2024-03-19
La rete africana della Meloni dà i primi frutti
Giorgia Meloni e Al Sisi (Ansa)
Se i migranti sono un terzo rispetto al 2023 è per il lavoro diplomatico del premier con Tunisia, Libia ed Egitto. Ora tocca al Marocco. Intanto il vento è cambiato: chi comanda in Europa è più dialogante e la Germania sembra meno affamata di lavoratori sottopagati.Perfino il Fatto Quotidiano, che non è mai tenero con Giorgia Meloni, è stato costretto ad ammetterlo: gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste stanno diminuendo. «Dal primo gennaio al 15 marzo», ha scritto il quotidiano diretto da Marco Travaglio, «gli sbarchi sono 6.560, un terzo dei 19.937 dello stesso periodo del 2023». Secondo il giornale, che ha citato l’ultimo rapporto dell’agenzia europea Frontex, i flussi via mare verso l’Europa si sarebbero spostati su altre rotte: non più partenze da Libia e Tunisia con approdo a Lampedusa, ma dalla costa africana verso le Canarie.Fin qui la cronaca dei primi due mesi e mezzo dell’anno, ma come mai improvvisamente i trafficanti d’uomini hanno deciso di evitare la tratta più facile, per seguirne una potenzialmente più pericolosa come quella verso le isole spagnole nell’Oceano Atlantico? La risposta a questa domanda sta nelle peregrinazioni in Africa del presidente del Consiglio. Da mesi, Giorgia Meloni intrattiene relazioni con i principali capi di Stato del Continente nero, ufficialmente per discutere del piano Mattei, ovvero di un programma di investimenti e aiuti che possa rafforzare i rapporti con il nostro Paese, ma anche per promuovere accordi che limitino le partenze dei profughi. Ricordate le prime reazioni alla trattativa con la Tunisia? A sinistra criticarono il tentativo di raggiungere un’intesa con Kais Saied, accusando il presidente africano di essere un dittatore e cercando anche di bloccare qualsiasi concessione a Tunisi. Nonostante questo, le relazioni sono proseguite e oggi gli sbarchi provenienti da quel Paese si sono ridotti a poca cosa, segno evidente che il lavoro non è stato inutile come si sosteneva. Miglioramenti si segnalano anche con la Libia, dopo la fornitura di mezzi alla Guardia costiera. E come segnale di deterrenza probabilmente è servito anche l’accordo con l’Albania, intesa che nonostante i tentativi di sabotaggio da parte del Pd (ricordate? Per ritorsione minacciò di far espellere Edi Rama dal Partito socialista europeo), è stata confermata dalla Corte costituzionale di Tirana. Il paziente lavoro per comporre una serie di misure che disinnescassero la pressione migratoria sul nostro Paese sembra cominciare a funzionare e l’ultimo tassello è quello apposto domenica, con l’intesa raggiunta in Egitto. Al Sisi è da sempre considerato un partner dell’Italia, nonostante il caso Regeni. Non si contano infatti gli scambi commerciali, senza dire che noi con il Cairo abbiamo un importante accordo per l’estrazione di gas. Dunque, l’alleanza per fermare i migranti non poteva che venire da sé. In Egitto ci sono centinaia di migliaia di profughi che premono per arrivare in Europa, molti dei quali - circa la metà - in fuga dal Sudan, altro Paese dove farà tappa il presidente del Consiglio.Il senso di questo peregrinare da Roma verso l’Africa è che non esiste un’unica soluzione al problema, ma bisogna trovarne tante e trattare singolarmente con tutti i governanti dei Paesi interessati, trovando con ciascuno gli argomenti migliori per fare argine a un’ondata che rischierebbe altrimenti di travolgerci. Per questo il premier raggiungerà anche il Marocco, altra via da cui giungono molti migranti e non tutti destinati alle coste spagnole. Riuscirà Giorgia Meloni a costruire una rete che eviti l’invasione cui abbiamo assistito lo scorso anno? Tutto dipenderà dai prossimi mesi e anche dalla prossima Commissione europea. L’Italia da sola può poco, ma l’Unione, se ha intenzione di affrontare la questione, ha molti più mezzi e può contribuire a intese più efficaci di quelle raggiunte da un solo Paese. E a questo proposito, ci sono un paio di elementi che concorrono a spingere l’Europa verso il tentativo di una soluzione del problema che fino a ieri era ignorata. Innanzitutto che per la prima volta chi guida la Ue non è così sicuro di continuare a guidarla. Alle elezioni, l’establishment di Popolari e Socialisti, il gruppo che a Bruxelles ha sempre fatto il bello e il cattivo tempo, rischia e questo spinge tutti quanti ad abbassare le penne e a cercare una sponda anche in lidi che fino a qualche tempo fa erano snobbati. Vedere Ursula von der Leyen che fa la spola con l’Africa insieme con Giorgia Meloni la dice lunga. E poi c’è un altro aspetto non secondario: la crisi che ha colpito la Germania fa venir meno il bisogno di manodopera. In pratica, non c’è più bisogno di lavoratori a basso prezzo, perché la locomotiva tedesca non tira più come una volta. Se qualcuno avesse ancora dubbi, quello che sta succedendo dimostra come l’immigrazione fosse anche un modo per abbassare i salari e abbattere i costi dell’industria europea. Ma adesso, con la crisi, forse anche a Bruxelles cominciano a rendersi conto che il vento è cambiato. Ma non come intendono Elly Schlein e compagni.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.