2025-09-22
Ryad Mezzour: «Possiamo già fornire il 50% dell’elettricità consumata dall’Ue»
Parla il ministro dell’Industria e del Commercio: «Il gasdotto atlantico che collegherà il Sahel al porto di Dakhla è una risposta anche al problema migratorio: renderà il continente un mercato più attraente».Ryad Mezzour è il ministro dell’Industria e del Commercio del Marocco.Le ha studiato all’estero ed in particolare in Svizzera; come ha influenzato il suo modo di lavorare e ora il suo modo di essere ministro?«Quando si trascorrono 14 anni in un Paese, si acquisiscono nuovi modi di vedere le cose, nuovi modi di affrontare i problemi, un nuovo modo di risolverli, un nuovo modo di lavorare insieme. È completamente diverso. Innanzitutto, la Svizzera è un Paese in cui tutto si basa sulla fiducia. Quindi, il valore della fiducia è piuttosto interessante e penso che sia la prima cosa che ho messo alla prova quando sono tornato in Marocco. Significa lavorare in un clima di fiducia e meno in un clima di controllo, autorità, ecc. Questa è la prima cosa che ho portato con me dalla Svizzera e che è piuttosto interessante. La seconda è lavorare con processi abbastanza chiari, con una spiegazione generale di ciò che si fa e perché lo si fa, per coinvolgere tutti. Ciò significa rendersi conto che ognuno deve sapere quale ruolo svolge e qual è l’importanza del proprio ruolo nel team per garantire il raggiungimento degli obiettivi. Quindi, un intero modo di lavorare e una mentalità. Poi, ovviamente, con la cultura svizzera e in particolare quella svizzero-tedesca, dove l’efficienza, il rigore, la cultura del risultato, la cultura del dettaglio».In che modo questa influenza, è stata importante per la strategia volta a rafforzare il «made in Morocco»?«Innanzitutto, il “made in Morocco” non si costruisce con un ministro. Il “made in Morocco” è una visione di Sua Maestà (Mohammed VI, ndr) da oltre 25 anni ed è stato concepito in un sistema economico globale. La prima cosa da dire è che, se si vuole avere un sistema di produzione competitivo, è necessario avere un numero sufficiente di clienti per i propri prodotti. E per avere un numero sufficiente di clienti, un Paese delle dimensioni del Marocco, e con un’economia delle dimensioni di quella del Marocco dell’epoca, non era sufficiente per assorbire un sistema di produzione di livello mondiale. Era quindi necessario aprire l’economia e nuovi mercati. La prima cosa da fare era firmare accordi di scambio per consentire a chi produceva in Marocco di avere accesso a una base di clienti più ampia. Oggi, se consideriamo il numero di popolazioni con cui abbiamo accordi commerciali e accordi di scambio, siamo circa 3 miliardi di persone sulla terra. Ma attenzione, è un sacrificio. È un sacrificio perché quando si chiede a qualcuno di aprire il proprio mercato, che sia all’Unione europea o alla Turchia o agli Stati Uniti o ai Paesi arabi o ai Paesi africani, loro dicono: sì, d’accordo, siete i benvenuti, ma anche noi vogliamo vendere da voi. Quindi bisogna anche accettare di sacrificare il tessuto produttivo non competitivo che avete nel vostro Paese. Questo è stato il primo sacrificio che è stato fatto».E il secondo sacrificio? «È stato quello di dire che se si vuole avere una base produttiva competitiva, gli aspetti logistici devono essere all’altezza. La logistica rappresenta il 20-25% del costo di produzione e quindi è necessario avere un sistema di collegamenti, in particolare interni e internazionali, che sia ultra competitivo. Si tratta quindi di investimenti molto onerosi per un Paese in via di sviluppo piuttosto povero. Venire a dire: bene, signore e signori, innanzitutto metteremo a rischio gli strumenti di produzione che abbiamo per crearne uno nuovo, più competitivo, più grande, più ampio. In secondo luogo, investiremo gran parte delle risorse di cui disponiamo in infrastrutture di livello mondiale. Costruiremo 2.000 km di reti autostradali, realizzeremo un porto di livello internazionale e forse anche un secondo e un terzo per poter collegare. Realizzeremo una linea ad alta velocità, svilupperemo il nostro sistema energetico rendendolo sempre più verde, ecc. Mentre la popolazione chiede più scuole, più sanità, ecc. È un secondo sacrificio estremamente importante da compiere ed è per questo che oggi vediamo questa rete di infrastrutture che vediamo qui».E il terzo ? «Dopo che il progetto è stato avviato, bisognava convincere gli industriali a venire a fare investimenti. Quando abbiamo riportato la produzione di automobili 15 anni fa, facevamo un po’ di assemblaggio di automobili. Assemblavamo più o meno 10-12.000 veicoli in uno stabilimento a Casablanca, avvitavamo un po’ di bulloni, facevamo