Già questo fatto, se permettete, è un po' indisponente. Gli italiani sono andati due volte alle urne (prima al referendum, poi alle politiche del 4 marzo) per dire in modo esplicito che del Pd non ne vogliono più sapere. E invece, eccoci qui, di nuovo legati all'eterna stagione congressuale del partito mai nato. Appesi ai sospiri di Matteo Renzi, ai bromuri di Maurizio Martina, alle interviste di Dario Franceschini, tutti a chiedersi se la componente di Graziano Delrio (tre membri) possa ancora considerarsi renziana, quanto peserà la corrente orlandiana e se la posizione degli orfiniani (13 membri) dipenderà dal risultato delle partite di playstation oppure no. Insomma, un supplizio. Vi confesso che ieri mattina, davanti alla 200 milionesima mappa delle correnti Pd stampata a doppia pagina colorata sui giornali, mi sono messo a cantare a squarciagola: «Era meglio morire da piccoli, con i peli del culo a batuffoli…».
Comunque, visto che siamo qui, proviamo a capire che cosa succede. Intanto, come paventato da giorni sulla Verità contro il parere di tutti i giornaloni, l'osceno dialogo fra 5 stelle e Pd probabilmente comincerà davvero. A dispetto di tutti i pronostici (altrui), infatti, è probabile che la direzione dei democratici di mercoledì dia il via libera al reggente Martina per avviare la trattativa. Che non significa concludere l'accordo sul programma di governo, ma è già un passo avanti rispetto a quanto sostenuto (dagli altri) finora. E spiega l'ottimismo del presidente Roberto Fico e la pazienza del Quirinale che ha aspettato che i dirigenti dei partiti si facessero i comodi loro, ponte compreso, ben sapendo che il 3 maggio Pd e 5 stelle potranno cominciare la trattativa per formare una maggioranza. Alla faccia degli italiani, s'intende.
Ora vi chiederete: perché la direzione del Pd dovrebbe dare il via libera alla trattativa con i 5 stelle? Renzi non si è sempre detto contrario? E non controlla la maggioranza della direzione? In realtà l'ex premier ormai controlla di sicuro soltanto un centinaio di componenti della direzione su 215 (qualcuno scrive 101, forse tirandogliela un po'). Quindi ad andare a muso duro rischierebbe molto. Oltretutto otterrebbe l'effetto di spaccare il partito. Senza contare che un no secco potrebbe anche aprire la strada alle urne, devastanti per lui e i suoi. Perciò ha cominciato a meditare una strategia alternativa, un colpo di scena alla vecchia maniera: ribaltare il tavolo e intestarsi lui la trattativa. Poi è sceso a più miti consigli. E con tutta probabilità darà il via libera ma mandando avanti Martina e cercando di metterlo nei guai. Come? Con paletti che possano rendere l'intesa quasi impossibile: no a Di Maio premier, sì al Jobs act e alla Buona scuola.... Questo annuncerà stasera nel suo confessionale preferito, il salotto Tv di Fabio Fazio. E che manderà a dire (o dirà personalmente) mercoledì in direzione.
A questo punto, vi debbo rovinare definitivamente la domenica, entra in campo Maurizio Martina. Un brivido d'entusiasmo vi percorre le vene, lo capisco. Martina si troverà in una situazione complicata: dovrà tenere in piedi una trattativa intessuta di trabocchetti, tenere unito il partito e salvarsi il popò. Però, d'altra parte, è anche la sua occasione: l'unica per poter arrivare al congresso come candidato segretario. Quando gli ricapita? Dunque partorisce la prima ideona: un referendum fra gli iscritti. Se l'accordo si farà, dice a Maria Latella, sarà sottoposto al gradimento della base Pd. Perfetto, no? Avanti di questo passo tra un po' chiederà anche in prestito alla Casaleggio associati la piattaforma Rousseau, così i renziani la smetteranno di ridacchiare.
Ora, se siete sopravvissuti sin qua, vi sarà venuta la curiosità di sapere come andrà a finire. Ovviamente non lo so. Ma se Martina avrà il via libera a trattare, si troverà davanti una proposta di contratto di governo che conosciamo già. È quella elaborata per Di Maio dal professor Giacinto Della Cananea. Si accorgerà allora che le convergenze fra quel testo e il programma del suo Pd sono tante. E se la Buona scuola viene confermata e il Jobs act pure, se la Fornero non viene abbattuta e al posto del reddito di cittadinanza c'è il potenziamento dell'attuale reddito di inclusione, etc etc, come faranno gli iscritti al Pd a bocciarlo? Al massimo dovrebbero bocciarlo gli elettori 5 stelle. Ma quelli non votano al referendum di Martina. E gli italiani, purtroppo, neppure.
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