2023-07-20
Sul salario minimo Conte minaccia la piazza
Giuseppe Conte (imagoeconomica)
Slitta a martedì il voto in commissione. Il capo dei 5 stelle: «Dal governo chiusura totale, parleremo al Paese». Ed Elly Schlein si accoda: «Raccoglieremo le firme». Tommaso Foti (Fdi): «Per alzare le paghe la soluzione è applicare a ogni contratto nazionale».Il voto sull’emendamento soppressivo della proposta unitaria delle opposizioni sul salario minimo, dal Pd al M5s, da Azione a Avs, passando per +Europa e tranne Italia Viva, slitta a martedì. Dai dem ai pentastellati, si chiede che la maggioranza ritiri l’emendamento, «umilia 3 milioni di lavoratori» ha detto il dem Arturo Scotto, iniziativa che non dovrebbe precludere l’approdo del testo in Aula, previsto per il 28 luglio. Lo scontro frontale tra maggioranza e opposizioni è andato avanti anche ieri grazie alle forze d’opposizione che hanno organizzato interventi a pioggia con l’obiettivo di ritardare il più possibile il voto dell’emendamento presentato dalla maggioranza. L’ostruzionismo vuole tenere alta la tensione mentre c’è chi sembra soffiare sul fuoco evocando la piazza. Così ieri il leader del M5s Giuseppe Conte: «Sono intervenuto in commissione Lavoro sperando nella resipiscenza della maggioranza, che si ravvedessero. Invece c’è un atteggiamento di chiusura totale. L’unica cosa che hanno saputo presentare in quattro mesi di lavoro è un loro emendamento completamente soppressivo della nostra proposta. La presidente Meloni non si prende la responsabilità di portare rispetto e restituire dignità a 3.600.000 lavoratrici e lavoratori che prendono buste paga da fame. Facciamo la nostra battaglia in Commissione e in Aula e se non sarà sufficiente parleremo al Paese intero. Continueremo la nostra battaglia nel Paese». Se si perde a Palazzo lo scontro si può fare nelle piazze per l’avvocato pentastellato mentre la leader del Pd, Elly Schlein, è pronta a lanciare una raccolta firme. «È inaccettabile che la destra volti la faccia da un’altra parte. Il salario minimo è una misura su cui le opposizioni hanno unito le forze per chiedere che non si scenda sotto i 9 euro l’ora, altrimenti è sfruttamento e non può essere legale. L’emendamento soppressivo non è un dispetto a noi, vuol dire calpestare i diritti di lavoratori che sono poveri anche se lavorano. Continueremo a dare battaglia in Parlamento, ma credo dovremmo raccogliere firme in tutto il Paese. Il 75% delle italiane e degli italiani è favorevole». Per la segretaria che finalmente ha messo da parte i diritti civili e parla ai lavoratori, forse è un’opportunità per recuperare il consenso che secondo i sondaggi è in forte calo. Sull’argomento il vicepremier Antonio Tajani era stato chiaro: «In Italia non serve il salario minimo. Serve un salario ricco, perché non siamo nell’Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio». Anche su questa frase Conte aveva attaccato in commissione: «Il ministro Tajani ha parlato con frasi da bar, dette a vanvera, peraltro da un ministro degli Esteri che dovrebbe essere consapevole degli altri Paesi. Ci sono 21 Paesi su 27 in Ue che hanno questa misura. Come si può parlare con questa somma ignoranza?». Epperò soltanto 6 di questi Paesi (Lussemburgo, Olanda, Francia, Irlanda, Belgio e Germania) hanno un salario minimo sopra i 9 euro mentre gli altri 15 Paesi europei hanno salari minimi fissati per legge inferiori ai 7 euro orari: Spagna 6,06 euro, Portogallo 4,25 euro, Grecia 3,83 euro, Ungheria 3,21 euro e Bulgaria 2 euro l’ora. Inoltre la Commissione europea, al di là della vulgata dell’opposizione, nelle premesse della direttiva 2022, definiva l’Italia un Paese modello visto che la contrattazione collettiva rappresenta il 90% dei contratti di lavoro. Critiche al neosegretario azzurro erano arrivate anche da Carlo Calenda, leader di Azione: «Ha detto un’imbecillità. Il salario minimo ce l’hanno tutti i Paesi del G7, quindi gli Stati Uniti sarebbero sovietici? La Francia? La Germania ha aumentato il salario minimo più volte. Tutti i Paesi europei e occidentali hanno il salario minimo. Sotto una certa cifra non è lavoro, è sfruttamento. E questa cifra è 1.200 euro al mese netti». A questo punto lo slittamento a martedì del voto dell’emendamento potrebbe ridurre la discussione ma la maggioranza va avanti compatta. Per la deputata dem Cecilia Guerra, l’emendamento soppressivo «è un messaggio di difesa, hanno paura che questa proposta possa raccogliere consenso nel Paese» mentre per il presidente della Commissione Walter Rizzetto, Fdi, «è legittima la volontà delle opposizioni di prolungare la discussione ma serve arrivare prima o poi al voto di questi emendamenti». E aggiunge a ulteriore chiarimento il deputato Tommaso Foti: «Non abbiamo detto no al salario minimo ma alla modalità con cui l’opposizione vorrebbe imporlo, tenuto conto che sia i 5 stelle che il Pd, nei tanti anni in cui sono stati in maggioranza, anche governando insieme, non hanno mai presentato una proposta di legge in Parlamento per risolvere il problema. Gli schiavi, come li definisce il segretario Schlein, non erano prioritari allora? Bisogna tenere conto che in Italia il 97% dei contratti nazionali sono sottoscritti dalle maggiori organizzazioni sindacali. La nostra contrattualistica nazionale viene invidiata da tutta Europa. I contratti pirata non esisterebbero più se venissero applicati i contratti nazionali a tutti, si chiama contrattualistica erga omnes».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?