2021-10-15
Stretta doppiopesista: Roma per i sindacati è sempre città aperta
La Cgil va in piazza nel sabato del silenzio. La manifestazione di oggi sgradita al potere viene invece spostata al Circo Massimo.Puntuale quanto sgradevole, sembra aver avuto avvio un primo giro di vite sulla libertà di manifestazione. Come spesso capita in questi casi, il Corriere della Sera aveva fatto da apripista già nella mattinata di lunedì, titolando testualmente a pagina 3 «Stretta sui cortei». E nell'articolo si leggeva: «La linea è tracciata: adesso la strategia deve cambiare, il sistema di prevenzione - questa la posizione di Palazzo Chigi - deve essere più incisivo e attento. Il via libera alle manifestazioni dovrà arrivare dopo una valutazione rigorosa dei rischi, limitando al massimo i cortei». Avete letto bene: «limitando al massimo i cortei». E non occorre particolare fantasia per immaginare quali reazioni ci sarebbero state se ipotesi del genere fossero state anche solo lontanamente prospettate ai tempi di Matteo Salvini ministro dell'Interno. Si sarebbe gridato alla torsione autoritaria, alla lesione del sacro articolo 17 della Costituzione, quello che recita così: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica». Come si vede, il divieto o le restrizioni dovrebbero essere circostanze assolutamente eccezionali e motivate.E invece, in questo caso, il dibattito che si è aperto da sabato scorso appare francamente paradossale: non essendo stato il Viminale in grado di assicurare una gestione appropriata ed efficace dell'ordine pubblico, e avendo la stessa Luciana Lamorgese ammesso l'altro ieri a Montecitorio che si è di fatto deciso di lasciare un margine piuttosto ampio di azione all'ineffabile Giuliano Castellino nel timore di eventi ancora peggiori, a pagare il conto sembra essere - un'altra volta - una libertà costituzionale dei cittadini. Con un tocco surreale, sempre il Corriere martedì aveva parlato dell' «ira di Lamorgese: mai più giorni simili». Come se altri, e non lei stessa, fossero i responsabili apicali della catena di comando del Viminale. Quel che è peggio è il retrogusto amaro di doppiopesismo che si avverte, o addirittura di scrutinio fatalmente politico di ogni manifestazione in calendario da adesso in poi, con tutto il carico di discrezionalità e di arbitrarietà che questo tipo di valutazioni inevitabilmente possono comportare.E così, si accetta con nonchalance l'idea che sabato, in pieno silenzio elettorale, si svolga in Piazza San Giovanni un (presumibilmente assai numeroso) evento organizzato da Cgil, Cisl e Uil in solidarietà con il sindacato guidato da Maurizio Landini. Per carità: la Cgil è stata oggetto di un'aggressione orribile da parte di Forza nuova, che merita una punizione severissima. Ma siamo sicuri che la manifestazione di sostegno (definita dagli organizzatori «una grande manifestazione nazionale e antifascista per il lavoro e la democrazia") non potesse che avvenire proprio domani, in un presumibile tripudio di bandiere rosse, nel giorno del silenzio elettorale? Non serve un indovino per comprendere l'oggettiva valenza anche politico-elettorale di un evento di questo genere, con l'immensa copertura mediatica che lo accompagnerà. Non si poteva farla due giorni dopo, a urne chiuse? Contestualmente, a dare il senso dei due pesi e delle due misure, contribuisce la decisione resa nota ieri a proposito di un'altra manifestazione, quella organizzata dai «No green pass», e prevista per oggi, data fatidica del 15 ottobre, giorno in cui scatta l'obbligo più stringente di certificazione verde anche per lavorare. Ognuno comprende quanto, su un tema così caldo, sia essenziale consentire pienamente la libertà di manifestazione e una legittima espressione di dissenso. Bene, tale libertà non è stata conculcata. Però la si è in qualche modo «transennata», decidendo di non consentire che lo svolgimento dell'evento fosse nella centralissima Piazza Ss. Apostoli (mille altre volte sede di manifestazioni politiche anche molto accese), ma decentrandolo un po'. Si dirà che si tratta solo di poche centinaia di metri in linea d'aria: prima infatti lo spostamento sembrava avere come destinazione finale la Bocca della Verità, mentre poi le autorità hanno puntato sull'adiacente Circo Massimo.Intendiamoci: si tratta di una sede a sua volta centrale (e, se la manifestazione fosse enorme, certamente adeguata in termini di spazio), ma è pur sempre un luogo assai più distante dai palazzi del potere rispetto a Ss. Apostoli. E resta il fatto che ad essere spostata più in là è stata proprio la manifestazione «sgradita» a chi è oggi al potere, mentre quella «gradita» risulta confermatissima - come abbiamo visto - in pieno silenzio elettorale. Ripercorriamo la sequenza degli spostamenti. Dapprima, come detto, la sede immaginata era SS. Apostoli, ma poi era giunto lo stop del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza: «La notevole pubblicizzazione sui social potrebbe richiamare un numero maggiore di persone, superiore a quello dichiarato dal promotore, e di diversa estrazione». Quindi, il dirottamento alla Bocca della Verità. Poi, l'ulteriore spostamento: pure la Bocca della Verità è stata reputata «inidonea a contenere un eventuale numero maggiore di manifestanti, nonché limitrofa a uffici impegnati nella gestione delle consultazioni elettorali». Sottolineatura interessante: ci si preoccupa delle elezioni di domenica prossima il venerdì, ma non il sabato (quando si svolgerà la manifestazione della Cgil). Sta di fatto che la Questura ha fatto sapere di aver «adottato un divieto di svolgimento della manifestazione nella piazza, prescrivendo che l'iniziativa si svolga, nella stessa data, con medesimo orario, presso il Circo Massimo».