2020-03-21
Record di morti: 627 in un giorno. L’infezione adesso picchia pure a Sud
Registrate 4.670 nuove positività. La linea del fronte resta la Lombardia (2.380 casi in più), però emergono i primi effetti delle «fughe» in meridione: in Puglia è boom di malati fra i parenti dei ragazzi rientrati dal Nord.Farnesina nel caos: centinaia di italiani in arrivo dall'estero, comprese nazioni invase dal Covid-19, stipati in aereo e senza le minime procedure per la sicurezza.Lo speciale contiene due articoli. Da quando è cominciata l'emergenza, quello registrato ieri è il numero di vittime più alto: 627. Ora i pazienti morti «con il coronavirus» sono 4.032. Mentre non c'è ancora un dato preciso sui morti «da» coronavirus. Nella conta dei decessi, infatti, rientrano tutti i pazienti che presentavano anche altre gravi patologie. Con i 4.670 casi di ieri l'incedere del coronavirus in Italia ora conta 37.860 contagiati. Il totale dei casi, morti e guariti compresi, sfiora oramai, a distanza di 10 giorni dal decreto del governo per contenere la diffusione del Covid-19, i 50.000 contagi. Il bollettino diffuso dal capo dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli, anche ieri non ha mostrato numeri che suggeriscano successi nel contenimento. E le terapie intensive continuano a scoppiare, con 2.655 pazienti da accudire.Sono 16.020 i ricoverati con sintomi. In 19.185 si trovano, invece, in isolamento domiciliare. I guariti sono 5.129, 689 in più rispetto a giovedì. A Vo' Euganeo, il primo focolaio di coronavirus in Veneto, a preoccupare i cittadini è un nuovo caso di contagio registrato nella notte di giovedì dopo giorni in cui il bilancio segnava zero. Dal report della Regione, i positivi nella cittadina padovana sono 83 dall'inizio dell'epidemia. Padova è la provincia con più casi (943, 42 in più rispetto a giovedì), seguita da Verona (784, 66 in più) e Treviso (719, 49 in più). Fatta eccezione per Codogno e Lodi (dove il numero dei contagi si è fermato, «confermando l'efficacia delle misure di contenimento più stringenti», sottolinea il governatore lombardo Attilio Fontana), la crescita in Lombardia è costante: sono 22.264 i positivi, 2.380 in più di giovedì. I ricoverati sono 7.735, con un aumento di 348 pazienti. Ieri sono stati trasferiti in terapia intensiva in 44. In totale i ricoverati che hanno bisogno della ventilazione forzata sono 1.050. I morti hanno raggiunto quota 2.549, 381 in in 24 ore. Ieri è stato chiuso un supermercato Simply Market di Brescia, a causa della morte di una dipendente risultata positiva al coronavirus. Si tratta di una cassiera di 48 anni che era a casa da inizio settimana con febbre alta. Le sue condizioni si sono aggravate nella notte di giovedì e ieri mattina è deceduta a casa. È morto anche un carabiniere a Bergamo, era la voce che rispondeva al centralino del 112. E sempre a Bergamo è caccia all'uomo, dopo la fuga di un paziente positivo dall'ospedale San Giovanni Bianco in Valle Brambana. È più moderata la crescita rispetto a giovedì a Milano e provincia: sono positive 3.804 persone, 526 in più di giovedì, un aumento minore rispetto ai 638 del giorno precedente. A Milano città il dato è di 1.550 positivi. «Molti nuovi casi di contagio», ha spiegato l'assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera, «sono legati alle folle in giro nel weekend dell'8 marzo». Mentre al Sud preoccupano i rientri. Fino a mercoledì in Puglia ne hanno contati 22.947, 907 dei quali in un giorno solo. In Basilicata sono 700. In Calabria oltre 2.000. E si tratta di quelli censiti. Poi c'è il sommerso. La fuga dal Nord comincia a generare i casi di infezione da coronavirus. Perché i giovani rientrati, pur restando in quarantena in casa, hanno finito per contagiare genitori e, in alcuni casi, i nonni. Alcuni di questi pazienti sono ricoverati nel reparto di Malattie infettive del Policlinico di Bari. Al momento non è quantificato il numero di pazienti contagiati da chi è rientrato. Ma dalla Puglia fanno sapere che sono in corso verifiche. E ci sono già dei focolai: nell'ospedale Perinei di Altamura 15 sanitari e tre pazienti sono risultati positivi al coronavirus. E anche a Castellaneta, in provincia di Taranto, dove un medico sarebbe rientrato da Milano con sintomi da coronavirus ma sarebbe andato comunque a lavorare. Il bilancio: sette sanitari, tra medici e infermieri, contagiati. In Basilicata (dove negli ultimi due giorni il numero dei positivi è salito in modo notevole) il governatore Vito Bardi ha messo in quarantena un comune, Moliterno, in provincia di Potenza, dove si è registrata la più alta incidenza di contagi. «In Campania», ritiene il presidente della Regione Vincenzo De Luca, «entro aprile ci saranno 3.000 contagiati». Per ora sono 750, 79 dei quali in terapia intensiva. La previsione che fanno i tecnici è questa: entro il 29 marzo la curva salirà fino a 1.500 contagi ed entro inizio aprile ci saranno 3.000 persone positive. E anche per De