Gli attacchi del 7 ottobre avevano interrotto i flussi ma ora le compagnie aeree hanno ripristinato i collegamenti con Tel Aviv. E lo stand alla Bit è stato tra i più gettonati.
Gli attacchi del 7 ottobre avevano interrotto i flussi ma ora le compagnie aeree hanno ripristinato i collegamenti con Tel Aviv. E lo stand alla Bit è stato tra i più gettonati.«Siamo qui perché Israele era e rimane una destinazione molto amata dagli italiani». Kalanit Goren, direttrice dell’Ufficio nazionale israeliano del turismo israeliano (l’Enit locale, per capirsi), ha commentato con queste parole la recente partecipazione alla Bit di Milano dove il Paese era presente con uno stand. «In questi mesi stiamo lavorando per essere pronti a quando potremo di nuovo accogliere i visitatori italiani. Ricordo che l’Italia è, per noi, il sesto mercato più importante», ha sottolineato Goren, ricordando che la prossima convention della Federazione turismo organizzato di Confcommercio (Fto) si terrà proprio in Israele, a inizio 2025. Un segnale importante, che si unisce a quello che nelle ultime settimane è arrivato dalle compagnie aeree che sono tornate a inserire nei propri operativi la destinazione: da Ryanair a EasyJet, da Neos a Wizz Air, passando per Ita che dall’inizio di marzo tornerà a Tel Aviv.«Alla Fiera Bit abbiamo visto come il desiderio di visitare la nostra terra sia sempre vivo nel pubblico italiano. Decine di persone sono venute nel nostro stand per chiedere informazioni, per essere preparati a ritornare. I voli stanno ripartendo e possiamo dire che da marzo tutte le compagnie che volavano prima del 7 ottobre avranno ripreso. Continuiamo a lavorare con grande impegno», spiega Goren a La Verità. Il conflitto con i terroristi di Hamas ha avuto un forte impatto sull’economia di Israele: la forza lavoro ridotta per i circa 360.000 riservisti chiamati al fronte (sono il 4% della popolazione totale), per gli expats tornati in patria e gli israeliani trasferiti di corsa all’estero.L’attacco sanguinoso dell’autunno scorso è avvenuto proprio mentre l’economia più sviluppata del Medio Oriente stava riprendendo slancio, anche sul fronte turistico. Il periodo compreso tra gennaio 2023 e lo scoppio della guerra ha visto un nuovo record di ingressi dagli Stati Uniti - il principale Paese di origine del turismo verso Israele - con un aumento del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel 2023 sono arrivati complessivamente 3.010.000 turisti con un aumento del 12,5% rispetto al 2022 (2,67 milioni di arrivi). Prima dello scoppio della guerra il 7 ottobre, si stimava che circa 3,9 milioni di turisti avrebbero visitato Israele nel 2023. Questa ripresa prevista dopo la crisi causata dalla pandemia di Covid-19 sarebbe stata molto vicina alle cifre record del 2019 se non ci fosse stato, lo scorso anno, un calo nel numero di turisti in arrivo da Cina, Russia e Ucraina per motivi esterni (guerra Russia-Ucraina e restrizioni al turismo in uscita dalla Cina). Il reddito stimato derivante dal turismo in entrata per il 2023 è di 4,8 miliardi di dollari rispetto ai 4,2 miliardi di dollari nel 2022.Dopo la guerra, il numero di ingressi è diminuito in modo significativo, con 180.000 arrivi nell’ultimo trimestre del 2023, contro le precedenti previsioni di circa 900.000. Ma nel mese di gennaio 2024 ci sono stati 59.000 ingressi turistici, riferisce l’Ufficio centrale di statistica, in aumento rispetto ai 53.000 di dicembre 2023. E si registra una ripresa molto più forte nel turismo in uscita: a gennaio 2024, infatti, 281.000 israeliani hanno viaggiato all’estero rispetto ai 248.000 del dicembre 2023, ma ancora ben al di sotto dei 611.000 israeliani che hanno viaggiato all’estero nel gennaio 2023. «Le indicazioni sono incoraggianti. Mentre alcuni turisti hanno rimandato le loro vacanze a causa della guerra, molti non hanno cancellato la prenotazione e aspettano il momento giusto per tornare a viaggiare. Israele ha molto da offrire come destinazione turistica e non vediamo l’ora di accogliere nuovamente tutti i visitatori nel nostro Paese», conclude Goren.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






