2024-02-02
Ora la Salis è l’eroina di chi prima snobbava gli italiani in catene
Dem e stampa hanno sempre ignorato i guai dei connazionali detenuti all’estero, da Chico Forti ai marò: oggi sono quasi 2.000.Giorgia Meloni: «Io e Orbán non interferiamo. Le manette si usano pure altrove». Il padre di Ilaria querela Matteo Salvini. Lo speciale contiene due articoli.«L’Italiano è mosso da un bisogno sfrenato di ingiustizia», diceva Ennio Flaiano nel secolo scorso. E le sue parole ben si addicono alle polemiche di queste ore tra destra e sinistra per il caso di Ilaria Salis, la donna in carcere in Ungheria in attesa di giudizio, accusata di aver malmenato due neonazisti che non l’hanno denunciata: rischia fino a 24 anni di detenzione secondo la legge ungherese. Il Partito democratico è corso a presentare un’interrogazione per violazione dei diritti umani. Si mobilitano le piazze e non si parla d’altro: l’accusa è che la diplomazia italiana di non abbia fatto abbastanza per liberare l’attivista. Ma il centrosinistra, come al solito, dimostra un certo strabismo. Perché era dai tempi di Patrick Zaki, il giovane egiziano che era rinchiuso nelle carceri egiziane, che non si vedeva una tale mobilitazione politica di Pd e giornali di area. Peccato che, come al solito, dem e compagni si smuovano solo in casi particolari, per personaggi vicini alla loro area ideologica, mentre continuano a tacere su molti altri, spesso su italiani detenuti ingiustamente in altri Paesi, alcuni senza aver nemmeno affrontato un processo.Nell’annuario del ministero degli Affari esteri del 2023, si calcola che ci siano almeno 1.924 italiani detenuti all’estero (600 in Germania e 190 in Francia, 66 in Svizzera e 35 in Brasile) di cui quasi 783 in attesa di giudizio (193 solo in Germania, 123 in Belgio e 48 in Australia) molti nelle Americhe ma anche nell’Africa subsahariana. In alcuni casi non è neppure noto a che punto sia il processo o il procedimento che pende su di loro. Sono pochissimi quelli in attesa di estradizione, appena 40, mentre i condannati sono 1.100. Con tutta probabilità, questi ultimi non potranno mai scontare la loro pena in Italia. Non c’è alcuna speranza. Anche perché non ci sono politici o mobilitazioni in loro aiuto. Succede adesso, ma è accaduto anche in passato. Che differenza c’è, per esempio, tra la situazione di Ilaria Salis e quella dell’imprenditore Andrea Costantino? La prima ha ricevuto accuse ben precise ed è in attesa di giudizio in carcere da più di un anno (è stata anche ripresa dalle telecamere in aula durante un’udienza), il secondo fu imprigionato nelle terribili carceri di Abu Dhabi per quasi due anni senza sapere che cosa gli venisse contestato. Durante il primo anno non gli era stato neppure permesso di parlare con un avvocato. Torturato, dimagrito più di 30 chili, costretto a picchiarsi in prigione con altri detenuti tra i topi e la sporcizia, era stato messo sotto indagine per la vendita di gasolio in Yemen. Si trattava di un’accusa totalmente strumentale, funzionale però a sequestrargli il conto e tutto il suo patrimonio. Costantino faceva l’imprenditore, non aveva commesso alcun reato, ma in Italia nessuno aveva mosso un dito in suo favore. La sinistra lo ha sempre snobbato. Anzi, durante il governo giallorosso di Giuseppe Conte, l’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, era riuscito a peggiorare ulteriormente la sua situazione, bloccando l’esportazione di armi negli Emirati e creando così una crisi diplomatica senza precedenti. Costantino è tornato in Italia nel 2022 grazie al governo di Giorgia Meloni e alla costante mobilitazione dell’attuale ministro dei Trasporti, Matto Salvini. Del resto, questo stesso governo è stato anche l’unico capace di liberare Zaki, altra icona della sinistra per cui il Pd e giornali come Repubblica si sono battuti per anni. Ma per lui, i loro governi avevano fatto molto poco. Impossibile dimenticare la