Luca il contagio è cresciuto a causa dei rientri dal Nord. Il governatore ha blindato i cinque comuni ritenuti focolaio. Uno di questi è Ariano Irpino, dove ieri è deceduto il parroco, don Antonio Di Stasio. Aveva 85 anni ed era ricoverato all'ospedale Moscati dopo essere risultato positivo al Covid-19. Alle richieste più restrittive avanzate da alcune Regioni, però, il governo non ha ancora risposto. E nel frattempo si comincia a morire anche nelle fabbriche. Ieri è toccato a un capo officina dello stabilimento Fincantieri del Muggiano (La Spezia): è morto all'ospedale Sant'Andrea della Spezia per coronavirus. Era risultato positivo anche un altro capo officina, adesso in condizioni stabili. La notizia di un primo contagio tra i dipendenti aveva fatto scattare uno sciopero di otto ore. È deceduto anche uno dei quattro cittadini di Pomigliano d'Arco (Napoli) positivi al Covid-19. È il dipendente di una ditta di rifiuti di San Vitaliano. Aveva 54 anni. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/record-di-morti-627-in-un-giorno-linfezione-adesso-picchia-pure-a-sud-2645552750.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-bomba-dei-contagiati-di-ritorno" data-post-id="2645552750" data-published-at="1758061826" data-use-pagination="False"> La bomba dei contagiati di ritorno Se non sei carne da telecamere, non rientri dai nostri nuovi amici cinesi e non c'è il ministro Luigi Di Maio ad attenderti all'aeroporto militare, la tua vita vale pochino. È quello che hanno pensato decine di italiani rientrati ieri da Marrakech con un volo organizzato dalla Farnesina. In aereo e all'aeroporto di Milano Malpensa non hanno trovato alcuna misura protettiva, sono stati esposti al possibile contagio, non hanno fruito di alcun percorso protetto, non sono stati visitati manco da un infermiere. «Quelli che arrivano qui con i barconi sono trattati meglio», racconta alla Verità, allibita, la signora S.M. Il tema dei rientri ad alto rischio dall'estero è oggetto di attenzione schizoide dai media e dalle istituzioni italiane. Ci si emoziona per le singole storie, come quella del medico che era stato in Cina, o quella del neonato riportato in Italia dal generoso viceministro della Salute Pierpaolo Sileri (poi risultato positivo a Covid-19) o, da ultimo, quella del diciasettenne di Grado che ha lasciato Wuhan al terzo tentativo e a Roma ha trovato le fanfare. Ma poi, quasi ogni giorno, rientrano a fatica tanti italiani da ogni parte del mondo e vengono trattati senza alcuna precauzione e, in alcuni casi, senza alcun rispetto. Specie chi ritorna dall'Africa, ormai cinesizzata e con standard sanitari discutibili, capita che non sia neppure controllato. Alla Verità è arrivato anche il video di questi connazionali tornati dal Marocco con volo Neos organizzato dalla Farnesina, in fila a Malpensa, tutti accalcati (altro che metro di distanza), una buona metà senza neppure una mascherina, «ostaggi» di un aeroporto che aveva lasciato solo due operatori al controllo passaporti. Potenzialmente, sarebbero tutti bombe a orologeria, ma come racconta un passeggero, «non abbiamo visto nessuna misura protettiva, siamo stati esposti al contagio reciproco per 10 ore filate e all'arrivo a Malpensa ci hanno messo tutti in uno stanzone per due ore». Pur sapendo da dove arrivavano e perché, né la Farnesina, né lo scalo, né la Protezione civile avevano pensato a un percorso protetto, a visite mediche nell'interesse di tutti. La signora S.N. spiega che non vuole fare polemica, ma spera che «in futuro, per i prossimi rientri, non si ripetano scene del genere». Incredibile anche la risposta ricevuta dai passeggeri, prima di imbarcarsi, quando hanno chiesto che livello di protezione avrebbe avuto il rientro. La risposta è stata: le hostess avranno le mascherine. Come al supermercato. Insomma, non sempre tutto va in scena alla grande come per Niccolò, lo studente diciasettenne di Grado, in Friuli, che era andato a studiare proprio a Wuham, epicentro cinese dell'epidemia coronavirus. Tornato in Italia il 15 febbraio, ha immediatamente dichiarato che appena potrà tornerà subito in Cina, nonostante le autorità locali lo abbiano trattato con una certa severità, respingendolo due volte da sotto la fusoliera per pochi decimetri di grado di febbre. Per lui si è battuto mezzo governo, Di Maio ne ha fatto un punto d'onore di «salvarlo», sono stati usati un volo militare e la fanfara dei tg della sera. A Pratica di Mare, quel giorno, lo hanno accolto come un capo di Stato e lo hanno portato subito in ospedale. Nulla di male, per carità, ma quelle immagini hanno fatto il giro del web e gli italiani tornati l'altro ieri a Malpensa ci sono rimasti un po' male. Del resto, siamo sempre la patria del diritto e del suo rovescio: se si porta il cane a fare i suoi bisogni nel momento sbagliato e con i vigili sbagliati, si rischia una segnalazione penale. Se rientri dal Marocco in comitiva, ti guardano giusto i timbri sul passaporto.