2022-02-26
I ruggiti dello zar servono a domare la fronda nel governo e tra gli 007
L’escalation innescata dall’opposizione a Vladimir Putin, che ha umiliato il capo dei servizi, ma ha dovuto fronteggiare pure i dubbi di Sergej Lavrov e dei militari. Ora il Cremlino teme due insidie: gli oligarchi e il malcontento popolare.La drammatica accelerazione della crisi in Ucraina è stata decisa in totale solitudine da Vladimir Putin non solo perché insoddisfatto delle risposte arrivate dagli Stati Uniti e dagli alleati ma anche per dare un segnale della propria forza a coloro che nel suo ristretto staff gli hanno sconsigliato più volte di iniziare un’avventura militare costosissima sia in termini di vite umane (anche da parte russa) che economica. Tra loro spiccano il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, uomo di raffinata intelligenza e politico di lungo corso che negli anni ha costruito i maggiori successi russi colti in Siria, al rinnovato rapporto con la Cina, dalla Libia alla Turchia, che ha tentato fino all’ultimo di tenere aperto il dialogo con la Casa Bianca tanto che nel corso di faccia a faccia (naturalmente in videoconferenza) con il presidente russo lo aveva esortato a non fare parlare le armi: «Signor presidente, gli Stati Uniti hanno avanzato proposte concrete. In questa fase, suggerirei di continuare e costruirle». Anche tra le agenzie di intelligence c’è fermento, come ha mostrato la scena vista in tutto il mondo, dove il potentissimo capo dei servizi d’intelligence esterni (Svr), Sergei Naryshkin, è stato bacchettato pubblicamente dal presidente russo prima che il leader del Cremlino riconoscesse in diretta tv l’indipendenza delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk in Ucraina, solo perché Naryshkin non mostrava entusiasmo alle parole di Putin. Una scena che ha mostrato in maniera plastica tutta l’arroganza di un uomo che ormai disprezza chiunque osi contraddirlo o il fastidio verso chi non si spella le mani al suo passaggio. Sergej Naryshkin da qualche giorno è scomparso dai radar e non è escluso che sia stato spostato ad altro incarico o dimesso. Putin già di per sé molto diffidente e poco incline ai rapporti sociali formatosi tra i veleni e i complotti del Kgb, con l’inizio della pandemia ha deciso di mettere un muro tra sé e il resto del mondo passando tutto il suo tempo nelle sue lussuosissime residenze, dove si è fatto costruire una copia perfetta dell’ufficio presidenziale del Cremlino, un fatto che non è sfuggito a milioni di russi che si sono divertiti sul Web a trovare le differenze nelle righe del parquet e nel posizionamento degli interruttori delle luci. Questo non ha fatto altro che rallentare l’azione di governo e a scatenare la guerra interna per chi lo potesse vedere e quindi raccontargli cosa accadeva «a corte». Nonostante la propaganda russa in queste ore mostri il presidente e il suo popolo uniti in un abbraccio per «denazificare l’Ucraina» la popolazione è rimasta letteralmente stordita dall’inizio di una guerra che non capisce e che non vuole, vista la difficilissima situazione economica del Paese nel quale stanno bene solo gli oligarchi amici di Putin. In particolare i giovani sui quali la propaganda imperiale russa non fa effetto e temono ulteriori restrizioni alla già poca libertà di opinione mentre le famiglie e i lavoratori hanno paura di una nuova ondata inflazionistica dopo quella che ha obbligato lo scorso 20 dicembre 2021, la Banca di Russia a innalzare i tassi di interesse di 100 punti base fino all’8,5%, di fatto il valore più alto dal 2017. Anche nell’esercito, che nella propaganda del Cremlino è sempre compatto dietro al suo invincibile condottiero, moltissimi ufficiali hanno apprezzato e manifestato il loro consenso alle lettera aperta del 78enne colonnello generale in pensione Leonid Ivashov, intitolata La vigilia della guerra, nella quale il generale ha parlato «della politica criminale di Putin nel provocare una guerra nonostante la Russia non debba affrontare alcuna minaccia critica», avvertendo Putin «di non entrare in guerra con l’Ucraina», accusandolo frontalmente «di aver scatenato un conflitto artificiale» per distrarre l’opinione pubblica dai suoi problemi interni, che è quello che pensano molti sia in Russia che all’estero. Altra spaccatura l’ha evidenziata l’appello del colonnello generale Ivashov Leonid Grigorievich, che ha scritto una lettera molto dura al presidente e ai cittadini della Federazione russa, nella quale ha criticato l’intervento militare.Mentre in Ucraina stanno arrivando 10.000 militari ceceni al grido di Allah u akbar (Allah è grande), divisioni e preoccupazioni stanno esplodendo anche tra gli oligarchi che vivono in Russia, ma soprattutto tra coloro che vivono come nababbi all’estero specie a Londra chiamata per questo «Londongrad». È questo quello che emerge da una serie di report dell’intelligence britannica che in questi ultimi giorni ha registrato le mosse di uomini (40-50) che possiedono in Gran Bretagna proprietà immobiliari per un miliardo e mezzo di sterline (circa 1 miliardo e 800 milioni di euro). Costoro temono di essere espulsi e di finire nel libro nero, come accaduto all’oligarca amico di Putin Roman Abramovich, proprietario della squadra di calcio del Chelsea, che è stato bandito a vita dal Regno Unito. Infine, tra coloro che hanno tentato di fermare l’azione militare ci sono decine di dirigenti delle tredici società russe colpite dalle sanzioni. Tutti rimasti inascoltati mentre la guerra continua e la gente muore.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)