
Il Cremlino ha sottovalutato il pericolo, nonostante l’allarme statunitense. E ha lasciato precipitare il Paese nell’incubo delle stragi. Gli islamisti non perdonano la repressione, gli interventi in Siria e l’asse con gli sciiti.«I combattenti dello Stato islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia di Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grande distruzione». Così lo Stato islamico (e non il suo affiliato Isis-Khorasan, che ha però fornito gli uomini del commando), ha rivendicato, attraverso la sua agenzia di stampa Amaq, l’attentato di venerdi sera nella sala da concerti Crocus City Hall di Mosca. Che non potessero essere stati gli ucraini o milizie a loro affiliate lo si era capito dai primi video che erano circolati su Telegram, mentre i jihadisti ammazzavano senza pietà uomini, donne e bambini. A Mosca intanto regna il caos, il Paese si ritrova immerso nell’incubo dei suoi anni più cupi, ricordando gli orrori delle stragi terroristiche del 1999, anno segnato dagli oscuri attentati ai condomini di Mosca. Poi, gli anni Duemila hanno portato con sé gli attacchi dei commando ceceni e delle «vedove nere», con attentati suicidi su treni, metropolitane, aerei e autobus, oltre alla drammatica presa di ostaggi al teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 e alla scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord, nel 2004. Le modalità dell’attacco ricordano quanto avvenne il 13 novembre 2015 all’interno del Bataclan di Parigi, dove un commando jihadista uccise 90 persone (quella notte le vittime furono 130 e 450 feriti) e tra loro trovò la morte anche la nostra connazionale Valeria Solesin. Anche allora i jihadisti sparavano all’impazzata a qualsiasi cosa si muoveva e chi si è salvato ha raccontato di essersi finto morto sotto i cadaveri dei propri amici. Per l’intero apparato di sicurezza russo si tratta di una débâcle, perché i segnali che qualcosa di grosso era in preparazione erano evidenti. Tuttavia, con la guerra in Ucraina e le minaccia rappresentata dai droni ucraini e le milizie pro Kiev che continuano a colpire, il pericolo jihadista è stato trascurato. Lo scorso 7 marzo, l’ambasciata Usa in Russia aveva emesso un avviso sul suo sito Web, consigliando ai cittadini americani di evitare grandi raduni nella Capitale russa, inclusi concerti, per le successive 48 ore, a causa delle minacce terroristiche. Tale avviso è stato condiviso anche dal ministero degli Esteri britannico. I russi però non hanno voluto ascoltare e martedì 19 marzo, la Tass ha riportato le parole di Vladimir Putin, che ha definito questi alert «un vero e proprio ricatto». Lo stesso vale per il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (Fsb), che si occupa della sicurezza interna, che non è stato in grado di prevenire la minaccia, mentre le forze speciali russe l’altra sera sono arrivate sul posto con oltre un’ora di ritardo. Un fallimento completo, peggiorato anche dal maldestro tentativo da parte dell’Fsb di dare la colpa agli ucraini con la fotografia di un camioncino con targhe ucraine nei dintorni della Crocus City Hall di Mosca. Poi la rivendicazione dell’Isis ha fatto saltare i piani.Ma perché lo Stato islamico ha colpito la Russia? Putin, al pari di Donald Trump, è da sempre un nemico giurato dei jihadisti (Al Qaeda per quanto successo in Afghanistan) e in particolare di quelli che fanno riferimento allo Stato islamico, che ha giurato vendetta dopo l’intervento russo in Siria nel 2015 a favore dell’esercito del presidente siriano, Bashar Al Assad. Inoltre Putin ha sempre represso nel sangue le aspirazioni di tutti i gruppi jihadisti che vogliono la nascita di un «Emirato del Caucaso», come ci conferma l’analista Costantino Pistilli: «Esistono più di 15 organizzazioni terroristiche operanti nel Paese, secondo i servizi di sicurezza russi. Inoltre, ci sono connessioni tra i terroristi ceceni, balcanici e afgani che puntano alla nascita dell’Emirato. Gli attacchi terroristici sono principalmente concentrati in Cecenia, ma anche in regioni come il Daghestan, il territorio di Stavropol, l’Ossezia del Nord e Mosca, considerate pericolose. Le regioni meridionali della Russia hanno subito attacchi solo in casi eccezionali». La vendetta dei jihadisti arriva con tempismo perfetto proprio a ridosso della scontata rielezione di Putin, che con il suo sostegno ad Hamas, alla jihad islamica e alla spericolata intesa con gli sciiti iraniani, vuole diventare in chiave anti Usa il difensore dei musulmani su scala globale, un po’ come sta facendo da mesi il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, a sua volta odiato dai jihadisti. Tanto che nell’ultimo numero di Voice of Khurasan, organo ufficile dell’Isis-k, si invitano i militanti a colpire la Russia, la Turchia, l’Iran, gli Stati Uniti, Israele e i Talebani. In molti ora scommettono sulla vendetta dello zar nella regione del Caucaso musulmano. Tuttavia, il presidente russo, che nel frattempo ha rotto con il Mossad israeliano, che nell’area ha antenne sensibili, dovrà riflettere se imbarcarsi in una nuova guerra. In Russia vivono circa 25 milioni di musulmani, la più alta percentuale in Occidente, tra il 12% e il 15% della popolazione, e questo dato non tiene conto dei tre-quattro milioni di immigrati provenienti dalle ex Repubbliche sovietiche, né dei russi che abbracciano l’islam attraverso la conversione. E tutto questo lo Stato islamico lo sa.
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.






