2024-11-19
«Razzi Usa solo nel Kursk». Scholz frena sui Taurus: «Per noi non cambia nulla»
Il missile da crociera tedesco Taurus (Ansa)
La mossa di Joe Biden tiene alta la pressione sul nemico in vista dei negoziati. Trump jr: «Vuole un conflitto mondiale». Il figlio di George Soros esulta. Ira di Mosca.Joe Biden sarà decotto, annebbiato, caracollante, ma è ancora il comandante in capo delle forze armate americane. E ha ancora nelle sue disponibilità una riserva di missili Atacms, che proprio adesso, mentre è in uscita dalla Casa Bianca, ha dato per la prima volta all’Ucraina il permesso di usare sul territorio russo. Dopo l’annuncio dirompente di domenica, però, sui media statunitensi sono comparse le prime frenate: il via libera, ha scritto Axios, sarebbe limitato alla regione del Kursk, già occupata dalle truppe di Volodymyr Zelensky, che sono sempre più in difficoltà sul terreno, per di più minacciate dall’arrivo in massa di soldati dalla Corea del Nord. Se così fosse, la mossa di Washington potrebbe non essere soltanto un dispetto a Donald Trump, un bastone messo tra le ruote del prossimo presidente, a costo di rischiare lo scontro diretto con Mosca. L’idea, semmai, sarebbe di aiutare Kiev a conservare un forte strumento di pressione da portare, poi, al tavolo delle trattative. In patria, d’altronde, la resistenza ha poco da scambiare: i russi si sono assicurati il controllo di pressoché tutte le sedicenti repubbliche indipendentiste del Donbass; e sta per crollare pure il Donetsk, adesso che l’Armata, riferiscono fonti militari, è arrivata a 15 chilometri dalla strategica Pokrovsk. Il tycoon, insolitamente prudente, non ha commentato la decisione di Biden, ma il suo cerchio magico non l’ha presa bene. Il figlio, Donald jr, su X ha accusato il democratico di voler «far partire la terza guerra mondiale» prima che il padre «abbia la possibilità di realizzare la pace e salvare vite». Timori condivisi dall’Ungheria di Viktor Orbán. I più maliziosi saranno di sicuro stuzzicati dal post di Alex Soros, rampollo del finanziere progressista, che a proposito dell’autorizzazione al lancio delle testate a lungo raggio contro la Russia, ha twittato: «Questa è un’ottima notizia». «Biden getta benzina sul fuoco», ha invece tuonato Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, promettendo «risposte appropriate» all’ennesimo tappo che è stato fatto saltare dall’Occidente. Un casus belli non ci manca mai: come gli ultimi raid russi sulle infrastrutture energetiche, o le bombe (e le schegge) piovute sui civili a Sumy e Odessa, da cui si evince, ha osservato Zelensky, che a Mosca «interessa davvero solo la guerra». L’ucraino, ieri, ha visitato il fronte a Pokrovsk e Kupyansk; oggi si collegherà in videoconferenza con il Parlamento europeo. Il leader è stizzito con Olaf Scholz per la sua telefonata della settimana scorsa a Putin. L’Ue, alla quale si è appellata il suo ministro degli Esteri, intimandole di resistere alla tentazione di un appeasement, gli va dietro: ha promesso altri 1,9 miliardi di aiuti dagli asset russi. Il cancelliere tedesco, invece, procede con la circospezione di chi ha già preso batoste alle urne e, in attesa delle consultazioni di febbraio, vuole evitare il tracollo della Spd. «Il governo», ha spiegato il suo portavoce, «era informato della decisione di Washington di consentire all’Ucraina di utilizzare missili ad ampio raggio contro la Russia. E no, questo non modifica la posizione del governo tedesco sulla consegna dei Taurus». Sulle testate in possesso di Berlino, per mesi si è consumato un tira e molla: Usa e Uk premevano affinché fossero impiegate per facilitare la liberazione della Crimea, Scholz appariva riluttante. Ieri ha usato bastone e carota: la Germania, ha infatti garantito, «non accetterà una pace dettata dalla Russia». In più, i teutonici hanno iniziato la consegna di 4.000 droni dotati di Ia, promessi a luglio. La svolta americana, benché cruciale, non sembra aver creato grosso scompiglio tra i partner. Anche l’Italia, con il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, ha confermato che «la nostra posizione sull’uso delle armi da parte dell’Ucraina non cambia: si possono usare solo all’interno del territorio ucraino». Più ambigua la Francia: il capo della diplomazia ha ribadito che quella di bombardare la Russia è sempre stata «un’opzione che avremmo preso in considerazione», ma ha pure precisato che non c’è «niente di nuovo su questo fronte». Il premier britannico, Keir Starmer, ha fatto un passetto più in là: Londra, ha giurato, «raddoppierà» l’impegno per fare in modo che Kiev sia «nella posizione più forte» per difendersi e che le sia fornito «il supporto di cui ha bisogno per tutto il tempo in cui ne ha bisogno». Significa che il Regno Unito seguirà l’esempio di Biden?La verità è che difficilmente gli Atacms o gli Storm shadow ribalteranno le sorti del conflitto. A questi missili, la resistenza ha già fatto ricorso nelle regioni invase. Gli analisti ipotizzano che le capacità d’intercettamento dei russi siano arrivate a picchi del 90%. È possibile, inoltre, che Putin abbia fatto spostare gli obiettivi sensibili a distanze di sicurezza. Non a caso, l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ieri è apparso scettico: 300 chilometri di gittata, ha sospirato, sono «meglio di niente, ma non mi pare una distanza molto profonda». Infine, va ricordato che gli arsenali, compresi quelli Usa, non straripano.Sia i timori di Trump jr sia gli auspici di Soros jr potrebbero rivelarsi esagerati. L’America, magari, sta semplicemente preparandosi a negoziare con la pistola sul tavolo. Sarebbe nelle corde di The Donald. Al netto della retorica - specie l’euroretorica - sul sostegno a oltranza a Kiev, nel mondo si moltiplicano gli appelli a una soluzione politica. L’ultimo, dalla Cina. Ma pure l’Occidente ripone speranze nel 2025: dal Canada a Berlino, passando per la possibile mediazione della Turchia, fino al comunicato del G20. Il vento non si ferma con le mani e, forse, nemmeno con i missili.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)