2024-06-16
Salis, l’ipocrisia sulle vittime della giustizia
L’insegnante precaria, tornata ieri in Italia, ha promesso che come europarlamentare si batterà per i detenuti. Può iniziare dal presidente della Regione, ai domiciliari senza motivo se non costringerlo a lasciare la carica.Ilaria Salis è stata esaudita. Grazie all’elezione al Parlamento europeo nella lista di Alleanza verdi e sinistra che le garantisce l’immunità, le è stato tolto il braccialetto elettronico e le è stato consentito di rientrare in Italia, dove domani potrà festeggiare il suo quarantesimo compleanno. Da precaria incarcerata a donna libera ed europarlamentare ben retribuita è un bell’avanzamento, a cui senz’altro ambirebbero molti detenuti colpevoli o innocenti che siano. Qualcuno potrebbe ritenere che la Salis abbia beneficiato di un uso vagamente privatistico della democrazia: tramutata in un simbolo per discutibili meriti, ha garantito al partito suo sponsor un bel gruzzolo di preferenze, aiutandolo a raggiungere una percentuale affatto trascurabile. In tutto questo, quale sia il guadagno per gli elettori e per l’Italia non è chiarissimo. I pochi e piuttosto scarni discorsi che la nostra ha pronunciato prima del voto di certo non la qualificano come una politica esperta, e non le si addice nemmeno troppo il costume della rivoluzionaria imprigionata in stile Black panthers. Dei militanti d’altri tempi non ha mostrato la tempra rivoluzionaria né la profonda cultura politica. Quale sarà allora il suo contributo a Bruxelles e Strasburgo? Su quali temi si misurerà e con quale missione? Non è dato sapere. Possiamo immaginare, senza timore di essere clamorosamente smentiti, che a breve si esibirà in un bel giro di interviste e incontri: tutti la vorranno, tutti la applaudiranno, magari scriverà persino un libro e andrà da Fabio Fazio. Niente di male, per carità, tutto consentito. Resta la questione: a parte ad averne garantito la scarcerazione, a che cosa sarà servito spedirla in Europa? Non avendo altre pezze d’appoggio vogliamo credere a quel che lei stessa ha detto e promesso. Presentandosi alle elezioni, infatti, qualche proclama lo ha fatto. «Non è mia intenzione sottrarmi al procedimento in cui sono imputata», ha detto, «ma difendermi nel processo nel rispetto dei diritti fondamentali, dei principi di proporzionalità e della presunzione d’innocenza. So di non essere un caso unico né eccezionale. Io ho avuto la fortuna di non essere dimenticata, ma situazioni di ingiustizia simili sono all’ordine del giorno in diversi Paesi d’Europa». «Per questo», ha concluso, «dopo notti insonni e settimane di tormentate riflessioni, ho deciso di accettare la candidatura alle elezioni europee. Por portare l’attenzione che mi avete mostrato anche alle altre persone che si trovano nella mia stessa situazione. E per trasformare questa mia sfortunata vicenda in qualcosa di costruttivo per la tutela dei diritti fondamentali». Un bel ragionamento, in fondo. Non v’è dubbio che vi siano altre persone in situazioni simili alla sua, alcune delle quali probabilmente senza colpe. Del resto vi sono anche altri italiani detenuti in Ungheria, ai quali però non è stata offerta l’opportunità di evitare la galera facendosi eleggere. Sarebbe bello allora che la Salis, ora che è divenuta rappresentante della nostra nazione, facesse davvero quel che ha promesso e si buttasse anima e corpo nella difesa dei diritti fondamentali. A partire proprio da quelli dei detenuti, che dalle nostre parti sono trattati forse peggio che a Budapest e non godono del favore della politica e della stampa, se si esclude l’antico impegno di associazioni quali Nessuno tocchi Caino. Qui ci sono carceri sovraffollate in cui troppa gente si toglie la vita, ci sono agenti della penitenziaria lasciati soli a gestire una montagna di problemi. E come se non bastasse ci sono fin troppi soggetti - innocenti fino a prova contraria - a cui viene somministrata la detenzione preventiva, pratica su cui le autorità internazionali sono già intervenute più volte onde raccomandare un trattamento dignitoso dei reclusi.Ebbene, se volesse tenere fede alle sue promesse, la Salis dovrebbe dedicarsi a queste battaglie di civiltà con tutta la forza disponibile. Per sua fortuna, le circostanze le offrono una opportunità notevole di iniziare alla grande lotta per i sacrosanti diritti fondamentali. Giovanni Toti, governatore della Liguria, viene inspiegabilmente tenuto agli arresti da fin troppo tempo. Meglio: viene tenuto agli arresti con giustificazioni surreali per una ragione piuttosto evidente. Lo si vuole fare dimettere per via giudiziaria, cosa decisamente sgradevole a prescindere da quel che si pensi del suo comportamento da politico. Non serve apprezzare il Toti amministratore o capo partito per rendersi conto che le misure restrittive nei suoi confronti hanno poco senso e appaiono irrispettose dei diritti fondamentali. Ilaria Salis potrebbe dunque dare grande prova di sé e iniziare a fare politica sul serio esprimendosi sul caso del presidente della Liguria. Pur lontana dalle sue idee (come lo è chi scrive), la Salis dovrebbe parlare di Toti, esprimergli solidarietà e chiedere - anche se a vuoto non importa - che gli siano revocate le restrizioni. Sarebbe un notevole gesto di civiltà e sarebbe il primo passo di una importante azione politica. Soprattutto, sarebbe il segno che non si trova a Bruxelles solo per sfuggire alla galera e incassare una robusta mensilità.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)