Malati di cancro al seno e alla prostata sono ad altissimo rischio Il 20% dei decessi attribuiti al virus riguarda pazienti oncologici.
Malati di cancro al seno e alla prostata sono ad altissimo rischio Il 20% dei decessi attribuiti al virus riguarda pazienti oncologici. Una pandemia silenziosa cresce, sovrastata dal frastuono del Covid. È l'emergenza oncologica che da anni attende un piano, ma che resta inascoltata - e definanziata - nonostante stia esplodendo a causa delle cure non erogate per colpa della pandemia. Ogni anno 170.000 pazienti muoiono di cancro. A questi, l'anno prossimo, si aggiungeranno i 20.000 che, a causa dell'emergenza sanitaria, non hanno potuto accedere a cure spesso risolutive. Nel 2020, in Italia, sono stati posticipati praticamente tutti gli interventi per tumori alla mammella e alla prostata e tre quarti di quelli al colon retto. Non solo. Gli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto hanno registrato una riduzione di 2,5 milioni di esami nel 2020 rispetto al 2019 con un ritardo medio tra quattro e cinque mesi. Sono i numeri del tredicesimo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato ieri per la XVI Giornata nazionale del malato oncologico promossa da Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia). E i ritardi pesano, soprattutto se si pensa che il 20% dei decessi per Covid-19 ha riguardato proprio i malati oncologici. La chirurgia in un tumore in fase precoce è spesso risolutiva, ma sale operatorie e reparti sono stati riconvertiti per il Covid-19. «Nel 2020, sono stati rinviati oltre 1 milione di interventi chirurgici, secondo uno studio dell'università Cattolica», spiega Alessandro Gronchi, presidente di Sico (Società italiana di chirurgia oncologica), «Incrociando i dati di questa ricerca con quelli delle schede di dimissione ospedaliera del 2019, emerge che sono stati rimandati il 99% degli interventi per tumori alla mammella, il 99,5% di quelli per cancro alla prostata, il 74,4% al colon retto». Il ritardo nell'intervallo tra diagnosi e trattamenti chirurgici, chemioterapici e radioterapici produce un impatto negativo sulla sopravvivenza. Bisognerebbe rispondere, secondo Favo, con interventi su più fronti: finanziando le reti oncologiche regionali, potenziando l'assistenza domiciliare e territoriale con il riconoscimento dell'infermiere di famiglia e con screening, telemedicina, terapia innovativa Car-T, sostegno psicologico ai malati e la consegna di farmaci a domicilio. In altre parole, come dice Giordano Beretta, presidente degli oncologi (Aiom), si deve prevedere «un piano oncologico nazionale in linea con quanto previsto dall'Europa. Oggi il nostro Paese ne è privo. L'ultimo elaborato è scaduto nel 2016. La difficile gestione del Covid-19 ha contribuito ad accrescere la consapevolezza della necessità di un profondo rinnovamento tecnologico e di processo dell'assistenza oncologica, che può rappresentare un vero e proprio traino per l'ammodernamento dell'intero servizio sanitario». L'Unione europea, che ha stanziato 100 miliardi di euro per le maggiori criticità, ne ha previsti 4 per la lotta al cancro, al primo posto per la salute pubblica. Li erogherà in base ai piani presentati dai vari Paesi. L'Italia però non ha questo piano perché è scaduto da cinque anni, e così rischia di perdere i fondi dell'Ue. «L'anno scorso il Parlamento ha approvato due risoluzioni presentate dall'onorevole Elena Carnevali e dalla senatrice Paola Binetti per il rinnovo del piano per l'oncologia», puntualizza Francesco De Lorenzo, presidente di Favo. «Il governo ha assicurato l'impegno a promuovere un nuovo piano oncologico nazionale, in linea con quello europeo, ma più che un piano, è un libro bianco. Non ci sono azioni, tempistiche, finanziamenti e modifiche regolatorie e legislative per superare l'emergenza oncologica e rispondere concretamente alle gravi insufficienze strutturali dell'assistenza ai malati di cancro, rese più che mai evidenti dalla pandemia». Ma c'è di più. Senza un piano non si rischia solo di perdere i finanziamenti europei per l'oncologia, ma anche quelli del Recovery plan, il programma di investimenti che l'Italia è tenuta a presentare alla Commissione europea per accedere alle risorse straordinarie del Next generation Eu. «Una delle sei missioni del Pnrr», continua De Lorenzo, «è infatti dedicata alla salute e, in particolare, al rafforzamento della prevenzione e dei servizi sanitari sul territorio, alla modernizzazione e digitalizzazione del sistema sanitario. Non potrà esistere una nuova sanità senza un'adeguata considerazione del cancro come fenomeno sanitario e sociale». In altre parole, il piano oncologico va inserito anche nel Pnrr, ma sembra che al ministero della Salute esista solo il Covid. Eppure, proprio a capo del board del Mission on cancer europeo, c'è Walter Ricciardi, consigliere del ministro Roberto Speranza, che però pare proprio sentire e vedere solo il coronavirus.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






