2020-08-13
Renzi vuole il vaccino obbligatorio. A produrlo sarà un suo finanziatore
Pietro Di Lorenzo è il titolare dell'azienda che sta sperimentando la terapia anti Covid con gli inglesi. I pm di Firenze lo hanno perquisito nell'inchiesta sulla fondazione Open per 160.000 euro di donazioni.«È assurdo sostenere che il vaccino per il Covid sia facoltativo. Siamo rimasti tutti chiusi in casa per tre mesi per cosa? Il vaccino deve essere obbligatorio, per tutti. Firma e fai firmare». Matteo Renzi lancia così su Facebook la petizione promossa da Italia viva per rendere obbligatorio il vaccino anti coronavirus. E nella sua consueta newsletter aggiunge: «Siamo stati chiusi in casa per mesi e se arriva il vaccino lasciamo libertà di scelta? Non scherziamo!» Un afflato che non ci stupisce. In Italia chi sta portando avanti la ricerca per il nuovo vaccino? In prima fila su tutti i giornali appare il beneventano Pietro Di Lorenzo, sessantanovenne presidente della Irbm Spa di Pomezia che ha già avviato i test su un antidoto realizzato in collaborazione con l'università di Oxford. L'imprenditore ha già annunciato che i primi stock sbarcheranno nelle farmacie tra dicembre e gennaio. Insomma il medicinale che, secondo Renzi, dovrà essere obbligatorio porterà lauti guadagni nelle casse dell'azienda di Di Lorenzo. Peccato che lo stesso Di Lorenzo sia stato un grande finanziatore della fondazione Open, la vecchia cassaforte del renzismo, al punto da essere sottoposto a perquisizione su ordine del procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco e del pm Antonino Nastasi nell'ambito dell'inchiesta sulle donazioni alla fondazione. In un'informativa della guardia di finanza si legge che «dall'esame della documentazione in sequestro della “Fondazione Open" emerge che la famiglia Di Lorenzo-Vitter (Carmela Vitter è la moglie di Pietro Di Lorenzo, ndr) e le società del gruppo “Irbm" hanno erogato “contributi volontari" per complessivi 160.000 euro». Le società identificate dalle fiamme gialle sono la Irbm Spa, costituita nel 2009 e presieduta da Pietro Di Lorenzo (nel Cda è presente anche la figlia Ilaria che controlla il 98 per cento del capitale sociale da 1,5 milioni di euro), e la Promidis Srl, già Irbm Promidis, partecipata al 90 per cento dalla Irbm. La prima ha sede legale a Pomezia, la seconda, che ha come amministratore unico lo stesso Di Lorenzo, a Milano in via Olgettina 60. Nel decreto di perquisizione datato 20 novembre 2019 si legge che le erogazioni sono state effettuate oltre che dalla Promidis Srl e dalla Irbm Spa, anche da Vitter Carmela e dalla figlia Ilaria Di Lorenzo, ma che di queste donazioni «si è occupato Pietro Di Lorenzo». Per questo i magistrati hanno disposto la perquisizione dell'abitazione dell'uomo, di ogni altro ufficio o locale e di tutti i veicoli nella sua disponibilità, oltre al sequestro e all'analisi di telefonini, tablet, computer e caselle di posta elettronica. Il tutto al fine di «ricostruire i rapporti» tra il presidente della fondazione Open, Alberto Bianchi, indagato per finanziamento illecito e traffico di influenze, e Di Lorenzo, il quale nei file della fondazione è indicato come «contatto di AB».Tra le carte sequestrate ci sono anche le mail intercorse tra Bianchi e il presidente della Irbm. Per esempio l'11 novembre 2014 l'avvocato scrive: «A seguito dei colloqui intercorsi, la scrivente fondazione conferma il proprio interesse a ricevere da Promidis Srl contributi a sostegno delle proprie attività. Ciò, anche in relazione alle possibilità di approfondimento di tematiche inerenti la vostra attività nel campo della ricerca scientifica che rivestano interesse di carattere generale quali, ad esempio, il rapporto tra ricerca biomedica, salute ed industria [...]».Dieci giorni dopo Di Lorenzo dà conferma della decisione di versare 50.000 euro di contributo, mettendo nero su bianco i propri desiderata: «In particolare auspichiamo un interesse ed un'azione molto incisiva della Fondazione nella elaborazione e realizzazione di analisi, studi e proposte normative nei settori della ricerca e dell'innovazione nel campo bio-medico e nella promozione del settore a livello internazionale, dichiarandoci fin d'ora disponibili a prestare la massima collaborazione e la più fattiva partecipazione». Di Lorenzo si dice fiducioso anche che «la collaborazione che si svilupperà produrrà risultati concreti e significativi». La Promidis invia il denaro in due tranche da 25.000 euro ciascuna: la prima nel dicembre 2014, la seconda nel settembre 2015. Il 30 settembre 2016 Di Lorenzo rinvia a Bianchi una lettera fotocopia di quella spedita due anni prima, in cui annuncia un nuovo contributo di 30.000 euro. Il 10 ottobre 2016 anche Bianchi replica con il ciclostile. Ci sono poi i finanziamenti del 2017 che, nell'aprile 2019, sono stati segnalati come operazioni sospette dalla guardia di finanza all'Unità di informazione finanziaria, l'ufficio antiriciclaggio di Banca d'Italia. Tra marzo e maggio la Irbm science park, altra società del gruppo (sempre controllata al 98 per cento da Ilaria Di Lorenzo), versa ulteriori 60.000 euro, attraverso due bonifici. A luglio però la società scrive che sono stati spediti a nome dell'azienda per un «disguido» e che «in effetti tali versamenti sono stati eseguiti dalla signora Vitter». Per questo chiede di annullare la registrazione a nome della Irbm e «di inviare la ricevuta (utile ai fini fiscali) alla suddetta signora Carmela Vitter». Nonostante l'ordinante dei bonifici fosse l'Irbm, Bianchi annulla le ricevute e manda una lettera di conferma della modifica a Di Lorenzo. Nonostante ciò gli investigatori nelle loro tabelle catalogano come «finanziatore/donatore» la Irbm anche se specificano che l'erogazione è «intestata a Vitter Carmela».I militari informano la procura di aver trovato negli uffici di Open anche due contabili bancarie relative ad altri due finanziamenti da 20.000 euro ciascuno datati giugno 2017. Gli investigatori fanno risalire i primi 20.000 a Ilaria Di Lorenzo, anche se la ricevuta emessa il 19 giugno da Open era intestata pure questa volta a Carmela Vitter. Tra le carte dell'operazione la Gdf avrebbe trovato questo appunto manoscritto: «non deve apparire» Ilaria Di Lorenzo. C'è poi una seconda contabile bancaria, di Unicredit, «dalla quale», annotano gli investigatori, «si rileva che in data 13 giugno 2017 Di Lorenzo Ilaria ha effettuato un bonifico di euro 20.000 in favore del “comitato nazionale sì al referendum" con la motivazione “donazione […] eseguita da Pietro Di Lorenzo"».Se le informazioni delle Fiamme gialle sono corrette la fiducia nel Rottamatore della famiglia Di Lorenzo doveva essere quasi cieca, al punto di donare 20.000 euro per un referendum che era già stato perso sei mesi prima.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)