2025-05-01
E l’Ue agli operai vuole mettere l’elmetto
Ursula Von der Leyen (Getty Images)
Invece di correggere una politica suicida che ha impoverito i suoi cittadini, la Commissione rilancia la causa del «santo riarmo». E chi non è d’accordo? «È amico di Putin», dice la Von der Leyen. Convinta (a torto) che la maggioranza degli europei sia con lei.Formiche con l’elmetto. Ecco come Ursula Von der Leyen vede i cittadini europei prefigurando il «santo riarmo» che avanza, accompagnato dai rulli di tamburo mediatici. Secondo la baronessa anseatica 200 milioni di lavoratori europei (e 23 milioni di occupati italiani) non aspettano altro che imbracciare un fucile mitragliatore, dotarsi del comico kit di sopravvivenza e rivolgere i puntatori laser verso la Russia. E chi non è d’accordo? «È un maledetto putiniano». La presidente dell’Unione lo ha ribadito al congresso del Ppe a Valencia: «I cittadini dell’Unione sono in grandissima parte favorevoli alla spinta per una difesa dell’Europa. Ora alcuni cercano di boicottare questo risveglio europeo. Chi non condivide, non è a favore della pace, è solo a favore di Putin».Lo scenario da dottor Stranamore prevede il famoso helicopter money (800 miliardi) per carri armati e droni da combattimento proprio mentre nel continente, e soprattutto in Italia, torna d’attualità il problema dei salari bassi, del potere d’acquisto ai minimi termini, insomma delle tasche vuote. Lo ha rilanciato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella («Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita, i salari insufficienti sono una grande questione per l'Italia») rivolgendosi genericamente al governo, quando i destinatari dovrebbero essere gli euroburocrati da ostriche e champagne a Bruxelles e alla Bce. Perché se i salari sono dell’8,7% inferiori ai livelli del 2008 (rapporto mondiale dell’Organizzazione internazionale del lavoro) e se il nostro Paese è all’ultimo posto per crescita fra i membri del G20, le responsabilità stanno soprattutto oltre le Alpi.Vent’anni di politiche di austerità pretese dalla Commissione e applaudite da ogni sfumatura di sinistra al governo (da Mario Monti a Mario Draghi, passando per Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Giuseppe Conte) hanno creato il deserto. Nonostante questo, nel 2024 i salari sono cresciuti del 2,3% e la tendenza del Pil dell’ultimo trimestre (+0,3%) è positiva. Eppure il sistema arranca, Von der Leyen spinge per i tank Volkswagen e il capo dello Stato lancia genericamente il sasso nello stagno per non rovinare la narrazione del Primo Maggio. La festa del lavoro che non c’è, che è stato impoverito dalla mano d’opera a basso costo (abbiamo importato pseudo-schiavi buoni per la guerra fra poveri), che è stato svilito dalle politiche comunitarie.Tre fattori hanno congelato la crescita degli stipendi degli italiani. Il primo è la globalizzazione, che ha favorito l’imporsi di mercati con costi del lavoro più bassi e ha allettato imprenditori senza visione sociale a operare delocalizzazioni senza ritorno. Il secondo è l’importazione massiccia di lavoratori a basso costo, con il risultato di adeguare al ribasso stipendi già al limite. Il terzo è la storica dipendenza dell’Unione europea dall’azionista di maggioranza, la Germania, che per anni ha imposto una politica monetaria fatta su misura dei suoi interessi: non potendo svalutare la moneta comune, ha svalutato il lavoro. Ora la Germania in crisi ha bisogno di riconvertire l’industria incentivando gli armamenti? Nessun problema, Von der Leyen indossa la mimetica. Una filosofia perdente. Lo ha ammesso lo stesso Draghi qualche settimana fa nell’audizione alla Commissione Bilancio di Camera e Senato, parlando come se fosse un semplice osservatore esterno; la sua divinizzazione glielo consente. «Abbiamo compresso i salari anche perché eravamo in competizione con altri Paesi europei e quindi tenevamo i salari più bassi come strumento di concorrenza». E poi: «Si è sbagliato a puntare solo sull’export invece di stimolare la domanda interna». Curioso effetto: soltanto La Verità e Il Fatto Quotidiano ne hanno parlato, nessun Maurizio Landini lo ha chiamato sul banco degli imputati. Solo applausi. Le pezze ai gomiti degli italiani in nome del pareggio di bilancio. «La modifica della Costituzione per inserire il pareggio di bilancio non è stata frutto di un dibattito nel Paese ma fu dovuta alla decisione della Ue: se non lo fate chiudiamo i rubinetti (attraverso la Bce) e blocchiamo gli stipendi. È una delle scelte di cui mi vergogno di più». Non lo ha detto un bieco sovranista ma l’ex ministro del Lavoro, nonché colonnello del Pd, Andrea Orlando. La svalutazione del lavoro italiano è stata programmatica, perseguita volutamente nell’Eurozona. E l’allargamento bulimico dei Paesi membri a favore di nazioni che hanno salari medi da 400 euro al mese non ha fatto altro che peggiorare la situazione. A questo punto è interessante chiedersi cosa abbiano fatto i sindacati. Risposta semplice: niente. Non occupandosi da anni di macroeconomia (è più mediatico minacciare «la rivolta sociale»), hanno preso atto e sono passati a temi più gratificanti come l’opposizione all’autonomia differenziata e alla riforma del premierato, le istanze della comunità transgender, l’accoglienza diffusa dei migranti, le barricate contro la scuola privata. I lavoratori sono al centro dei discorsi solo alla festa di Natale, prima di distribuire i panettoni. Sembra di tornare alla scena de I vitelloni, quando Alberto Sordi fa il gesto dell’ombrello agli operai. Ma niente paura formiche con l’elmetto, oggi c’è il Concertone.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)