2024-07-01
«Per avere i voti, Ursula dovrà accordarsi con i conservatori»
Massimiliano Salini (Imagoeconomica)
L’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini: «Se invece la maggioranza aprisse ai Verdi, bocciati alle urne, entrerebbero in scena i franchi tiratori. Il vero nazionalista retrivo è Macron».«La nuova maggioranza europea si allarghi ai conservatori, per porre fine alle follie green». Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia e vicepresidente della delegazione del Ppe al Parlamento europeo, sostiene che la partita sulla Commissione Ue è ancora apertissima: «Noi non molliamo fino all’ultimo giorno. E molto dipenderà dalle elezioni francesi: il vero nazionalismo retrivo non è quello dei partiti di destra, ma dei finti europeisti alla Macron, che portano avanti solo interessi politici particolari». Una cosa è certa: «Se entrano i Verdi in maggioranza, il Ppe non sarà della partita: e i franchi tiratori partirebbero all’assalto contro Von der Leyen. I cittadini alle urne ci hanno chiesto chiaramente di mettere fine all’ultra-ambientalismo: non possiamo voltargli le spalle per parlare solo di numeri: sarebbe disgustoso».Cosa è accaduto davvero al tavolo del Consiglio europeo? L’Italia è rimasta isolata?«C’è stato un colpo di reni dei protagonisti del precedente assetto europeo, che faticano a riconoscere la sconfitta nelle urne. Queste furbizie si sono insinuate all’interno delle istituzioni, ma hanno le gambe corte».E quindi?«Riprendo ciò che ha detto Antonio Tajani: noi sosteniamo una candidatura popolare a capo della nuova Commissione, a patto che si riconosca il risultato delle elezioni e si agisca di conseguenza. Ci sono cose che i cittadini non sono più disposti a digerire: il Partito popolare europeo, Ursula Von der Leyen, e in generale tutti coloro che parteciperanno alla maggioranza devono combattere il perpetuarsi di certe storture sinistre, come l’ideologizzazione del green deal, e alcuni capricci sui diritti spacciati per postura giuridica liberale. Gli elettori non accettano più questa deriva».Quando parla di «accogliere» il risultato del voto europeo nelle istituzioni di Bruxelles, lei si riferisce sia ai componenti della nuova maggioranza, che alle priorità programmatiche?«Certo. L’allargamento a destra si può ancora fare, i giorni che ci separano dalla votazione sono ancora parecchi. Da due anni Giorgia Meloni interloquisce con Von Der Leyen, speravamo in un punto di novità, un nuovo assetto europeo che coinvolgesse anche la famiglia conservatrice. Poi è arrivata la campagna elettorale e le relazioni si sono allentate».Fino allo stallo di oggi. In ogni caso, l’unica strada è l’accordo con i conservatori?«Sì, e noi insistiamo su questo percorso fino alla votazione finale, magari trattando anche con le singole delegazioni nazionali. È un metodo che si è sempre utilizzato. Del resto, all’interno delle famiglie politiche europee, le posizioni sono sempre articolate e differenti: dobbiamo andare a vedere chi è disposto a dialogare. Fratelli d’Italia, per esempio, ha sempre avuto un atteggiamento improntato al dialogo rispetto ai conservatori francesi, rumeni o polacchi».Quanto è alto il rischio che la votazione su Ursula von der Leyen diventi un Vietnam?«Se prendesse piede, come vorrebbe qualcuno a sinistra, l’ipotesi di traghettare i Verdi nella maggioranza, vi assicuro che i franchi tiratori partirebbero all’assalto».È l’ipotesi ventilata da Elly Schlein: l’allargamento della maggioranza agli ultra-ambientalisti. Il capogruppo di Forza Italia al parlamento europeo Antonio Martusciello la legge cosi: «I socialisti vogliono impallinare Ursula nel voto segreto». È questo il piano della sinistra?«Non posso escluderlo. La sinistra vuole certamente mettere in difficoltà Von der Leyen nel nuovo Parlamento. Tutto il Ppe è fermamente contrario all’ingresso dei Verdi».Dunque Von der Leyen non ha scelta, se vuole evitare la graticola in aula?«Se restiamo con lo stesso candidato, e cioè Von der Leyen, bisogna per forza allargare la maggioranza. Se invece vogliamo tenere la vecchia maggioranza, bisognerà cambiare candidato».Quindi se Von der Leyen aprisse ai Verdi, Forza Italia cercherebbe un altro candidato?«Non sono in grado di dirlo, ma Tajani è stato chiaro: in quel caso non ci stiamo. Per sostenere una candidatura popolare a capo della Commissione, ripeto, sono altre le strade».Come giudica questo teatrino di trattative, che obiettivamente agli occhi dei cittadini appare poco comprensibile?«Al di là del nome, che può essere quello di Von der Leyen o di qualcun altro, è giusto lavorare sulla conferma di un presidente popolare. Però bisogna mostrare di aver capito il messaggio inviato dagli elettori. Parlare solo di numeri, dimenticando i sentimenti espressi chiaramente dai cittadini, è uno spettacolo disgustoso».E qual è la richiesta che arriva dal popolo?«I cittadini europei ci hanno invitato chiaramente a considerare superata la vecchia maggioranza. Ho girato decine di piazze, e tutti mi hanno chiesto due cose: ripristinare la pace in Europa, e stoppare l’avanzata dell’auto elettrica e dei provvedimenti sulle case green. Non è una rabbia fine a sé stessa, ma una richiesta argomentata: quella di non distruggere il modello di sviluppo su cui l’Europa è stata costruita».È questo il grido di dolore che sale in Italia?«Non solo in Italia, ma in tutta Europa. Nella fase finale del precedente mandato, anche noi popolari ci siamo opposti agli eccessi ambientalisti, al fine di attutire l’impatto di certe leggi green sul sistema economico. Dobbiamo recuperare competitività, e non giocare con le follie verdi».L’Italia riuscirà ad avere esponenti di peso in Commissione?«Credo sia nelle cose. E vorrei si sapesse che Forza Italia è assolutamente al fianco di Giorgia Meloni in queste trattative».Intanto dicono che il presidente Macron ci avrebbe già soffiato la casella importantissima della vicepresidenza esecutiva dell’Unione.«Purtroppo sta prevalendo la logica di partito, la tutela dei piccoli orticelli di potere. Ma i giochi veri si faranno dopo le elezioni francesi: a seconda del risultato, Macron potrebbe ridimensionare molto le sue aspettative. Intanto, l’atteggiamento tenuto anche in questi giorni dal presidente francese mi fa rimpiangere le leadership europee del passato, quando l’unità prevaleva sul particolare».Oggi non è più così?«La principale espressione del nazionalismo più retrivo non è rappresentato dai partiti di destra, ma dai finti europeisti come Macron. Che sui principali nodi strategici, dalla difesa all’industria, ai flussi migratori, cerca di tutelare sotto mentite spoglie solo i suoi interessi particolari».Ha accennato all’esigenza di pace in Europa. Attraverso quale via?«Il veicolo della pace è la diplomazia, ma non confondiamo la diplomazia con la resa. Credo che una vera risoluzione del conflitto passi per l’unità europea e occidentale. È quella la premessa indispensabile per una pace degna di questo nome».E invece?«Il danno più grave che si può fare al percorso diplomatico verso la pace, ancora una volta, è comportarsi come Macron. Muoversi in solitaria, fare dichiarazione nazionalistiche al servizio di interessi politici interni: è un approccio solitario che va contro la nostra idea di comunità».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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