2021-02-18
«Rischio terrorismo» dietro al sistema dei permessi venduti ai finti rifugiati
A Crotone poliziotti e avvocati fornivano documenti farlocchi per ottenere la protezione internazionale. E girare indisturbatiL’obiettivo era ottenere lo status di rifugiato. Gli stranieri che avanzavano le richieste non erano davvero bisognosi di protezione, ma miravano a ottenere un titolo di soggiorno che garantisse loro libertà di movimento sul territorio italiano ed europeo. Il centro che garantiva la buona uscita dell’operazione era in Calabria, a Crotone, dove grazie a entrature negli uffici giusti (coinvolti avvocati e persino poliziotti), due sodalizi criminali riuscivano a far produrre permessi di soggiorno per protezione internazionale. Un sistema a maglie larghe che consentiva un accesso indiscriminato da parte di cittadini non aventi titolo con «evidente esposizione a forti rischi dello Stato italiano sull’ipotetico - ma non infondato - rischio di ingresso da parte di terroristi», secondo il gip del Tribunale di Crotone.«Un magma indigesto che mostra come questa terra, la Calabria, abbia un deficit di legalità gravissimo anche in quei gruppi di professionisti che dovrebbero stare dalla parte della legalità». Il procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia, usa termini forti nel commentare la maxioperazione contro l’immigrazione clandestina che coinvolge 90 indagati, fra i quali anche un gruppetto di colletti bianchi che, a sentire l’accusa, avrebbero favorito illegalmente il soggiorno in Italia di immigrati in assenza dei requisiti. I capi d’imputazione, contestati a vario titolo, sono in tutto 209. L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Alessandro Rho, ha portato, ieri, all’esecuzione di 24 misure cautelari, ordinate dal gip del Tribunale della città di Pitagora Romina Rizzo. L’operazione è stata denominata Ikaros. Si ipotizza, fra l’altro, il reato di associazione a delinquere per favoreggiamento alla permanenza illecita di immigrati, con l’aggravante della transnazionalità. Alcuni professionisti di Crotone figurano fra gli indiziati e sono finiti agli arresti domiciliari: si tratta di cinque avvocati (che si sarebbero occupati di predisporre la documentazione e le attestazioni false alla base delle richieste), due poliziotti, un vigile urbano e un dipendente della Prefettura di Crotone. Gli inquirenti hanno ricostruito le attività di due gruppi, che avrebbero ramificazioni in tutta Italia e all’estero. Sarebbero state illecitamente attestate residenze fittizie e false assunzioni nei confronti di stranieri, soprattutto iracheni e curdi, richiedenti asilo. Il meccanismo ricostruito era questo: gli immigrati, una volta giunti sul territorio italiano chiedevano la protezione internazionale, per ottenere un permesso di soggiorno, che consentiva loro di rimanere in Italia, benché la protezione internazionale richieda particolari e determinate condizioni, non è cioè un provvedimento automatico per tutti gli immigrati. Per ottenerla, gli stranieri sarebbero stati disposti a pagare somme di denaro.I presunti promotori dei due sodalizi erano alcuni immigrati che vivono in Calabria, che con la complicità di chi era all’interno delle istituzioni, avrebbero posto in essere la trama ieri colpita e interrotta dalla magistratura inquirente. «Il motore delle due associazioni», ha dichiarato il sostituto procuratore Alessandro Rho «era il denaro». Si parla di diverse migliaia di euro a pratica. Queste due associazioni, che avevano dei punti in comune, fungevano, secondo l’accusa, da agenzie di servizi illeciti per creare documenti falsi creati ad arte per permettere di far ottenere i permessi di soggiorno e far restare in Italia persone che non ne avevano diritto. L’inchiesta ha riguardato un arco temporale che va dal 2017 al 2020 ed è partita da una segnalazione interna alla questura di Crotone. «Abbiamo fotografato quello che si può definire il sistema Crotone», ha detto il vicequestore della città calabrese, Nicola Lelario. «La nomea», ha aggiunto il funzionario della polizia di Stato, «era che qui a Crotone si ottenevano facilmente i permessi di soggiorno». Le due associazioni organizzavano tutto: dalla falsificazione dei documenti ai viaggi in Italia per fare il colloquio. «Quando abbiamo fermato diverse persone che avevano ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in modo illegale», ha confermato il poliziotto, «queste hanno subito rinunciato».Gli stranieri indagati avrebbero avuto il compito, invece, di far aver avere ad altri stranieri connazionali la documentazione necessaria per ottenere il permesso di soggiorno, inoltrando la richiesta di protezione internazionale alle questure di Catanzaro e Crotone.A supporto dell’impianto accusatorio ci sono anche una serie di intercettazioni che, stando alle valutazioni che fa il gip, mettono a nudo tutti i presunti raggiri commessi per l’ottenimento di permessi di soggiorno in serie. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese si è affrettato a complimentarsi con gli investigatori, non tenendo in conto ciò che risulta dalle indagini, ovvero un quadro ben preciso di come sia facile richiedere e ottenere protezioni umanitarie, anche quando gli stranieri non ne hanno effettivamente i requisiti, trattandosi, come si è accertato, di migranti economici e non di rifugiati in fuga da Paesi in guerra. L’Italia, ha dimostrato l’inchiesta, anche questa volta veniva considerata la porta d’ingresso per l’Europa.