2021-12-09
Dai mercatini di Natale per produttori afro a Malcolm X: breve storia del separatismo nero
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Il manifesto del mercatino di Natale del 18° arrodissement a Parigi (Getty Images)
Nel 18°arrondissement di Parigi il mercatino di Natale invita ad «acquistare nero». Sintesi di una cultura separatista che prende sempre più piede nel mondo antirazzista e che ha annoverato tra i suoi esponenti anche Malcolm X: agli africani, ora, si chiede di «separarsi» dai bianchi. Anche se le razze «non esistono».«Io consumo nero». Dove il «nero» non è riferito al colore dei prodotti o alla forma di pagamento. «Je Consomme Noir» è il nome di un mercatino di Natale messo in piedi nel 18° arrondissement di Parigi al fine di vendere prodotti di «creatori africani o afrodiscendenti». Ebbene sì, nella Francia del 2021, quasi 2022, è possibile allestire mercatini dalla connotazione razziale, almeno se ci si riferisce alla razza «giusta». Gli organizzatori si definiscono «una piattaforma che mira a sostenere le imprese nere». Le Figaro, colpito dalla vicenda, ha sentito il parere di Michaël Amado, un avvocato specialista in diritto commerciale, che ha gettato acqua sul fuoco: «Così come i mercatini di Natale alsaziani, provenzali o antillani, niente impedisce ai commercianti di raggrupparsi attorno a un tema, che sia quello dell'essere nero, africano o afrodiscendente. Sarebbe discriminatorio», ha aggiunto, «impedire ai consumatori di venire a comprare i prodotti con il solo pretesto che essi non fanno parte della comunità organizzatrice», cosa che nel caso specifico non è accaduta. Ma si tratta di un modo un po' eufemistico di vedere la cosa: per capirlo, basta immaginarsi un mercatino «Io consumo bianco» che vendesse prodotti creati solo da aziende «bianche». Del resto quella «nera» non è una cultura, il nero è un colore della pelle comune agli abitanti di tantissime culture, molto diversificate fra loro. Riunirli sotto l'unica bandiera della pigmentazione dà una incontrovertibile natura razziale all'iniziativa. Le quote razziali al mercatino di Natale sono tuttavia solo l'ultimo (e non il più eclatante) caso di una moda ideologica inquietante che si fa strada da un po': quella del separatismo etnico. Basti ricordare che, solo per fare qualche esempio, già nel 2017, nell’XI arrondissement parigino, si tenne un festival «afrofemminista» vietato ai bianchi (in questo caso, quindi, la discriminazione era esplicita). L’evento era organizzato in quattro spazi, studiati sulla base di una curiosa insiemistica etnoculturale: uno in cui era prevista la «non mescolanza per donne nere»; uno dedicato alla «non mescolanza per persone nere» indipendentemente dal sesso; un terzo per la «non mescolanza di donne che hanno subito atti di razzismo» e l’ultimo aperto a tutti e a tutte. Nel 2016, sempre in Francia, un «campo decoloniale» riservato ai non bianchi è stato organizzato da Fania Noël, membro del collettivo Mwasi, vicino agli Indigeni della Repubblica, movimento che, ad onta del nome, raccoglie esponenti antirazzisti e legati al mondo dell’immigrazione. Il sito dell’evento precisava che «il campo estivo è riservato unicamente alle persone che subiscono a titolo personale il razzismo di Stato in contesto francese, anche se accetteremo qualche iscrizione da persone che subiscono il razzismo di Stato ma vivono in altri Paesi». Un modo edulcorato per spiegare che non si volevano bianchi fra i piedi. Ma come distinguere i bianchi dai neri se, come ci ripetono in continuazione, «le razze non esistono»? In Francia hanno inventato un escamotage: usando il neologismo racisé (qualcosa come «razzizzato»), gli antirazzisti credono di riuscire a tenere in piedi la credenza che la razza sia un costrutto culturale e il riferimento a specifici gruppi che tuttavia a causa di tale costrutto sarebbero discriminati. I neri, quindi, non sono una razza, ma vengono razzizzati dallo sguardo dominatore del bianco, acquisendo in qualche modo una specifica identità in quanto gruppo oppresso. Un vero rompicapo. Sta di fatto che, a livello non solo francese, ma mondiale, l'antirazzismo in grande spolvero dopo Black lives matter si trova sempre più spesso intrappolato tra due esigenze opposte: l'universalismo (siamo tutti uguali, le razze non esistono, i diritti sono universali) e l'identarismo (l'uomo bianco è intrinsecamente malvagio, lo sguardo non bianco sul mondo ci salverà). Una dinamica che si rinviene peraltro anche nel dibattito femminista, dove non si capisce mai se le femministe rivendichino l'uguaglianza o la differenza. In America, il separatismo nero è una realtà strutturata e capillare, seppur spesso trascurata dai media. Nel 2017, nei primi mesi dell'era Trump, quando i giornali dipingevano un Paese in mano al suprematismo bianco dilagante, l'associazione Southern Poverty Law Center fece un censimento dei vari gruppi «diffusori di odio». Vi figuravano 130 sigle orbitanti nel circuito del Ku Klux Klan, 99 gruppi neonazisti, ma 193 gruppi separatisti neri. Giova del resto ricordare che Malcolm X, il popolare leader afroamericano, fu per larga parte della sua vita separatista e razzista anti bianco, convinto che ogni bianco, per quanto progressista potesse essere, fosse in ultima istanza un demone intrinsecamente cattivo. La Nation of islam sosteneva del resto il progetto della remigrazione di tutti i neri d'America in Africa o, come piano B, la creazione di uno Stato separato per i neri in cui questi ultimi potessero autogovernarsi. Un progetto che, se mai si fosse realizzato, avrebbe posto i separatisti di fronte al dilemma di definire in modo oggettivo chi è nero e chi no. E lì, probabilmente, ne avremmo viste delle belle.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)