
La trasmissione di Rai 3 rilancia le accuse alla Vecchia Signora: il capo della sicurezza bianconera avrebbe permesso alla curva di deridere i morti di Superga. Il presidente granata chiede le scuse di Andrea Agnelli, ma i tifosi vogliono che gli neghi l'invito al derby.Qui non basta un lampo di CR7 a risolvere tutto perché il pallone è fermo nella melma, sporco pure lui. Ieri sera Report si è occupato ancora della Juventus, dei ricatti ultras, dei rapporti con il sottobosco della tifoseria che porta alla 'ndrangheta, realtà affiorata nell'inchiesta «Alto Piemonte». Gli autori dell'inchiesta avevano intenzione di finirla lì; lo spaccato mandato in onda otto giorni fa era già di per sé illuminante sugli ambigui comportamenti di uno dei club più prestigiosi del mondo davanti alle richieste muscolari della curva e alle pretese del mondo di mezzo. A riattizzare l'incendio ci ha pensato il presidente bianconero, Andrea Agnelli, che all'indomani del servizio su Rai 3 ha rassicurato gli azionisti preoccupati con parole definitive: «Alessandro D'Angelo (dirigente, capo della security della società, ndr) non ha aiutato a introdurre nello stadio gli striscioni canaglia su Superga, come già li avevo definiti. Lo prova la sentenza della Corte federale d'appello. Ogni altra affermazione è falsa e infondata». Ma a Report, Sigfrido Ranucci e Federico Ruffo non ce l'hanno fatta a passare per bugiardi e hanno deciso di riaprire il caso con la seconda puntata dal titolo «Com'è andata a finire: una Signora alleanza».Hanno recuperato altre intercettazioni e illuminato gli angoli. Hanno dimostrato che il responsabile della sicurezza non solo aveva rapporti con i capi ultras - com'è legittimo, per controllarne i movimenti e tamponarne le follie -, ma era interlocutore privilegiato e si muoveva per favorire certe pratiche. Ha spiegato Ruffo: «D'Angelo è così sotto scacco che non può trattare. Il responsabile della sicurezza deve solo trovare il modo di aggirarla, la sicurezza». L'esempio dominante è sempre il derby del 23 febbraio 2014, quando i Drughi pretendono che lui faccia entrare gli striscioni vietati, quel «Solo uno schianto» e «Quando volo penso al Toro», il cui significato offensivo e derisorio va ben oltre una sentenza della giustizia sportiva e tocca i nervi della memoria. Soprattutto se ad avallarne l'esposizione è il club della stessa città che guarda la basilica di Superga sulla collina.D'Angelo ha bisogno dei tifosi che minacciano lo sciopero, tratta al telefono con il figlio del boss Rocco Dominello: «Non mi venire allo stadio a far star zitta la curva al derby e devo sentire i bovini cantare (i tifosi del Toro, ndr). Mi stanno sul cazzo in una maniera...». Gli ultras mettono sull'altro piatto i due striscioni: tifiamo se entrano quelli. D'Angelo prova a resistere («No, ti prego, non Superga»), poi cede. Sa che la Juventus dovrà pagare una multa, ma è disposto ad aiutarli e a pagarla. Rischi di deferimento zero, si tratta di accordi fra non tesserati.È nota l'intercettazione del security manager con Raffaello Bucci, ex ultras assunto dal club per curare i rapporti con quel mondo e le forze dell'ordine, suicidatosi dopo aver testimoniato in tribunale sulle infiltrazioni della criminalità organizzata. Bucci: «Quanta multa vuoi prendere?». D'Angelo: «Fino a 50.000 euro». Bucci: «Non ce la fai, cumpa'». Meno noto che gli zaini dentro i quali vengono introdotti gli striscioni che inneggiano alla morte di 31 persone innocenti sono due e finiscono a destinazione con un escamotage. Spiega Federico Ruffo in trasmissione: «Gli unici furgoni a non essere controllati sono quelli di panini e bibite, li usano come cavallo di Troia». Lo conferma Roberto Pasquettaz, responsabile catering dello Juventus stadium.Nei giorni successivi D'Angelo è preoccupato perché le telecamere a circuito chiuso dello stadio «mi hanno beccato domenica con lo zaino». Intercettazione in diretta: «Sì, ma ho riso perché sono andato su dal presidente. Mi ha detto: Ale, sei un ciuccio, ti hanno beccato». Nelle nuove registrazioni di Report si apre un filone poco esplorato, che parte da una frase di Bucci a D'Angelo sull'ipotesi di multa: «Ascoltami, tu mi hai detto 50. Arriviamo a 200.000 perché lo striscione è il meno». Si torna in studio dove Ranucci pone ai telespettatori una domanda: «Cosa c'è di così grave in quegli zaini da causare una multa da 200.000 euro? Forse la verità è all'interno di quel filmato a circuito chiuso registrato dalla Juventus che non è mai stato depositato nella sua versione integrale agli atti. Né Andrea Agnelli ha mai denunciato questo fatto».A completare la serata c'è un colpo di scena, l'intervista di Ruffo a Gabriella Bernardis, ex compagna di Raffaello Bucci. La donna va dritta al punto e smentisce ancora la versione di Agnelli. «Raffaello mi disse: tanto con Alessandro (D'Angelo, ndr) riesco a fare tutto, lui mi aiuta a fare entrare tutto. Riusciamo a far entrare anche quello striscione lì. Come al solito».Ogni società ha da sempre problemi nel gestire il sottobosco degli ultras, ma questo cambia poco lo scenario torinese, dove rimangono aperti due quesiti. Primo: perché D'Angelo occupa ancora il posto di security manager dopo che il suo ruolo è diventato insostenibile? Secondo: come reagirà la Torino granata? Tirato per i capelli dai tifosi, il presidente Urbano Cairo ha chiesto ad Andrea Agnelli nuove e più convinte scuse. «Mi ha detto di essersi già scusato all'epoca, anche se ritiene di non avere colpe. Ma credo che un evento del genere meriti doppie scuse. Anzi dieci volte le scuse». Il patron ha sulla scrivania una lettera nella quale è invitato a non far entrare i dirigenti della Juventus in tribuna d'onore il 15 dicembre, giorno del derby allo stadio Grande Torino, intitolato proprio a quella squadra. Luogo supremo della memoria insultata.
Francesca Albanese (Ansa)
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