2020-11-22
Rischia pure mamma Renzi. Un testimone del processo: «Truccò le fatture per me»
Mirko Provenzano (già condannato a 20 mesi) accusa Laura Bovoli nel procedimento per concorso in bancarotta: «Ha falsificato le causali di 80.000 euro di note di credito».Per Laura Bovoli, mamma di Matteo Renzi, il processo di Cuneo, in cui è imputata per concorso in bancarotta, ha preso una brutta piega. La donna, lo ricordiamo, è già stata condannata per false fatture insieme con il marito, ed è in attesa di sapere se verrà rinviata a giudizio nel procedimento per il crac di tre cooperative. Dunque le brutte notizie per famiglia non si limitano all'indagine per finanziamento illecito avviata dalla Procura di Firenze nei confronti di Matteo, né ai due procedimenti per traffico di influenze illecite in cui è invischiato Tiziano.Nella provincia Granda a inizio autunno si è svolta un'udienza chiave nel processo contro la mamma di cui sino a oggi non avevamo parlato. Infatti è stato sentito come testimone Mirko Provenzano, che ha già patteggiato una pena di venti mesi di carcere per il crac della sua vecchia ditta, la Direkta Srl. L'uomo, questa volta, è tornato in aula per spiegare le operazioni compiute insieme con la Bovoli e ha dovuto rispondere alle domande del pm Pier Attilio Stea, del collegio giudicante (formato dal presidente Marcello Pisanu e dai giudici a latere Massimo Scarabello e Alice Di Maio) e della parte civile (il curatore fallimentare Alberto Peluttiero) rappresentato dall'avvocato Vittorio Sommacal.La vicenda è scaturita da una diatriba tra Provenzano e un suo fornitore, Giorgio Fossati (che si è costituito parte civile), con le cui coop aveva un debito milionario. Provenzano, per non saldare il dovuto, avrebbe denunciato disservizi inesistenti, presentando come prove alcune lettere di contestazioni sulla qualità del servizio firmate dalla Bovoli e da Paolo Buono, ex amministratore della Gest espaces, e che i magistrati hanno ritenuto concertate a tavolino, anche grazie al rinvenimento di alcune mail.Dopo uno scambio di messaggi, la Eventi 6 della famiglia Renzi avrebbe cambiato la causale di cinque note di credito che ufficialmente erano state emesse nel corso del 2012 «per il pagamento di interessi passivi sulla dilazione degli anticipi fatture emesse da Eventi 6 nei confronti dei committenti, per spese legali o per errate fatturazioni, chiamato dalle parti cosiddetto “rischio d'impresa"». Nel 2013 i pagamenti sono stati riqualificati, grazie a documentazione d'accompagnamento ritenuta fasulla, come saldo per i presunti disservizi: 300.000 euro per Buono, 78.680 per la Bovoli.Riassumendo, il concorso nella bancarotta documentale viene contestato perché la mamma dell'ex premier si sarebbe prestata a truccare delle carte, modificando retroattivamente le causali di accrediti ricevuti nel 2012 dalla Direkta, consentendo così a Provenzano di contestare il credito fatto valere dal suo fornitore.Per questi maneggi, oggi, Bovoli e Buono sono alla sbarra. Il processo vede coinvolti anche i due commercialisti che seguivano la Direkta Srl. In aula Provenzano non ha potuto negare l'evidenza, come si evince dal verbale d'udienza, depositato pochi giorni fa. Ha ammesso, a proposito delle contestazioni che aveva mosso a Fossati, che «alcune erano reali e altre no». Il presidente Pisanu ha ribattuto: «In che senso non erano reali? Che cosa vuol dire?». Risposta: «Non erano contestazioni reali, nel senso che sono state da me richieste per abbassare i crediti della Direkta». Presidente: «Ok, ci dice un po' più precisamente a chi le ha richieste, per quali importi?». Provenzano: «Una parte di queste le ho chieste io alla signora Bovoli, amministratore della Eventi 6». Presidente: «Una parte, ci sa dire quanto?». Provenzano: «Mi sembra che fossero per importi di 80.000 euro forse». In pratica ha confermato per filo e per segno la ricostruzione dell'accusa. Presidente: «Che che cosa esattamente ha chiesto?». Provenzano: «Che quei famosi addebiti che venivano fatti alla Direkta per quanto riguarda il pagamento dei costi bancari, invece che con la dicitura effettiva […] fossero trasformati in penali, per poterli, diciamo in fase di difesa, addebitare o chiedere che venissero addebitati alle cooperative del signor Fossati».Dunque ha ammesso di aver fatto sbianchettare della documentazione contabile sia alla Eventi 6 che alla Gest espaces di Buono. Ma a voler credere a Provenzano i Renzi non avrebbero domandato il motivo di quella richiesta. Avrebbero eseguito e basta.Per la curatela la falsificazione delle note di credito ha impedito di esercitare azioni di risarcimento e durante l'udienza Sommacal ha insistito sulle comunicazioni tra Rignano sull'Arno e Cuneo a proposito delle note stesse: un argomento che sarebbe stato affrontato a più riprese. Per esempio nella mail inviata da Provenzano il 13 aprile 2013 alla Eventi 6: «Ciao a tutti, come detto al telefono ad Andrea (Conticini, ndr), avrei bisogno di avere delle richieste su carte intestate Eventi 6 di note di credito per penali e disservizi, con date antecedente di un giorno o due alla data di emissione delle note di credito con la dicitura: si richiede nota di credito per penale di servizio in riferimento ai lavori da voi svolti per nostro conto di euro..., in riferimento alle fatture numero etc.».Sommacal è curioso di sapere se in quelle comunicazioni fosse mai stato esplicitato il motivo delle falsificazioni: «Ma nessuno le ha chiesto “ma perché"? Perché non è una cosa consueta che dopo un anno ti chiedano di modificare l'accompagnatore delle note di credito». Provenzano, un po' omertoso, ha replicato: «Faccio fatica a rispondere per quello che ho fatto io» (figuriamoci per quello che fanno altri è il senso). Sommacal: «Questo l'ha fatto lei, eh». Provenzano: «Se mi hanno risposto di sì, non so perché […]. Non le posso dire io perché una persona a una mia richiesta mi risponde di sì». Sommacal non si scoraggia: «Ma senta, con la signora Laura Bovoli e con il signor Tiziano Renzi era in rapporti di amicizia». Provenzano: «Assolutamente sì». Sommacal: «Vi frequentavate? Andavate a vedere insieme le partite della Fiorentina?». Provenzano: «È capitato». Sommacal: «[…] Non è mai venuto il discorso, non so, allo stadio, a cena, per dire “ma quella faccenda là a cosa ti serviva?"». Provenzano: «No». Infine l'avvocato cita un'altra mail in cui la Bovoli parla di alcuni versamenti effettuati alla ditta di Provenzano «ma girocontati per voi a Raheel...» e domanda: «Come mai dei pagamenti fatti a voi da Eventi 6, veniva girocontati a questo Raheel, cioè un soggetto terzo? Come mai non c'era un pagamento diretto?». Anche in questo caso Provenzano ritenta il catenaccio: «No, guardi, non mi ricordo neanche di aver mai avuto a che fare con una persona o un'azienda che si chiama Raheel...». A questo punto il procedimento è stato rinviato all'udienza del 20 gennaio 2021, quando riprenderà l'esame del teste da parte del pm. Un appuntamento che potrebbe riservare altri colpi di scena.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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