In base ai risultati della fase 2, il farmaco tricolore è efficace al 93% dopo la prima puntura e al 99% dopo la seconda. I pasticci di Invitalia, però, lo hanno affossato.
In base ai risultati della fase 2, il farmaco tricolore è efficace al 93% dopo la prima puntura e al 99% dopo la seconda. I pasticci di Invitalia, però, lo hanno affossato.Già tre settimane dopo la prima dose del vaccino Reithera si osserva una risposta anticorpale contro la proteina spike «in oltre il 93% dei volontari, e si raggiunge il 99% dopo la seconda somministrazione». Lo ha annunciato ieri in un comunicato la società biotech con sede a Castel Romano, sottolineando che anche in fase 2 dello studio del vaccino, i risultati dopo le prime cinque settimane dall'inizio della vaccinazione confermano quanto già osservato nella fase 1: Reithera è ben tollerato alla prima somministrazione e ancor meglio tollerato alla seconda. «Più strumenti si hanno, meglio è. Se i dati sono buoni il governo e il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti dovranno fare le opportune riflessioni per avere uno strumento in più», ha commentato l'assessore alla Salute della Regione Lazio, Alessio D'Amato. Peccato che il progetto del vaccino italiano, nel quale confidava la giunta Zingaretti per farsi uno spot, si sia infranto sull'alt delle toghe e le inadempienze dell'ex commissario Domenico Arcuri (oggi, ancora numero uno di Invitalia). Perdendo mesi preziosi. Riavvolgiamo per un attimo il nastro a metà marzo del 2020, quando l'Istituto Spallanzani, molto vicino a Nicola Zingaretti, chiude un accordo con Reithera e avvia il primo mini finanziamento. Il 23 marzo il Consiglio nazionale delle ricerche approva il protocollo d'intesa con l'istituto romano, che riceve così 8 milioni: 5 dalla Regione Lazio e 3 proprio dal Cnr di Massimo Inguscio. Nei mesi di aprile e maggio Arcuri convoca i vertici di Reithera suggerendo di non ascoltare le sirene di fondi esteri. Il vaccino sarebbe dovuto rimanere italiano, anche a costo di brandire l'arma del golden power. Invitalia comincia a palesarsi come partner ma la promessa di 88 milioni per finanziare il vaccino viene finalizzata solo ai primi di febbraio. Non solo. Quando Invitalia diventa socio, versa soltanto 11 degli 88 milioni: parte di questi viene destinata a rinnovare il sito produttivo e parte per l'azionariato. Con l'arrivo di Mario Draghi, Arcuri decade da commissario. A metà maggio 2021, la Corte dei conti boccia il contratto di Reithera con Invitalia. L'investimento per il progetto non può comprendere l'acquisto della sede operativa, «mentre la spesa per la realizzazione del solo impianto di infialamento e confezionamento ammonterebbe a 7,7 milioni e non raggiungerebbe la soglia minima di 10 milioni prevista dalle normative», spiega la Corte nelle motivazioni. Ora per lo sviluppo della fase 3 ci vorrebbero 80 milioni, ovvero la cifra promessa e mai versata dall'ex commissario. Per il quale, proprio ieri, lo stesso presidente del Lazio, Zingaretti, ha speso parole generose: «Arcuri aveva il compito di capire attraverso quali canali sarebbe dovuto arrivare l'approvvigionamento e quindi i contratti europei e le novità che si presentavano. Il generale Figliuolo, in maniera egregia e straordinaria, ha gestito la distribuzione di quello che avevamo comprato insieme all'Europa. Non dobbiamo mai dimenticare che ci siamo trovati in una situazione che il genere umano non aveva mai vissuto. Sono lontano dalle facilonerie». Insomma, non è stato Arcuri ad aver «cannato» tutta la strategia - compresa quella su Reithera - complicando anche il lavoro di chi ne ha raccolto il pesante testimone, ma siamo noi faciloni.
Ansa
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Ansa
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