due o tre saldature. Ora abbiamo una capacità installata di costruzione, non di assemblaggio, di un milione di auto, 15 anni dopo. Quindi era necessario che i primi ci dessero fiducia. Il primo gruppo che ci ha dato fiducia è stato Renault, dicendo: crediamo nel Marocco, c’è un nuovo porto in costruzione, il collegamento con la logistica che porta una nuova ventata, una nuova capacità, ci darà competitività in un Paese che ha firmato accordi di libero scambio, in un Paese che ha giovani, che ha talento, e quindi cercheremo di fidarci di lui. Dopo aver attirato gli investitori, era necessario che si insediassero, che avessero le zone industriali necessarie, con l’energia necessaria, con i talenti necessari. Quando non hai mai costruito automobili o ne hai costruite pochissime, e ora abbiamo 260.000 persone che lavorano nel settore automobilistico, occorre formare le persone, devono imparare a costruire automobili di livello mondiale, a fare l’assemblaggio, i test, la qualità, il design, ecc. di livello mondiale. Quindi tutto questo è un lavoro, non è qualcosa che è venuto dal nulla, è il risultato di un accumulo, governo dopo governo, nell’ambito di una visione globale». La vostra grande ambizione per il Marocco era l’energia rinnovabile. Come pensate di attirare investitori in questo settore? «Innanzitutto, gli investitori ci sono già. La nostra unica difficoltà è qualificarli, perché tutti sanno, il mondo intero sa che il Marocco ha già oggi un potenziale competitivo tale da fornire il 50% dell’elettricità dell’Unione europea. Il 50% dei 3.000 TWh consumati, ovvero 1.600-1.700, è oggi mobilizzabile in Marocco, sia tramite energia solare che eolica, onshore e offshore. Quindi, in termini di potenziale identificato ed esistente, abbiamo la capacità di fornire più o meno il 50% dell’elettricità di cui l’Europa ha bisogno a prezzi competitivi. Sapendo questo, gli investitori si stanno precipitando a individuare i luoghi migliori dove c’è più sole e più vento, per prenotarli subito in attesa che si realizzi il progetto. Ecco perché, ad esempio, il piano idrogeno marocchino ha chiesto agli investitori di fare un’offerta, e ne abbiamo ricevute 40 da investitori di tutto il mondo. Quindi, gli investitori ci sono, stiamo procedendo gradualmente con progetti estremamente qualificati che hanno i giusti off-take o la giusta trasformazione o il giusto utilizzo. Per semplificare, oggi le energie rinnovabili ci permetteranno, ad esempio, di risolvere il nostro problema idrico. Sapete che in Marocco abbiamo un problema idrico e abbiamo un obiettivo che è stato fissato dal sovrano ed è molto semplice. Oggi, il sistema idrico marocchino, che si tratti del sistema di stoccaggio, del sistema di trasferimento dell’acqua tra i bacini e del sistema di produzione, di essiccazione o di riutilizzo dell’acqua, il sistema idrico globale, deve consentire entro il 2028-2030, indipendentemente dalle precipitazioni, di fornire il 100% dell’acqua potabile in modo permanente alla popolazione e l’80% dell’acqua necessaria per l’agricoltura. Quindi utilizziamo le nostre energie rinnovabili per avere acqua, primo obiettivo. A livello di sistema di produzione industriale, è molto semplice. Oggi ho accesso a energia rinnovabile meno costosa dell’energia fossile. Quindi è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere questo vantaggio. Siamo uno dei pochi Paesi al mondo ad avere energia rinnovabile meno costosa dell’energia fossile. Inoltre, non abbiamo energia fossile, non abbiamo né petrolio né gas. Quindi il nostro interesse è fare in modo che tutta la nostra industria passi il più rapidamente possibile alla produzione da energia rinnovabile».Cosa può fare il Marocco nell’ambito del Piano Mattei promosso dall’Italia? «Il progetto di integrazione atlantica, con gasdotto e collegamento del Sahel al porto di Dakhla , dovrebbe essere centrale nel Piano Mattei. Un’infrastruttura di questa portata affronta simultaneamente questioni energetiche e migratorie, creando valore in un quadro collaborativo. Sempre più partner si uniscono al corridoio atlantico e saheliano, che potrebbe estendersi fino al Ciad. L’investimento, stimato in 500 miliardi di dollari, attraversa aree ricche di materiali strategici e avrebbe un impatto trasformativo sul Sahel, se realizzato congiuntamente. Il progetto promette di elettrificare la regione, migliorare la produzione agricola con fertilizzanti, valorizzare le risorse naturali e sostenere l’industria, risolvendo problemi strutturali e rafforzando i nostri rapporti di vicinato. Inoltre, renderebbe l’Africa un mercato più attraente anche per le imprese italiane».
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