storia i due fucilieri di marina (i marò) Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, impegnati in India per lavoro e sotto processo per anni. Che dire poi di Marco Zennaro, altro imprenditore rimasto quasi un anno in detenzione in Sudan. Dimenticato per mesi in Africa, accusato ingiustamente di frode, con solo pochi giornali (tra cui La Verità) a parlarne, il quarantasettenne veneziano fu liberato tra mille difficoltà diplomatiche. Anche qui, di mobilitazioni politiche da parte della sinistra non ce ne furono affatto.Ci sono poi i casi più clamorosi di Chico Forti, detenuto ingiustamente a Miami da ormai 24 anni, vicenda che Di Maio aveva assicurato di aver sbloccato quando era al governo. «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia», diceva l’ex ministro degli Esteri pentastellato il 23 dicembre 2020. Era solo propaganda. Nel 2020, dopo la liberazione della cooperante Silvia Romano, sempre Di Maio amava spesso ripetere di come l’Italia non lasciasse indietro nessuno. Peccato che proprio in quei mesi, nel Qatar dell’emiro Tamim bin Hamad Al Thani (grande amico del nostro Paese e di Di Maio stesso), ci fossero altri italiani in gravi difficoltà. Come Ferruccio Cerruti, ex ufficiale della Marina militare italiana, congedato dopo la Guerra del Golfo nel 1995, impegnato in quei mesi con la sua azienda a realizzare la metropolitana di Doha. Anche lui imprenditore, era finito in un gioco di ricatti da parte degli sceicchi che lo hanno portato a perdere 10 milioni di euro. Un suo dipendente di azienda che doveva operarsi con urgenza in Italia venne persino bloccato all’aeroporto. A lui avevano ritirato il passaporto; così, era rimasto sequestrato per un anno a Doha. Grazie al suo passato da militare ha provato prima a fuggire a nuoto, senza successo, poi con un kayak che in 7 ore gli aveva permesso di arrivare in Bahrein e, da lì, in Italia. La sua storia è forse tra le più incredibili di quelle degli italiani ingiustamente trattenuti all’estero. E su cui nessuna voce politica si è mai alzata. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/salis-eroina-dichi-snobbava-italiani-2667151501.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-curriculum-della-maestra-4-condanne-29-denunce" data-post-id="2667151501" data-published-at="1706863189" data-use-pagination="False"> Il curriculum della maestra: 4 condanne, 29 denunce Da caso giudiziario a politico il passo è breve. La vicenda di Ilaria Salis si sta trasformando sempre più da battaglia per ottenere che la trentanovenne milanese detenuta in Ungheria riceva un trattamento umanitario, consono a quanto previsto dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a bagarre dialettica e strumento utilizzato dalle opposizioni per sollevare polemiche e attaccare la maggioranza. Nelle ultime 48 ore, gran parte dell’attenzione mediatica si è riversata su una diatriba nata tra Matteo Salvini e Roberto Salis, il padre dell’insegnante arrestata a febbraio dell’anno scorso con l’accusa di lesioni aggravate in seguito a una presunta aggressione a due militanti di estrema destra. Una diatriba che nasce dalle dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente del Consiglio: «Contiamo su un processo giusto e veloce sperando nella sua innocenza. Ma se fosse dichiarata colpevole, sarebbe incompatibile con l’insegnamento in una scuola elementare italiana. Vi pare normale che una maestra elementare vada in giro per l’Europa e in Italia a picchiare e sputare alla gente?». Parole che, per onor di cronaca, vanno integrate con la premessa fatta dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti: «È inaccettabile il fatto che Ilaria vada in tribunale incatenata. È fondamentale chiedere condizioni di detenzione umane e civili rispettose». Il padre di Ilaria ha risposto, dapprima definendo l’uscita di Salvini fuori luogo, poi manifestando l’intenzione di querelare il leader della Lega per diffamazione, dopo che lo stesso Salvini avrebbe accusato la Salis di un suo presunto coinvolgimento in un assalto a un chiosco della Lega a Monza del 18 febbraio 2017. Dal canto suo, il leader del Carroccio va dritto per la sua strada e, a tal proposito, la Lega ieri si è espressa con una nota: «Prendiamo atto con curiosità della scelta del padre di Ilaria Salis di querelare Matteo Salvini. La Lega, invece, rinnova l’impegno affinché i diritti della donna detenuta in Ungheria siano tutelati. E aggiunge l’auspicio che Ilaria venga assolta rapidamente da tutte le accuse, a differenza di quanto è avvenuto in altra vicenda chiusasi con sentenza di condanna confermata in Cassazione il 3 luglio 2023 per concorso morale nella resistenza a pubblico ufficiale. Certo, resta sempre la domanda: è normale che una educatrice venga fermata in una capitale europea con un manganello?». Lo scontro verbale tra il padre di Ilaria e Salvini è poi proseguito con il capo della Lega che ha detto che «se suo figlio facesse quello che fa Ilaria, di certo non sarebbe contento», e il genitore della trentanovenne detenuta a Budapest che ha replicato «augurando al figlio di Salvini di avere valori etici pari a un decimo di quelli di sua figlia». A quanto pare, però, la maestra milanese che per le forze di polizia sarebbe un’attivista di spicco dell’area anarchica lombarda, esponente del centro sociale meneghino Cuore in gola, non sarebbe nuova a guai giudiziari. Oltre all’episodio del 2017, ha riportato condanne (passate in giudicato) per accensioni ed esplosioni pericolose (avrebbe lanciato fumogeni e petardi all’interno del perimetro della struttura carceraria di Milano), per resistenza a pubblico ufficiale durante lo sgombero di attivisti anarchici da un centro sociale milanese e durante lo sgombero di uno stabile a Saronno e infine per invasione di edifici. Quattro in totale. È inoltre stata segnalata all’autorità giudiziaria in altre 29 occasioni. Ma a proposito di querele per diffamazione minacciate dal padre di Ilaria, Salvini non è l’unico finito nel mirino. Roberto Salis ha detto di voler querelare anche il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, e Giuseppe Brindisi, conduttore della trasmissione Diario del giorno, andata in onda nella serata di mercoledì 31 gennaio su Rete 4, accusati di aver teso «un ignobile attacco e un’imboscata». Il direttore di News Mediaset, Andrea Pucci, è immediatamente intervenuto con un comunicato: «Come i telespettatori hanno potuto constatare, nessun attacco e tantomeno un’imboscata è stata tesa al padre della detenuta in Ungheria, che a Diario del giorno ha potuto liberamente esprimere le proprie opinioni e perorare la causa di sua figlia in una lunga intervista».Intanto, mentre la sinistra è impegnata a rispondere a Salvini e cavalcare la polemica con il padre di Ilaria, Giorgia Meloni sta intensificando i contatti con Viktor Orbán, affinché le condizioni di detenzione della Salis migliorino. «Sin dall’inizio il governo ha fornito tutta l’assistenza possibile», ha detto il premier italiano a margine del Consiglio Ue, «anche in Ungheria c’è l’autonomia dei giudici e i governi non entrano nei processi, ma ho chiesto a Orbán che venga riservato un trattamento di dignità. Né io né Orbán possiamo entrare nel giudizio che compete la magistratura; posso solo sperare che Ilaria Salis sia in grado di dimostrare la sua innocenza in un processo veloce». Il premier ungherese ha fatto sapere che si muoverà per «garantire alla detenuta un trattamento equo» e che «Ilaria ha potuto fare delle telefonate e non è stata isolata dal mondo». Questo dopo che ieri sono state pubblicate alcune pagine del memoriale scritto da Ilaria in carcere: «Sono stata trattata come una bestia al guinzaglio. Da tre mesi sono tormentata dalle punture delle cimici nel letto».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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