2023-04-02
I ritardi del Pnrr sono un dono, avremo meno debiti
Mi rallegra sapere che non si butteranno soldi pubblici in opere inutili: i 200 miliardi in arrivo dall’Europa non sono un regalo ma andranno resi con gli interessi. E non è un male perdere qualche finanziamento, non ci saranno monumenti allo spreco.Che l’attuazione del Pnrr fosse in ritardo già ai tempi di Mario Draghi lo sapevano anche i sassi. Anzi, i banchieri. Era l’inizio di novembre del 2021 quando il capo di uno dei più importanti istituti di credito italiani mi spiegò perché il piano nazionale di ripresa e resilienza sarebbe stato un flop. A differenza di ciò che raccontavano i giornaloni, abbacinati sulla via di Palazzo Chigi, la famosa cabina di regia che avrebbe dovuto realizzare i progetti messi a punto dal governo era poco più di gabinetto. Nel senso che dietro l’insegna, niente, se non qualche funzionario. Dunque, se un banchiere esperto si preparava al peggio, non mi stupisce, oggi, scoprire che, a fronte di ingenti stanziamenti finanziari, quasi nulla di ciò che era stato promesso è pronto per essere eseguito. Ma, oltre a non essere una sorpresa, la notizia dei ritardi che rischiano di farci perdere soldi è, per me, motivo di rassicurazione. Infatti, sapere che non si butterà denaro pubblico in opere inutili mi rallegra.La mia reazione vi sembra bizzarra? Dopo che vi avrò spiegato perché gioisco, credo che anche molti di voi la penseranno come me. Intanto, è necessaria una premessa. Non so se ricordate la faccenda degli oltre 200 miliardi di euro che l’Europa ci avrebbe regalato dopo la pandemia. Come sulla Verità abbiamo spiegato a più riprese, non si tratta di un gentile omaggio di Bruxelles, ma di un prestito che, prima o poi, i contribuenti italiani dovranno pagare, restituendo il finanziamento con gli interessi. Quindi, quei soldi di cui Giuseppe Conte ha menato vanto per anni, non sono altro che una specie di mutuo e come ogni mutuo è condizionato da alcuni obblighi in capo al debitore, cioè a noi. Fin qui nulla di strano perché, non avendo i soldi, spesso chi investe è costretto a chiedere l’erogazione di una linea di credito. Tuttavia, per evitare di sprecare denaro, è necessario che l’investimento sia produttivo, cioè generi un flusso di cassa che consenta di pagare il debito. E qui veniamo alle dolenti note. Credo che nessuno abbia mai fatto quello che in azienda si chiama business plan, ovvero un calcolo del ritorno dell’investimento. Se fosse stato fatto un piano per valutare i costi e le entrate necessarie per ripagare il finanziamento, molto probabilmente nel Pnrr non sarebbero state previste opere per piantumare intere aree urbane, né investimenti bizzarri come i cosiddetti alberghi diffusi in disperse aree montane. Quale ritorno economico possono offrire infatti queste spese? Dal mio punto di vista, nessuno.Ricordo che tempo fa, durante un collegamento con Rete 4, balzai sulla sedia dopo aver scoperto che a Livemmo, paesino in provincia di Brescia, sarebbero arrivate alcune decine di milioni per trasformare un borgo semi abbandonato in un centro turistico. Chi mai andrà a soggiornare in un posto del genere, mi chiesi. E chi proverà a sciare a Fontescodella, a 315 metri sul livello del mare e a mezz’ora di strada dalla costa adriatica? Chi si trasferirà a Palù del Fersina o a Ulassai per provare il brivido di un borgo germanico o di una smart community? A distanza di tempo, ho scoperto che del grandioso progetto che doveva far piovere centinaia di milioni su una lista di piccoli centri niente è stato attuato. A Livemmo, invece delle centinaia di persone che dovevano essere assunte, siamo fermi a un unico impiegato a mezzo servizio, che nella frazione guida anche lo scuolabus.Insomma, meglio che il Pnrr sia in ritardo, perché altrimenti non solo dovremmo restituire a Bruxelles una montagna di soldi, gran parte dei quali con condizioni non proprio di favore, ma tutto quel denaro, molto probabilmente, sarebbe finito a ingrossare il nostro debito pubblico, non certo a rinverdire il Pil. Con in più il problema che molte delle opere previste sarebbero state l’ennesimo monumento allo spreco, tipo quei palazzi o quegli ospedali costruiti ma mai aperti, perché alla fine qualcuno si è accorto che di un edificio di tal fatta non c’era bisogno o quantomeno non c’erano i soldi per mantenerlo.Dunque, per ritornare al mio amico banchiere, forse non tutti i flop vengono per nuocere. Se alla fine perderemo qualche finanziamento europeo dei 200 che Conte rivendica come un regalo, non sarà un male. Anzi, a pensarci bene sarà un dono: un albergo diffuso mai concluso, un boschetto mai realizzato e una pista di sci in collina che non vedrà la luce e neanche i cannoni da neve, alla fine saranno debiti in meno. In altre parole, mai ritardo fu più benedetto.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.