2019-06-27
Sala imbratta la sede del Comune per la marcia gay pro utero in affitto
Il sindaco di Milano completa la sottomissione all’ideologia Lgbt annunciando l’illuminazione arcobaleno di Palazzo Marino in onore della Pride week. Ma per il Pd le istituzioni non dovevano rappresentare tutti?Era il gennaio del 2016. Sul Pirellone, il grattacielo che ospitava gli uffici della Regione Lombardia, comparve una gigantesca scritta luminosa: «Family day». In alcune stanze del palazzo era stata lasciata la luce accesa, in modo da comporre le varie lettere. Qualcuno, però, si mise d’impegno per rovinare il gioco. L’opposizione di sinistra, Partito democratico in testa, cercò in tutti i modi di boicottare l’iniziativa, ovviamente spegnendo alcune luci in maniera dispettosa onde rovinare la scritta. Le polemiche furono particolarmente aspre, anche perché di lì a pochi giorni, Milano avrebbe ospitato una manifestazione a sostegno del ddl Cirinnà sulle unioni civili.Questo episodio è facile da ricordare per via del curioso battibecco sull’illuminazione, ma dal 2016 a oggi di analoghe manifestazioni di intolleranza ne abbiamo viste con allarmante frequenza. Non c’è bisogno di scomodare l’indegna campagna diffamatoria allestita contro il Congresso delle famiglie di Verona, basta fermarsi nei dintorni di Milano. Ogni volta che in Lombardia è stata organizzata una manifestazione a favore della famiglia o della vita, si sono levate urla sguaiate da parte del fronte progressista e dei gruppi Lgbt. Nel novembre dello scorso anno, tanto per fare un esempio, Pd e 5 stelle tuonarono contro l’appoggio offerto dalla Regione Lombardia al solito Family day. La pentastellata Monica Forte si indignò particolarmente: «Patrocinio inopportuno», disse. «La Regione rappresenta tutti i lombardi, dalla famiglia tradizionale alle nuove famiglie ai single, con figli indipendentemente da condizioni personali come razza, cultura, credo o orientamento sessuale». Belle parole. Non si capisce perché, tuttavia, lo stesso discorso sulla rappresentatività delle istituzioni non valga quando si tratta di manifestazioni arcobaleno.Già: quando c’è di mezzo il gay pride, tutto è concesso. In quel caso, patrocini, sponsorizzazioni ed elargizioni sono sempre apprezzate e applaudite. Giusto pochi giorni fa il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha pubblicato una foto che lo ritraeva con un paio di sgargianti calzini arcobaleno, manco avesse sbagliato candeggio e gli fossero usciti così dalla lavatrice. Il gesto, di per sé, era grottesco, il che rendeva ancora più irritante l’endorsement pro Lgbt. Sempre in nome dei diritti gay, Sala ha rinunciato ad almeno 200.000 euro di pubblicità che sarebbero finiti nelle casse pubbliche, solo perché non voleva levare le decorazioni rainbow dalla fermata della metropolitana di Porta Venezia.Adesso, non pago, il primo cittadino ne ha scodellata un’altra. «In occasione della parata conclusiva della Milano pride», fa sapere un comunicato stampa del Comune, «Palazzo Marino sarà illuminato con i colori della rainbow flag a partire da venerdì sera. Con questa ulteriore iniziativa l’amministrazione comunale manifesta il proprio sostegno, dopo aver concesso il patrocinio all’intera settimana della Milano pride». Non bastava il patrocinio, ci voleva anche la decorazione luminosa. Immaginiamo che, se qualcuno dell’opposizione protestasse con gli stessi argomenti utilizzati dal Pd per criticare l’appoggio al Family day, subito verrebbe accusato di razzismo e trattato da bigotto medievale.L’iniziativa del Comune, a quanto pare, è stata sollecitata dagli attivisti arcobaleno chiamati Sentinelli. «Poco c’importa quanto sia stato decisivo il nostro appello», hanno dichiarato ieri costoro. «Conta che i colori della bandiera arcobaleno illumineranno Palazzo Marino in questi giorni di avvicinamento al Pride. La politica è anche fatta di simboli. Questo per tanti di noi, aveva un grande valore».Non dubitiamo che per i militanti Lgbt si tratti di un segnale importante. Per tutti gli altri lombardi (e italiani), però, le cose stanno un po’ diversamente. Il gay pride non è semplicemente una manifestazione contro la discriminazione degli omosessuali. Se così fosse, non ci sarebbe nulla da ridire. Il fatto è che la parata arcobaleno è a tutti gli effetti un evento politico, che quest’anno si pone pure in maniera piuttosto aggressiva. Tra le altre cose, gli organizzatori del pride milanese scrivono nel loro documento politico: «Rivendichiamo la necessità di iniziare un percorso di riflessione che, nel pieno rispetto della libertà di autodeterminazione e nella piena tutela delle persone coinvolte, porti anche in questo Paese ad un inquadramento che disciplini la gestazione per altre e altri». In sostanza vogliono che sia sdoganato l’utero in affitto, pratica proibita dalla legge e ripetutamente condannata da vari tribunali. Ci chiediamo: perché un Comune dovrebbe sponsorizzare una iniziativa politica che chiede di legalizzare la gestazione per altri? In questo caso le istituzioni non devono «rappresentare tutti», tanto più che c’è di mezzo una pratica vietata?Con la scusa del rispetto e dell’inclusione, i tolleranti capoccia del Pd offrono spazio e sostegno a un’ideologia pericolosa e liberticida. Ma nessuno può protestare, pena passare per omofobo. E allora andiamo avanti così, con l’esibizione di calzini e con le lucine colorate. In attesa che Sala, replicando un celebre gesto del suo predecessore Gabriele Albertini, si mostri in pubblico abbigliato delle sole mutande. A tinte arcobaleno, ovviamente.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson