20% dei cittadini tedeschi li hanno votati portandolo ad essere il secondo partito in Germania, con risultati sopra il 50% in numerose città. Perché non dovrebbe essere democratico, scusi? Chiedono meno immigrazione clandestina e più lavoro, meno vincoli europei e più libertà personale ed economica. Segnalo invece, precedente pericolosissimo di cui pochi hanno parlato, che in Europa è stato da poco cancellato il voto popolare in Romania a urne aperte, con un candidato vincente che non piaceva a Bruxelles, guarda caso per supposte e mai confermate “ingerenze russe”. La domanda che mi faccio è: questa Europa è ancora democratica? O punta a cancellare e silenziare chi non si allinea ed è sgradito?».Molti pensano che l’esperimento di grande coalizione tra Cdu e Spd non sia destinato a durare, e che non resti che aprire alla destra. La pensa così anche lei?«Come sempre detto, auspico che in Europa seguano l’esempio italiano, che è figlio di Silvio Berlusconi. Un centrodestra unito è la soluzione per battere le sinistre che hanno creato guai come il green deal, che uccide l’automotive europeo, e che vorrebbe soffocare operazioni come le inchieste sul Covid, che potrebbero far emergere la verità sugli errori (diciamo cosi) di Conte, di Speranza e del Pd. Se i popolari, in Germania, in Austria o in Spagna, preferiscono invece allearsi con le sinistre e dividere il centrodestra, commettono un grave errore. D’altronde prendiamo atto che qualcosa in senso positivo si sta muovendo».Cioè? «Il Ppe, di cui fa parte Forza Italia, ha finalmente ammesso formalmente che dire no ai motori tradizionali dal 2035 è un errore: la Lega ha sempre votato contro queste euro-follie che hanno distrutto fabbriche e posti di lavoro. È necessario, però, che l’Europa tolga assolutamente le multe alle case automobilistiche… multe che pagano i nostri cittadini con la cassa integrazione delle linee di produzione dell’endotermico».L’ex ministro Fornero ha commentato così la sua proposta sulla rottamazione delle cartelle: «È la disperazione di un perdente». Come risponde? «I veri disperati sono i milioni di italiani danneggiati dalla sua sciagurata riforma delle pensioni, la cui cancellazione rimane un obiettivo della Lega. La professoressa Fornero dovrebbe avere più rispetto dei cittadini che hanno problemi con il Fisco. La rottamazione delle cartelle, in passato votata anche dalla sinistra, è un modo pragmatico per aiutare milioni di famiglie in buona fede che non sono stato in grado di pagare il dovuto, anche se avevano dichiarato e ne avevano tutte le intenzioni. Stiamo parlando di 160 milioni di cartelle esattoriali che rovinano la vita a lavoratori autonomi, dipendenti e pensionati, che solo con una rateizzazione in 10 anni, con 120 rate uguali senza sanzioni e interessi, potrebbero tornare a pagate e a lavorare normalmente. Negli ultimi anni il Covid e le crisi internazionali hanno reso più difficile la vita delle persone e delle imprese: forse chi vive nella bambagia questo non lo sa». La Cgil di Landini, ormai in solitaria, continua a bloccare la trattativa sui contratti del pubblico impiego, affermando che gli aumenti vanno parametrati all’inflazione. Cosa pensa della strategia della Cgil?«La Cgil, di fatto costola del Pd, danneggia in primis i lavoratori che le rimangono ancora iscritti. Come fai a non firmare accordi che portano anche 200 euro in più in busta paga, in tanti settori? Hanno scioperato perfino contro una legge di bilancio che non era ancora stata presentata, e che ha aumentato gli stipendi di milioni di italiani. La stessa Cgil che taceva mentre la sinistra approvava la riforma Fornero e il Jobs Act, oppure quando si calpestavano i diritti di lavoratori e cittadini durante la pandemia. Per fortuna esistono altri sindacati più ragionevoli e non ostili a prescindere, come Ugl e Cisl».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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