2024-09-04
Riccardo è vittima di chi uccide la famiglia
Nel riquadro, padre, madre e fratellino sterminati dal figlio-fratello di 17 anni. Dietro, la dimora della famiglia uccisa
Nell’iniziale ricostruzione del delitto, il giovane killer ha incolpato della mattanza il padre. Che, per la cultura woke, è l’assassino perfetto del focolare domestico. E il «grimaldello» che consegna l’individuo a un mondo autoritario e alle sue strutture ideologiche.Difficile ricordare un'aggressione-delitto nei confronti della famiglia e delle persone che ne fanno parte più determinata e spietata di questa di Paderno Dugnano. Ma soprattutto si è poco visto un omicida tanto più educato e riflessivo nella sua sperdutezza quanto feroce nella sua evidente fragilità.Di certo non è un prodotto delle migrazioni selvagge, come gli assalti stradali sconsiderati con il loro corredo di urla, né delle violenze sessuali, coi loro infantilismi ritardati. Nulla a che fare neppure con i prevalenti delitti ambientali, dove il protagonista è soprattutto un prodotto degli usi locali; qui la cosa più chiara sembra il sentirsi dell’assassino del tutto estraneo all’ottimo e laborioso ambiente in cui si trovava e il senso di colpa che ne ricavava. Quello del mondo dell’edilizia nella Bassa Brianza, con le sue medie dinastie di costruttori, come quella della famiglia di Riccardo, la loro visione del mondo, la loro dedizione al lavoro, al guadagno e, appunto, alla famiglia. I giorni precedenti erano stati di festeggiamento ai nonni, una celebrazione dei progenitori. E, per concluderlo, quella notte il ragazzo è andato in cucina, ha preso un grande coltello «da carne» ( come dirà telefonando ai carabinieri) e sterminato la famiglia. Cominciando dal fratellino di 12 anni, colpito con particolare ferocia.Si sentiva diverso e questo non gli piaceva, perché quella brava, laboriosa e costruttiva famiglia erano davvero ottime persone, animate da ottimi principi. Anche se, per il mondo circostante, non era sempre così e lui lo sapeva: l’emigrato che accoltella la ragazzina per la strada urlando era forse più libero di lui e, comunque, sono in molti a pensarlo. Non è vero, ma all’erede di una dinastia edilizia brianzola al quale i conti non interessano moltissimo (Riccardo aveva un «debito» in matematica) e che cerca di capire chi lui è, può capitare di pensarlo.E l’ambiente intorno, a cominciare per solito proprio dal fin troppo monolitico liceo scientifico, non l’aiuta molto a capire, differenziare, scegliere. L’intero ambiente locale e famigliare non gode di particolare apprezzamento di questi tempi. Anche il presidente della Repubblica, a una celebrazione leopardiana sulla poesia L’infinito, è capitato di mettere in guardia verso le troppe chiusure della «siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude», senza però considerare il rischio del quotidiano «naufragar m’è dolce in questo mare». Il limite infatti, la siepe famigliare, è tuttavia indispensabile nel periodo della formazione della personalità. Il suo custode e giardiniere, identico nei millenni dell’umanità, è il padre della famiglia, colui che dà inizio alla nuova vita e ne garantisce lo sviluppo.Per questo è il padre, in ogni periodo di crisi dell’umanità, a cadere sotto il tiro di chi vuole demolire la famiglia e sostituirla con strutture non affettive, spirituali e carnali, ma mentali, ideologiche e di potere.Così anche Riccardo, dopo aver denunciato il fatto, ha continuato per molte ore nella sua confessione-delirio a sostenere che il vero assassino era stato il padre, che nel suo film personale aveva ucciso la madre e il fratello e solo dopo era stato ucciso da lui. Questa, d’altronde, è anche la posizione di gran parte dell’inconscio collettivo occidentale: ci si sveglia da woke, ribellandosi comunque all’autorità e alla figura paterna. È lui l’assassino mediatico della madre e dei bambini. Chi, se non il padre? Riccardo ha agito sotto l’influenza del pregiudizio collettivo che porta allo sfascio la società occidentale fin da quando lo psichiatra e antropologo Alexander Mitscherlich ne denunciò nel 1963 il carattere pregiudizialmente antipaterno: l’odio verso il padre per distruggere la famiglia e consegnare l’individuo alla società autoritaria di massa e alle sue strutture, economiche e mediatiche.Riccardo è colpevole, naturalmente. Ma anche vittima, a un livello più complesso e sofisticato, della grande pulsione omicida del nostro tempo: la distruzione della famiglia e del padre per portare alla fine dell’umanità creata dal Padre.