2024-12-04
Ppe e Italia fanno argine alla talebana Ribera
Teresa Ribera (Getty Images)
Il gruppo europeo, presentando un rapporto simile a quello del governo, chiede l’immediata revisione dei limiti alle emissioni e dello stop ai motori termici. Il commissario alla Transizione tira dritto: no ai compromessi. Via al braccio di ferro con il Consiglio. C’è una guerra in Ucraina. Un’altra con tre distinti teatri in Medioriente, l’Arabia Saudita che punta a prendere il controllo di Gaza e trasformarla nel proprio accesso al Mediterraneo. Il Sahel ha espulso i francesi. La Cina non molla la presa sull’Africa Subsahariana. Nel frattempo, l’America attende l’arrivo di Donald Trump. La nuova amministrazione Usa confermerà alcune politiche industriali dei dem, ne modificherà altre. Di certo traccerà nuovi rapporti con il Sud America e tirerà una linea ben marcata che separerà la filiera occidentale delle materie prime da quella orientale capeggiata dalla Cina. La Turchia si sta preparando a trasformarsi in hub proprio per il commercio delle materie prime sensibili. Noi, europei, stiamo in mezzo schiacciati. Non abbiamo una politica estera comune e al momento nemmeno una politica industriale degna di tale nome. L’altro ieri, dopo che anche i più ciechi hanno compreso che quattro anni di transizione green sono bastati per schiantare l’industria delle quattro ruote, il Ppe ha diffuso una nota per chiedere ufficialmente alla Commissione e al Consiglio la revisione dello stop ai motori termici fissato al 2035. Il documento, in gergo non paper, percorre la strada della progressività. Applicando il criterio del buon senso ipotizza l’immediato revisione dei limiti alle emissioni di CO2 previsti per il 2025. Spiega che l’Esecutivo Ue dovrebbe anche proporre «una definizione di carburanti a zero emissioni di carbonio, garantendo un’adeguata riduzione delle emissioni rispetto ai carburanti convenzionali, raggiungendo infine la neutralità climatica entro il 2050». Infine, i Popolari chiedono alla Commissione di riconoscere il ruolo di altre tecnologie come i veicoli ibridi plug-in (Phev) e garantire «condizioni abilitanti adeguate come la disponibilità e l’accessibilità economica dei veicoli elettrici, infrastrutture di ricarica e rifornimento e carburanti alternativi». La posizione del Ppe dal punto di vista tecnico ricalca appieno il non paper inviato dall’Italia un mese fa. E quindi la richiesta di fermare il circo della transizione già dal primo gennaio. Salvaguardare i conti delle case automobilistiche Ue enl frattempo ricostruire un piano di rilancio basato sulla neutralità tecnologica. La neo commissaria Teresa Ribera, con la delega alla transizione, è partita in quarta. Ieri ha risposto al Ppe in qualità di vice presidente e di rappresentante dei socialisti. «Non è una cosa che la Commissione europea sta prendendo in considerazione e non è una cosa che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione», ha affermato rispondendo a una domanda dei giornalisti durante la sua visita - con il premier belga, Alexander De Croo - in un impianto di ArcelorMittal nella città di Gand. «La grande domanda», ha aggiunto la Ribera, «è come l’industria automobilistica europea potrà integrarsi e accompagnarsi in un processo di trasformazione in corso e in una corsa industriale globale attivata anni fa», per poi escludere la possibilità di rinviare il divieto di vendita dei veicoli a combustione. Il ministro spagnolo sa di falsificare la realtà quando dice che nessuno chiede la revisione della transizione che lei e i socialisti si ostinano a salvaguardare. Lo chiede un pezzo di maggioranza (il Ppe) lo chiede un altro importante gruppo (Ecr) che ha piazzato l’altro importante vice presidente Raffaele Fitto. Lo chiede l’Italia. Prima con l’invio del non paper e di nuovo ieri per bocca del premier in persona. Giorgia Meloni ha infatti ricordato che è arrivato il momento di invertire la rotta per tutelare l’industria del Vecchio Continente. Non solo. Ribera sembra ignorare che anche la Francia si sta allineando verso la strada del buon senso elettrico. Ignora anche che le elezioni di inizio 2025 in Germania cambieranno la postura di Berlino. E infine omette che nell’Europarlamento la maggioranza Ursula già è svanita. A questo punto i socialisti hanno due possibilità. Capire che non possono più trasformare il Vecchio Continente in un gruppo di Paesi deindustrializzati e scendere a compromessi. Oppure possono alzare l’asticella dello scontro. Muovere le pedine dentro il Consiglio e giocare di sponda con la presidenza di turno come più volte avvenuto con il Belgio. Ovviamente il riferimento non è all’Ungheria. Ma potrebbe avvenire con la Polonia che con Tusk è tornata a sinistra. Uno schema che approfitta delle complicazioni del Trilogo e del fatto che gli sherpa e la struttura tecnica di Bruxelles è storicamente in mano a funzionari orientati a sinistra piuttosto che a destra. Il rischio sarà però l’immobilismo. La cosa peggiore in un mondo che si muove velocissimo e prende decisioni (giuste o sbagliate) in pochi giorni. L’amministrazione Trump, a meno che non si rompa l’idillio con Elon Musk, farà in tre mesi riforme digitali ed economiche l’Europa probabilmente non riuscirà nemmeno a pensare in un anno. Non solo. La presidenza turca sotto l’egida di Recepp Erdogan pochi mesi fa ha stilato un piano di sviluppo del Paese al 2053. Si tratta di un migliaio di punti. Ciascuno sviluppato in una decina di sotto paragrafi. Quasi 30 anni pianificati a tavolino. Cosa che nemmeno Xi Jinping è arrivato a fare. La guerra economica, dunque, è solo all’inizio e qualunque scelta industriale dovrà tenere presente chi controlla l’infrastruttura della supply chain. Motori che si muovono con il biocarburante sono perfetti. L’Italia è all’avanguardia e in generale l’Europa è in grado di controllare tutta la filiera. Questo solo per fare un esempio. Un’altra opzione potrebbe essere sviluppare motori diesel che viaggino 100 chilometri con un solo litro di carburante. Questa è sostenibilità vera. Ma va calcolata e stimata a ritroso. Si parte dalle materie prime e si arriva alla tecnologia. Non viceversa.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.