2024-01-04
Ritirate sei armi al deputato «pistolero»
Emanuele Pozzolo (Imagoeconomica)
Giro di vite della prefettura contro Emanuele Pozzolo dopo il veglione con sparatoria. La Procura di Biella ha blindato le dichiarazioni dei presenti alla festa, ma la dinamica resta ancora incerta. Il politico di Fratelli d’Italia verso la sospensione dal partito.Sospensione. Potrebbe essere questo il provvedimento che Fratelli d’Italia prenderà per punire la «leggerezza pericolosa» commessa dal deputato Emanuele Pozzolo iscritto nel registro degli indagati per i reati di lesioni colpose, accensioni ed esplosioni pericolose e omessa custodia di armi, dopo aver portato al veglione di Capodanno una mini pistola che ha ferito il 31enne Luca Campana genero del caposcorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, presente alla festa. Un «fatto di cronaca», questa la linea del partito di maggioranza, che ha fatto saltare su tutte le furie la leader di Fdi nonché premier Giorgia Meloni soprattutto per la rilevanza che l’episodio ha avuto sulla stampa internazionale proprio nel giorno in cui è iniziata la presidenza italiana del G7 e che avrà oggi nella conferenza stampa di fine anno, rinviata due volte per problemi di salute. Il caso è diventato politico dopo gli attacchi dell’opposizione a cominciare dalla segretaria Pd Elly Schlein: «Questi incapaci sono un pericolo per la sicurezza di quelli che hanno intorno, figurarsi per quella nazionale. Meloni chiarisca». Che certi comportamenti possono danneggiare Fdi è evidente dalla scarsa difesa, dentro il partito, del deputato «fratello» dal 2019 dopo essere stato consigliere comunale della Lega Nord. Chiaro il presidente del Senato Ignazio La Russa, che in un’intervista aveva commentato: «C’era bisogno di andare armato? Per me è sempre inopportuno, ma non è una questione politica. Il partito valuterà eventuali provvedimenti. Io considererei meno grave se fosse partito un colpo a lui, piuttosto che non ad altri a cui lui ha dato la sua pistola».Nel frattempo proseguono le indagini che ruotano attorno all’ipotesi colposa, cioè quella di un incidente. Su ciò che è accaduto indagano i carabinieri, che nell’informativa consegnata ai pm hanno messo in fila le deposizioni. Quella di Pozzolo: «Il colpo è partito accidentalmente da una pistola da me regolarmente detenuta, ma non sono stato io a sparare». E quelle dei partecipanti al veglione, da cui non risulta che altri stessero maneggiando l’arma». Secondo i racconti alla festa erano rimasti in una ventina, bimbi compresi, rispetto ai 30 partecipanti dell’inizio, quando a brindisi conclusi, intorno all’1.30, c’è stato lo sparo partito dalla minipistola di Pozzolo che ha ferito lievemente Campana. Le testimonianze degli ultimi adulti rimasti, sono state acquisite tutte dalla Procura di Biella e dai carabinieri. Lo spavento per il colpo della piccola arma da fuoco e il ferimento sono nel racconto di tutti, con la corsa poi da una parte a tranquillizzare i bambini e dall’altra a chiamare i soccorsi per Luca Campana, 31 anni, di Candelo, portato nel vicino ospedale di Ponderano, dove gli è stato estratto il proiettile, per essere dimesso già a Capodanno. Tra le persone sentite non risulterebbero il sottosegretario e nemmeno la sorella, Francesca Delmastro, sindaca di Rosazza, che aveva affittato i locali della proloco per la festa con familiari e la scorta del fratello, i cui componenti avevano portato anche i propri parenti, per restare tutti insieme la sera di San Silvestro. Il sottosegretario alla Giustizia al momento dello sparo, come dichiarato subito dopo l’incidente, definendosi «basito» era già fuori per sistemare nella sua auto alcune borse con avanzi del cenone, pronto a rincasare con la propria famiglia. La sorella invece aveva raccontato di essere andata via dopo avere aiutato a sparecchiare, per la necessità di badare al proprio cane. Sconcertata aveva aggiunto: «Se qualcuno avesse saputo di quell’arma, a partire da mio fratello, non lo avrebbe fatto nemmeno entrare. Non aveva mai parlato della sua pistola, in maniera più assoluta. Non sapevo nemmeno ne avesse una o che avesse il porto d’armi». Sulle testimonianze resta il riserbo, perché proprio dai dettagli che ciascuno ha riferito, gli inquirenti cercheranno di ricostruire quanto accaduto quando il deputato di Fdi è arrivato per salutare, a festa conclusa, dopo essere già passato, a inizio serata, venendo dalla sua residenza nel paese accanto, Campiglia Cervo. Sarebbe stato lui, secondo un testimone, ad avere tirato fuori l’arma per farla vedere ai presenti. Come sia partito il colpo, accidentale, è ciò che resta da chiarire. Agli atti c’è però il fatto che il deputato nega di avere sparato. Dai carabinieri del Ris di Parma si attendono dunque gli esiti dello stub, l’esame per verificare la presenza di polvere da sparo, sulle mani e sugli abiti (jeans e pile) di Pozzolo. Abiti che il deputato non aveva consegnato, invocando l’immunità parlamentare. Già sequestrata la piccola pistola e il proiettile rinvenuto nella coscia di Campana mentre la Prefettura di Biella sospenderà il porto d’armi per la difesa personale rilasciato qualche mese fa al deputato, insieme a quelli di cui disponeva per l’utilizzo di pistole e fucili (sei in tutto) nei campi di tiro nazionali regolarmente detenuti e custoditi nella sua abitazione. Inoltre ancora nessuna querela è stata depositata da Campana. «Abbiamo sessanta giorni di tempo» ha spiegato l’avvocato Marco Romanello, che lo assiste, «Prenderemo una decisione insieme su cosa fare quando si sarà ripreso». Il giovane, elettricista specializzato, dipendente di un’azienda che si occupa di sistemi di allarme e di videosorveglianza e che ha vinto di recente anche il premio come operaio dell’anno, è a casa con una prognosi di dieci giorni e sarebbe ancora sotto choc. «Vuole soltanto dimenticare e lasciarsi alle spalle questa disavventura. Si è spaventato molto ma per fortuna è rimasto ferito in modo lieve. Ora vuole tornare al lavoro», assicurano i familiari.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.