
Il leader del Carroccio attacca a testa bassa Giuseppe Conte: «È il Monti bis scelto da Parigi, Berlino e Bruxelles». E non risparmia gli ex alleati grillini, «attaccati alla poltrona». Sullo sfondo c'è già la battaglia per togliere alla sinistra Umbria ed Emilia Romagna.A giochi ormai chiusi, con un governo giallorosso ai nastri di partenza, il segretario della Lega, Matteo Salvini, ingrana la marcia della campagna elettorale. Non lo fa a caso, anche perché tra meno di due mesi, il 27 ottobre, si voterà per le regionali in Umbria, dove la Lega rischia si sparigliare le carte contro una sempre più probabile alleanza tra Pd e 5 stelle a livello locale. Così, all'uscita dal colloquio con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il leader leghista non risparmia critiche al premier, Giuseppe Conte («Il candidato alla presidenza del Consiglio lo hanno trovato a Biarritz, su indicazione di Parigi, Berlino e Bruxelles: Monti bis»), ma soprattutto ricorda più volte, come nei giorni precedenti, la richiesta di andare a votare. «Sono convinto», spiega il ministro dell'Interno in uscita, «che comunque vada, il giudizio popolare poi lo devi ascoltare. E noi lo affrontiamo a testa alta e a viso scoperto». Soprattutto Salvini non risparmia bordate contro i grillini, gli ex alleati Luigi Di Maio e soci. «I grillini mi sembrano abbastanza combattuti al loro interno». Qui sta il punto. Nella Lega la chiusura della crisi di governo, l'accordo tra Pd e M5s, rappresenta un lungo sospiro di sollievo. Il Carroccio si prepara a un'opposizione dura, senza sconti agli ex alleati e soprattutto al Pd. Perché quello che si sta formando è un governo che ha di fondo due punti di forza: «la difesa strenua della poltrona» e soprattutto «l'odio nei confronti della Lega e di Salvini, ora iniziano a scriverlo anche sui giornali». La traversata nel deserto di Salvini è incominciata subito. D'altra parte non si voterà per le elezioni nazionali, ma da qui a maggio si andrà alle urne in regioni chiave per il Partito democratico, come appunto l'Umbria, storica regione rossa, l'Emilia Romagna, poi in Calabria e infine, nel 2020, in Campania, Toscana, Veneto e Liguria. C'è di più. Il prossimo anno sarà l'ultimo per i mandati di Giuseppe Sala a Milano, di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino, tutti e tre in scadenza nel 2021. In sostanza Salvini avrà modo di fare opposizione a tutto campo, provando a continuare il trend delle ultime europee e amministrative, con un Nord ormai tutto a trazione centrodestra. In questo senso fanno ben sperare le parole del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che uscito dal Quirinale ha chiesto di andare al voto e ha parlato di un esecutivo «pericoloso», forse il più a sinistra della storia della Repubblica come tanti azzurri vanno ripetendo in queste ore. In Umbria la Lega presenta la senatrice Donatella Tesei e ha buone possibilità di portare a casa il risultato. Certo, bisognerà limare alcune questioni con gli alleati, ma il Partito democratico parte in svantaggio, dopo l'inchiesta che ha travolto Catiuscia Marini, ormai ex governatrice di centrosinistra che ha scelto di dimettersi a fine maggio dopo l'indagine della Procura di Perugia su presunti illeciti nelle assunzioni nel sistema sanitario regionale. Il cantiere tra Pd e 5 stelle è aperto. Proprio ieri due pentastellati umbri, Tiziana Ciprini e Filippo Gallinella, parlavano di «accordi prematuri» e del fatto che sia necessario scindere «le questioni nazionali da quelle locali, regionali». Ma c'è un tema di fondo che andrà a poco a poco delineandosi nei prossimi mesi. Grillini e piddini dovranno dialogare a livello nazionale, ma anche locale, per evitare contraccolpi all'esecutivo. Non solo. La squadra di Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio esce con le ossa rotte da questi 14 mesi di esperienza all'esecutivo. I sondaggi sono ai minimi termini lungo tutto lo Stivale e vanno a poco a poco abbassandosi, come sempre accaduto a livello locale. Per sopravvivere, quindi, la banda grillina dovrà forse agganciarsi al carro del Nazareno. E allo stesso tempo sarà lo stesso segretario Nicola Zingaretti con tutta probabilità a cercarli. In Toscana, per esempio, il confronto all'interno del centrosinistra è più che mai serrato. Perdere una regione rossa come questa significherebbe scomparire dai centri storici di Pci e Ds. Non va dimenticato che una parte della vecchia nomenklatura rossa non ha digerito né capito l'accordo di governo con i 5 stelle. La stessa situazione si ripresenta in Emilia Romagna, dove la Lega candida Lucia Borgonzoni. Che dire poi del governatore uscente in Campania, Vincenzo De Luca, quasi più vicino in queste ore a Salvini che ai suoi colleghi di partito. «Io non mollo e voi non mollate. Possono scappare al voto per un mese, ma non a vita», ha ribadito più volte Salvini, in linea con la mente economica del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, che alla Berghem Fest di martedì scorso ha ribadito: «Noi non invocheremo la piazza, aspetteremo con pazienza tutte le occasioni di voto in cui il popolo potrà pronunciarsi e seppellirà questo governo sotto una valanga di voti».
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






