2020-12-27
«Ricami e abiti da sera fatti a mano per salvare il vero made in Italy»
La stilista di 24 anni Sofia Provera: «Nel mio atelier creo capi su misura. Il lockdown non mi ha fermata. E adesso sto seminando anche all'estero...»«Perditi nei ricami, nei loro disegni e movimenti: è magia», scrive Sofia Provera in una delle sue foto su Instagram. Giovanissima (classe 1996), creativa e già imprenditrice del marchio d'alta moda che porta il suo nome, made in Italy e totalmente fatto a mano. Abiti da vere principesse, tenendo conto che nel mondo si contano tra le 2.000 e le 4.000 clienti che indossano vestiti d'alta moda delle grandi griffe. Eppure Sofia Provera (https://sofiaprovera.com) si è buttata a capofitto in una nicchia esclusiva senza tentennamenti. Come inizia la sua storia?«Quasi per gioco quando avevo 15 anni. Mi capitava spesso di andare a feste importanti e non volevo indossare un abito uguale a quello delle altre. Una mattina mi sono svegliata con un preciso modello in mente. Sono andata a comprare la stoffa, un cady di seta bianca. Ho iniziato a spillare il tessuto direttamente sul mio corpo per poi cucirlo, tutto a mano, punto dopo punto. Non contenta l'ho anche dipinto con pennellate nere, un'eredità della nonna che amava dipingere, e ho aggiunto una passamaneria. Le mie amiche mi fecero i complimenti e anche loro iniziarono a volere capi disegnati da me. Quel primo abito è appeso nel mio atelier come un'icona». La moda è arrivata per caso?«Mia madre era una stilista e smise quando sono nata io, la nonna e la bisnonna cucivano i vestiti per i loro figli. E a 6 anni chiesi per regalo una macchina da cucire che ho ritrovato in uno scatolone, aveva ancora l'etichetta della prima elementare. Mi sono laureata al Politecnico in design della moda con tesi su Dior, ho una vera passione per l'alta moda. Fin da piccola giocavo a travestirmi con i tessuti di mia mamma. Ripeto la sua storia ma in modo più professionale: lei vendeva al suo giro di amiche, io ho allargato gli orizzonti. La sua premiere, signora vecchio stampo, bravissima, con una manualità che devi avere nel Dna, lavora con me ora».Poi è nato un mondo fatto di abiti da sera a da sposa.«Il primo abito da sposa l'ho fatto a 19 anni. Una pazzia e una soddisfazione. Grazie al passaparola è arrivata da me una ragazza dicendomi che apprezzava il mio stile. Ho studiato le sue preferenze e i dettagli per contestualizzare l'abito. All'ultima prova, davanti ai genitori, abbiamo versato lacrime di soddisfazione e di ammirazione».Tutti i suoi abiti passano tra le mani esperte delle sarte. «Nessuno è uguale all'altro parlando della couture e della sposa. Con il mio team di modelliste, sarte, ricamatrici e pittrici creiamo abiti unici: seguo la realizzazione dei su misura dalla scelta dei tessuti e del modello fino alle prove dei vestiti imbastiti e al capo finito. Ma tante clienti mi hanno chiesto di fare anche capi più semplici per cene e appuntamenti informali. Ho allora creato due linee, una uscirà ufficialmente l'anno prossimo. La prima è per ragazze, con abiti in paillettes e si chiama “Sp's girls shine". La seconda, “Milano, think top", è più semplice, perfetta per cene o cocktail, con dettagli dipinti a mano o ricami in punti strategici. Prezzi intelligenti perché non sovraccaricati di costi come quelli di un negozio. Per questo si sta creando un certo rapporto con le clienti. Unica eccezione a Lugano dove le mie linee sono disponibili in un multimarca. Abbiamo tante proposte proprio per soddisfare tutte partendo dai gusti, dai desideri e dal budget». Quali sono le caratteristiche dei suoi abiti?«Amore e ricerca di tessuti di prim'ordine. Per i ricami usiamo filo d'oro 24 carati e pietre preziose anche perché il mio bisnonno era un collezionista, me ne lasciò una scatola e mi è rimasta nel cuore quella sua passione. Utilizzo l'ametista, il topazio e tutte le pietre più preziose in base ai desideri delle clienti. È questo che caratterizza il nostro atelier, realizzare un sogno. In più, la particolarità è scomporre i ricami, riassemblarli ricreandoli sul corpo e personalizzandoli in base a gusto e fisicità della cliente. Abbiamo dei telai sui quali creiamo i ricami uno a uno, perlina su perlina. Una donna deve capire il valore di questi capi. Desideriamo preservare quelle tradizioni e quei valori del made in Italy che si stanno perdendo, è il nostro Dna, la nostra bellezza».Il Covid ha cambiato anche il suo modo di lavorare?«La pandemia ha toccato tutti ma direi che l'ho sentita meno. Le sarte lavoravano in smart working, è stata complicata la gestione. Le clienti le conosco personalmente e durante questo periodo natalizio è arrivata una valanga di ordini che cerco di evadere in tutti i modi. E ho avuto tanti appuntamenti per le spose dell'anno prossimo. Grazie al rapporto diretto con le clienti il lockdown per noi è stato meno impattante rispetto ai negozi tradizionali. E si è instaurato un modo nuovo di lavorare. Una mia cliente di Montecarlo voleva un abito per Natale ma era impossibile andare da lei. Quindi con una video chiamata su Whatsapp le ho insegnato a prendersi le misure e così le ho potuto confezionare gli abiti che desiderava; allo stesso modo ho fatto anche con tante signore di varie città. Un modo nuovo d'approccio alla cliente. A settembre ho partecipato a eventi, in particolare a una sfilata durante una cena di gala, un bel segnale di ripartenza. E poi un mio abito indossato dalla influencer Olivia Gama sul red carpet del Festival di Venezia mi ha dato molta soddisfazione». E per il Capodanno? «Mi hanno chiesto abiti della linea giovane più che capi molto importanti. Più per piccole cene o piccole feste, per eventi intimi». Un consiglio?«Cercate di stare bene con voi stesse. È stato un anno così impegnativo e stressante che l'unica speranza è che finisca presto per lasciare il posto a un anno nuovo carico di felicità. Bisogna guardare al futuro. Per questo Capodanno bisogna coccolarsi».E nel tuo futuro?«Sto seminando bene all'estero. Scaramanticamente non dico ancora niente».